Ventotto giorni dopo, dall’altra parte della sala e con una decina di persone in meno, i Buddenbooks si sono ritrovati per discutere del romanzo “Arancia Meccanica” di Anthony Burgess. Luogo dell’incontro è stato ancora “Porto Fluviale”, locale collocato sul tratto urbano della Via Ostiense tra Trastevere, Piramide e Testaccio. Circondati da un’atmosfera polivalente, polifunzionale e soprattutto molto conviviale, l’appuntamento è stato anticipato di un paio d’ore visto che agli altri tavoli la domenica pomeriggio si parla di lavoro, case, figli, l’amico che diceva di essere malato ma che invece vieni a sapere dai Social che sta bene e anzi è pure uscito e, in mezzo a tutto questo, l’ultima volta era stato molto difficile parlare di libri. Alle 3 del mattino le lancette sono state spostate un’ora indietro, ma non sono state rilevate tra i presenti sintomatologie di stress da cambiamento legate alla luce che, lo ricordiamo, è il principale sincronizzatore naturale di tutti i processi dell’organismo. Alle diciassette iniziava la discussione con un’esposizione dettagliata della trama. La moderatrice, dopo aver indossato la bombetta, vivisezionava con precisione chirurgica le differenze tra quanto letto e quanto è stato poi trasposto cinematograficamente da Kubrick.Il libro è sempre meglio del film.Viene fuori che Arancia Meccanica è stato inspirato da un incidente realmente vissuto dallo scrittore nel 1944, quando lui e la moglie furono aggrediti da quattro marines statunitensi. La moglie incinta, a causa della violenza subita, perse il bambino. “Questo romanzo è stato scritto per superare il trauma” dice qualcuno “un paio di giorni dopo aver finito di studiare a fondo Platone, Nietzsche e Freud”. L’attenzione generale del gruppo si è poi concentrata sul finale esageratamente positivo: Alex, protagonista di una vera e propria epifania, decide di cercare una compagna per la vita reimpostando il proprio modo di relazionarsi col mondo. Qualcuno ha detto: “è stata stravolta la catarsi aristotelica”. Qualcun altro ha sostenuto, invece, di non aver colto alcun significato allegorico dietro le peripezie di Alex e dei suoi amici drughi. Niente Stato, niente Chiesa, nessun riferimento alla psicanalisi: solo una grande barzelletta.In definitiva il gruppo ha riconosciuto la grandezza del romanzo che si colloca all’interno della letteratura distopica come trait d’union tra 1984 di Orwell e tutto ciò che è seguito successivamente. Tuttavia, l’assemblea non ha trovato un accordo nell’assegnare la palma di capolavoro in quanto lo stile “fumettoso” di Burgess, nonostante sia riuscito nell’intento di annacquare le scene di violenza, non ha permesso ai lettori di empatizzare in pieno con il protagonista.