Ripresomi psicologicamente da Henry James, ho letto e apprezzato una piccola selezione di lettere di Charles Darwin. Il libriccino è della stessa collana di "Tutto ciò che vi devo. Lettere alle amiche" di Virginia Woolf. La collana si trova qui:
www.lormaeditore.it/catalogo/collana/4.
Il genere epistolare (quando si tratta di lettere vere) a quanto pare mi appassiona, perché anche le lettere di Van Gogh al fratello mi erano piaciute molto. Trovo che ci sia un che di rinfrancante e consolante nel leggere che geni che hanno fatto la storia (della scienza, dell'arte, della letteratura ecc.) avessero preoccupazioni, simpatie, sentimenti del tutto comuni.
Nel caso di Darwin, le sue lettere sulla ricerca mi colpiscono particolarmente. Ho trovato in esse i dubbi, le riflessioni, le ansie tipici di chi fa ricerca.
Ad es., a proposito del timore che i propri studi non abbiano alcun risultato pratico immediato, Darwin dice:
"
credo esista, e lo avverto dentro di me, un istinto per la verità, per la conoscenza e per la scoperta, qualcosa di analogo all’istinto per la virtù, e credo che avete un tale istinto sia motivo sufficiente per condurre ricerche scientifiche senza che me derivi mai alcun risultato pratico".
Alcune lettere sono dedicate al timore (in parte concretizzatosi) che le teorie di Darwin fossero anticipate da altri studiosi. Egli giunge perciò a rinunciare alla impossibile pretesa di pubblicare un'opera perfetta:
"
detesto l’idea di scrivere solo per non farmi bruciare sul tempo da qualcun altro, anche se di certo sarebbe molto seccante se chicchessia pubblicasse le mie teorie prima di me. (...) sto puntando alla maggior completezza consentita dai materiali attualmente in mio possesso, rinunciando all’idea della perfezione".
Altre lettere sono dedicate a rispondere ai critici o a lamentarsi con amici delle critiche ricevute.
Insomma, mi sembra che nelle lettere ci sia buona parte della vita di un ricercatore, allora come ora.