Per l'ultimo appuntamento prima delle agognate vacanze estive, i membri del GdL "Una Torre di Libri" si sono incontrati domenica 14/07 nella cornice del Comini Espress per discutere del romanzo "Le intermittenze della morte" dello scrittore portoghese di J. Saramago.
Preliminarmente, un ringraziamento speciale deve essere indirizzato alla cara Manuela, perché è stata proprio lei a suggerire il luogo dell'incontro, e che si è rivelato essere una piacevolissima scoperta per tutti i presenti!
Quindi, dopo aver messo qualcosa sotto i denti (per la gioia di Cristina), mandato giù qualche sorso di birra, che lì all'aperto era quantomai piacevole, siamo entrati subito nel vivo del dibattito.
Partendo da un presupposto pacifico su cui tutti converranno certamente, "Le intermittenze della morte" è stato giudicato all'unanimità un gran bel romanzo. Certo, nel corso del dibattito non sono mancate critiche e perplessità circa lo stile narrativo, giudicato a volte eccessivamente prolisso e che ha reso la lettura a tratti un pò faticosa, ma nel complesso non sono emerse critiche tranchant come quella indimenticabile di Vittorio per "Kafka sulla spiaggia" di Murakami
Subito dopo ci siamo trovati a ragionare sulla struttura del romanzo e, facendo già vacillare quell'unanimità di cui sopra, si sono venuti a delineare due filoni interpretativi: da una parte, c'è chi vi ha colto una innegabile ciclicità, dovuta alla circostanza oggettiva che il romanzo inizia e termina nello stesso modo: "il giorno dopo non morì nessuno", mentre dall'altra c'è chi considera il romanzo suddiviso/suddivisibile in 2 sottoparti, a nulla rilevando la circostanza che il giorno dopo non morì nessuno, essendo diversi i presupposti che l'hanno causata.
In ogni caso, è un romanzo che ha generato in tutti noi dubbi, a volte inquietudini, e in alcuni fatto riaffiorare alla memoria dolorosi frammenti di vita personale, che cionostante sono stati condivisi con grande coraggio e umanità, ma sui quali proprio non voglio e non riesco a dilungarmi. Forse era proprio come Saramago voleva che ci sentissimo dopo la lettura del suo libro.
Ne è derivato quindi un dibattito davvero molto maturo e ponderato, a tratti forse anche un pò lento, ma la delicatezza e la complessità dell'argomento del libro, la morte, lo imponevano. Si sentiva davvero in tutti la necessità di cercare le parole più adatte, ed è stato davvero meglio così, anche se ovviamente non sono affatto mancati momenti di leggerezza. Altrimenti sai che funerale...giusto per rimanere in tema!
Abbiamo parlato e analizzato diffusamente la prima parte, ritenuta essere quella prettamente politco-sociale, e in particolare commentando le implicazioni etiche di questo libro, giudicato un vero e proprio manifesto pro-eutanasia.
Ma il cuore del dibattito è stata l'ultima parte, che vede come protagonisti la morte stessa e il violoncellista, la loro relazione d'amore e in particolare l'ultima frase con la quale si chiude il libro: "E il giorno dopo nessuno morì".
Siamo infatti tutti rimasti affascinati dalla potenza di questo messaggio, con il quale Saramago vuole chiaramente comunicarci che, al di là di tutto, l'arte può sempre vincere la morte e diventare immortale, a nulla valendo i fisiologici limiti di una vita umana.
Ma da questa considerazione siamo andati oltre, e Vittorio e Antonio hanno portato la conversazione ad un livello più alto, riflettendo sul fatto che tutti noi possiamo essere immortali, se viviamo l'attimo pienamente; che la vita non è una questione di quantità di tempo vissuto, ma di qualità di questo, a tal fine riportando gli esempi di artisti morti prematuramente come Jimi Hendrix e James Dean; che ciò che conta davvero è essere presenti qui e adesso (hic et nunc).
Da qui la saggia massima di Vittorio: "Ma che vita bella può mai essere se mangi solo petto di pollo?"
Qui chiudo. Ci vediamo a settembre, e buone vacanze a tutti!!
To be continued....