Ho finito il romanzo stanotte e devo dire che nel complesso mi è risultato un po' deludente, sia perché mi aspettavo qualcosa di diverso sia perché non sono riuscita a provare la minima empatia per i protagonisti di questa storia.
Credo che l'intento di questo memoir non sia tanto far conoscere al figlio la sua grande vita, quanto spiegargli perché suo padre ha determinate visioni del mondo, della politica, del sociale... tutto deriva, in qualche modo, da Mary: dall'amore di lui, dall'esilio imposto, da come veniva spronato mentalmente dalla donna e dall'ultimo gesto di lei. Una donna ha il potere di cambiare un uomo? A quanto pare sì e infatti Mary riesce a cambiare Stephen e, in senso negativo, anche il marito... c'è da dire che si tratta di due uomini non proprio padroni di se stessi, molto zerbini, eh!
Come avevo già detto nel post precedente, il senso di questo romanzo non è tanto la storia d'amore, ma le digressioni politiche, filosofiche, sociali del protagonista, che alla fine si rivelano essere quelle di Wells. La storia dei due amanti serve solo come trampolino per parlare di altro.
Soprattutto nella seconda metà del romanzo, i temi wellsiani dello "stato mondiale" e del "femminismo" sono decisamente palesi. Mary incarna il secondo tema, sia nell'adolescenza, sia da adulta, ma Wells ci fa vedere come, senza un apparato mondiale volto a proteggere e rispettare tutte le razze e i generi, l'epilogo non può che essere disastroso e infausto (stessa cosa vale per i coolie). Ecco perché ce la mena con il concetto di "stato sociale". Stephen è sì affascinato dagli USA ma solo perché, essendo un mondo nuovo e sostanzialmente misto (varie razze e nazionalità), non ci sono storia né tradizioni a farla da padrone come, appunto, l'imperialismo britannico (e i vari corrispettivi europei). Il suo concetto di "stato mondiale", che poi è il concetto di Wells, è quello di un'unica entità statale: non più "nazione" perché tale termine presuppone una comunanza di tratti (lingua, storia, ecc.), ma un unico apparato per tutto il mondo che ha per scopo il benessere dei cittadini, dei loro bisogni, delle loro condizioni di vita ecc. Insomma, una sorta di "Stati Uniti del Mondo" che si concentra su politiche sociali, cioè sul welfare, perché in questo modo si sarebbe garantita la pace nel mondo, non essendoci più i motivi per fare rivolte e guerre (esempio: se tutti lavorassero in condizioni dignitose, senza sfruttamento, con orari giusti, ferie dovute, contratti di lavoro in regola e una paga equa, non ci sarebbero più scioperi e rivolte perché il lavoratore starebbe bene, si sentirebbe rispettato dal suo datore di lavoro e sarebbe felice).
Ammetto che è un concetto molto affascinante per quanto utopistico, ma sulla carta potrebbe anche funzionare. Ovviamente, ma questo Wells ce lo dice con le azioni di Stephen e dell'americano, prima di tutto bisogna cambiare modo di pensare e di vedere le cose. Ecco perché quei due pubblicano in continuazione libri di varie culture, proprio per iniziare questo cambiamento e ampliare mentalmente gli orizzonti. Su questo sono d'accordissimo: non si può avere un cambiamento sociale se non si parte, per così dire, dall'istruzione.
Comunque, il romanzo come ho già scritto, risulta molto pesante ma perché è Stephen ad essere un macigno. E' anche vero che quando inizia a scrivere si intuisce che sia successo qualcosa di grave, c'è questa cappa di cupezza che pervade tutto il libro e ce la portiamo fino alla fine. Mary, per contro, è decisamente più frizzante per quanto sia decisamente più egoista di lui, si vede la differenza nei dialoghi e nelle lettere. Trovo che il rapporto tra loro sia negativo, non perché non siano compatibili, ma perché entrambi fanno cose idiote e distruttive: lui con l'idea del possesso e poi con l'idea di fuga d'amore campata in aria senza una base solida, lei perché pretende di essere libera e avere una posizione sposando uno ricco, lui che accetta l'esilio, lei che rimane bloccata in un matrimonio che la rende infelice. Anche Rachel non è questo gran personaggio, il minimo che avrebbe dovuto fare era schiaffeggiare a Stephen, cosa che invece non fa. Sospetta, si innervosisce un attimo, ma poi fa finta di niente.
Infine il memoir. Non sappiamo se alla fine il figlio di Stephen leggerà queste pagine perché non ci viene detto. Quello che si capisce già a metà libro è che l'intento di Stephen è, come dicevo a inizio commento, far capire al figlio non tanto la sua vita vissuta, ma le scelte che lui ha fatto e le politiche per cui si batte... il tutto nella speranza che il figlio le comprenda, le faccia sue e le porti avanti. In pratica, se all'inizio del romanzo Stephen si lamentava dell'educazione imposta dai genitori e dai tutori, non mi pare stia facendo qualcosa di molto diverso imponendo (o cercando di imporre) la propria strada politica al figlio.
Un uomo dovrebbe essere ciò che sembra
e chi uomo non è, uomo non dovrebbe sembrare.
Otello - William Shakespeare