Catastrofe naturale o catastrofe tecnologica?
Prima di partire per un viaggio di lavoro (e di piacere) assieme a due amici per l'Europa, l’americano George Quincy Clifford, stipulò una assicurazione supplementare sulla vita del valore di 50.000 dollari. Clifford morirà nel naufragio più famoso della storia la notte del 14 Aprile del 1912.
L’assicurazione si rifiutò di pagare la cifra supplementare in quanto nella polizza erano escluse "le catastrofi naturali" come causa della morte.
Iniziò così una causa civile fra l'assicurazione che non voleva pagare, in quanto riteneva che fosse causa dell’iceberg se la nave “inaffondabile” Titanic era colata a picco, ed un iceberg non è altro che una massa di acqua che si forma in natura quando si stacca un ghiacciaio.
Gli avvocati della famigllia Clifford sostennero invece che il naufragio non fosse stato causato dall’iceberg quanto piuttosto la nave non era stata costruita sufficientemente resistente per una collisione. In poche parole se la nave fosse stata progettata meglio, anche un impatto con un iceberg non avrebbe causato la catastrofe. Non era una "catastrofe naturale" quanto una "catastrofe tecnologica"
Il processo andò avanti diversi anni e la discussione fu davvero avvincente.
Questo piccolo spaccato, reale, è contenuto nel libro di Fabrizio Rondolino “Niente da segnalare” in cui l’autore raccoglie e ci restituisce 151 storie, 151 vite, 151 fra naufraghi, morti e dispersi, 151 esseri umani uomini – donne – bambini, di prima come di seconda e terza classe che hanno vissuto il dramma più famoso del 1900, ovvero il naufragio del Titanic. Aristocratici, povera gente in cerca di fortuna al di la dell’oceano, giovani spose con figli che dovevano raggiungere il marito partito anni prima; marconisti, fuochisti, camerieri, storie di chi ha perso la nave e di chi, al contrario, si è imbarcato all’ultimo minuto.
151 storie di chi ce l’ha fatta e di chi non si è trovato nemmeno il corpo da seppellire; chi della tragedia non ne parlerà mai più, chi rilascerà interviste a qualunque testata, storie di eroismo e di codardia.
Questo libro è davvero ben scritto, e non è un mero accanimento morboso, ma si vuole, attraverso la vita semplice delle persone, restituire una verità, e a volte un “corpo” laddove spesso (molto spesso) nemmeno quello è stato rinvenuto.
La prima storia è dedicata al Capitano del Titanic Edward John Smith 62 anni (“quando mi chiedono di descrivere la mia esperienza di quasi quarant’anni di mare, rispondo semplicemente: nulla da segnalare) che sarebbe dovuto andare in pensione appena arrivato a New York in quanto quello era proprio il suo ultimo viaggio.
L’ultima storia invece è dedicata ad Arthur Henry Ristron, capitano del Carpathia di 43 anni, la nave che soccorse il Titanic e portò in salvo moltissimi naufraghi, ma che per il resto della vita rimpianse di non essere stato più vicino e che la sua nave fosse troppo lenta. (“il destino ha voluto che salvassi alcuni passeggeri del Titanic; alcuni, non tutti: e soltanto quelli”).
Ps Curiosa come sempre, ho provato a cercare come finì la causa fra la famiglia Clifford e l’assicurazione, purtroppo non ho trovato nulla….chissà chi l’ha spuntata.
ElleT
"Il mondo ci sta crollando intorno - disse Gabriel, mentre rientrava in carrozza. No, si sta riedificando dopo un terremoto, disse Josephine"
(dal romanzo "Più Donne che Uomini" di Yvy Compton Burnett)