Non sono certa di aver indovinato la sezione del forum corretta per scrivere, quindi vogliate scusarmi se per caso non è così!

Ho appena finito di leggere La Storia, di Elsa Morante, e sono corsa qui a scrivere perché mi ha lasciato addosso emozioni talmente forti e contrastanti, che non potevo esimermi dal condividerle con voi.
Ho sempre rifuggito i romanzi ambientati nel periodo della Seconda guerra mondiale, perché ho sempre temuto la lettura con l'orrore di quegli anni. Da bambina mi capitò tra le mani Se questo è un uomo, di Primo Levi, e ricordo che entrai in uno stato di angoscia talmente grande, che mia madre dovette sequestrarmi il libro.
Libro che mi spaventa talmente tanto da non aver mai più avuto il coraggio di rileggerlo.
La Storia è un libro potente. Racconta i fatti del secondo conflitto in modo molto crudo (mai crudele), come se si trattasse di un saggio, o di una cronaca giornalistica. Non è corredato da particolari prese di posizioni ideologiche, o per lo meno, non in maniera diretta, anche se è evidente lo scopo di denuncia delle barbarie (e come potrebbe essere altrimenti?)
La trama ruota attorno alla vita di un piccolo nucleo familiare, composto da individui mediocri a loro volta circondati da altri esseri privi di particolare spessore, ma nel senso più pietoso del termine.
La Morante non considera infimi i protagonisti: piuttosto dipinge esseri umani qualunque che si trovarono a dover sopravvivere in un contesto storico aberrante e difficile.
Solo due personaggi posseggono doti morali elevate: un giovane anarchico, che diventerà, suo malgrado, partigiano e Useppe, il figlioletto della protagonista Ida, nato proprio in pieno conflitto.
La caratura morale elevata di quest'ultimo, la sua sensibilità profonda è dettata, a quanto traspare dalle parole della Morante, dalla sua ingenuità: è un individuo non corrotto, un bambino (molto piccolo) che non percepisce, sebbene apparentemente, il tanfo della morte e della violenza che lo circonda. La mediocrità e la miseria non costituiscono per il bambino stati eccezionali, ma la normalità, la condizione normale dell'essere umano. Ma appunto, la sua mancata percezione dell'orrore circostante e della morte è solo apparente.
Non voglio anticipare gli intrecci della trama, e per questo mi fermo qui.
Leggetelo, se non l'avete fatto. Ne vale assolutamente la pena.
E' uno di quei romanzi che lascia il segno. Uno di quelli indelebili.