Scritto nel 1962, Premio Viareggio, questo romanzo è il terzo del Ciclo "Il romanzo di Ferrara"
Così scrive l'autore del Prologo:
"Da molti anni desideravo scrivere dei Finzi-Contini - di Micòl e di Alberto. del professor Ermanno e della signora Olga -, e di quanti altri abitavano o come me frequentavano la caso di corso Ercole I d'Este, a Ferrara. poco prima che scoppiasse l'ultima guerra."
Il romanzo prende le mosse da un'immagine funebre e da un ricordo memoriale: durante una gita domenicale conclusasi nella necropoli etrusca di Cerveteri; il narratore , un anonimo io narrante per molti aspetti simile all'autore Bassani, ricorda la grande tomba della famiglia Finzi- Contini nel cimitero ebraico di Ferrara. Questo ricordo porta con sé la memoria degli anni giovanili, in particolare dello speciale rapporto che aveva legato il narratore quella famiglia. Il narratore ricorda così la Ferrara degli anni Venti e Trenta, una ricca cittadina di provincia, che ha uno dei propri centri nell'attiva e aristocratica comunità ebraica venutasi a formare nel 1863 a seguito dell'annessione dei territori delle Legazioni pontificie al Regno d'Italia con la conseguente definitiva abolizione anche a Ferrara del ghetto per gli ebrei.
Di questa comunità ebraica fanno parte la famiglia del narratore e quella dei Finzi-Contini: è attraverso i momenti di vita comunitaria (come le riunioni in sinagoga nei giorni di funzioni o nella grandi festività) che il narratore comincia a conoscere o membri di quella strana famiglia, che molto fa parlare si sé per l'isolamento un po' altezzoso in cui si trincera, emblematizzato dall'alto muro di cinta che chiuse l'enorme giardino della loro villa.
Un alone di mistero e di curiosità avvolge i coniugi Finzi-Contini e i loro figli Micol e Alberto, quasi coetanei del narratore, che durante l'anno scolastico ricevono lezioni private nella loro casa e frequentano il locale liceo classico solo per dare gli esami come privatisti.
Dopo una prima superficiale conoscenza in età liceale del narratore con Micol, il narratore dovrà aspettare quasi dieci anni per varcare la soglia di quel giardino.
E' nel 1938 quando prendono avvio in Italia le leggi raziali contro la comunità ebraica che il protagonista, che ora frequenta l'Università a Bologna, riceve da Micòl un inaspettato invito a giocare a tennis nel loro campo privato all'interno della villa. Il circolo del tennis di Ferrara ha cominciato a ritirare le tessere agli iscritti ebrei e quindi i due giovani Finzi-Contini organizzano una sorta di circolo alternativo. Il narratore inizia a frequentare assiduamente la "magna domus", come viene chiamata ironicamente la grande villa in mezzo al parco privato. Il "circolo" dei Finzi - Contini e il loro immenso giardino diventano così uno spazio protetto e chiuso rispetto alla tragedia che incombe sull'Italia e - in particolare - sugli ebrei.
Nonostante la partenza di Micol per Venezia per frequentare l'università e laurearsi in letteratura inglese, il protagonista non interrompe le sue visite a casa dei Finzi - Contini nella speranza di tener viva la possibilità di un amore futuro, che non avverrà perché al ritorno di Micol a casa il protagonista viene ricambiato con freddezza, fino a quando dopo l'ennesimo approccio fallito del protagonista, la ragazza vuole spiegargli l'impossibilità di un amore reale fra due persone in tutto e per tutto simili come lo sono loro due.
Così Bassani si esprime a proposito:
"Io..... io le stavo di fianco, capivo? non già di fronte: mentre l'amore - così almeno se lo immaginava lei - era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda: uno sport crudele, feroce, ben più crudele e feroce del tennis!, da praticarsi senza esclusione di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d'animo e onestà di propositi. [......] E noi? Stupidamente onesti entrambi, uguali in tutto e per tutto come due gocce d'acqua ("e gli uguali non si combattono, credi a me!"), avremmo mai potuto sopraffarci l'un l'altro, noi?
Le visite a Micol nella primavera-estate del 1939 si diradano per volere di lei fino a cessare del tutto, e vengono sostituite dalle serate trascorse a parlare di politica con Giampiero Malnate, un perito chimico, amico di Alberto.
Nell'Epilogo, il narratore tira allora le fila delle vicende: dopo quella notte, il mondo dei Finzi-Contini si è chiuso per sempre non solo per lui. Alberto muore nel 1942 per un tumore e il resto della famiglia viene deportata nei campi di sterminio dopo l' 8 settembre 1943. Il romanzo di chiude come si era aperto all'insegna della morte e della memoria di Micol.
Il Giardino sei Finzi - Contini è un romanzo che nasce a partire da un ricordo e a più riprese mostra la sua natura retrospettiva. In più punti il narratore allude al destino tragico che attende i personaggi del proprio racconto; così proietta la storia narrata nella distanza assoluta di un passato che non ha più nessun legame con il presente, poiché nessuno dei protagonisti è sopravvissuto.
Da leggere e rileggere, è molto bello,
"ESSERE! ESSERE E' NIENTE. ESSERE E' FARSI".
(Da "Come tu mi vuoi" di Pirandello)