"L'inudibile è ora udibile, I peccati della tua carne diventano i peccati della mia, così che io li possa portare nella tomba. Parla." Anzitutto sgombriamo ogni dubbi: la figura del ”Mangiapeccati”, è
realmente esistita fra il XVIII e il XIX secolo (ma c’è chi sostiene che sia una figura già presente nel medioevo), in particolar modo in Inghilterra, Galles e Scozia e l'ultimo "Sin eater", (mangiapeccati in inglese) di cui si hanno prove della sua esistenza documentata, è Richard Munslow.In sostanza il “mangiapeccati” si sostituiva, soprattutto presso le case rurali di povera gente dell’Inghilterra del 700/800, al sacerdote per l’estrema unzione,
ovvero attraverso formule chiedeva in punto di morte al moribondo di confessargli i peccati, o qualora fosse impossibile, ai familiari.Quindi per
alleggerire le anime e favorire il trapasso dei moribondi, il “mangiapeccati” si incaricava di ingurgitare il cibo (spesso il pane posto sul petto del caro defunto) e in questo modo puliva l’anima della persona appena morta mentre il “mangiapeccati” assorbiva tutti i misfatti degli uomini.I “Mangiapeccati” erano spesso
persone indigenti, che vivevano ai margini della società, che non credevano in nulla e che per poter sopravvivere decidevano, spontaneamente, di intraprendere un mestiere che li avrebbe comunque tenuti ai margini della società (ovviamente chi si assume tutti i peccati degli uomini, non può che essere una persona poco gradita!) ma almeno avevano cibo da saziarsi e un piccolo compenso.Il libro p
rende spunto da questa figura fra il sacro e il profano, fra credenze ed ossessione religiosa, e, in questo caso, la protagonista è una ragazza di nome May Owens, orfana, analfabeta e con alle spalle una vita piena di dolore e soprusi, che, processata per avere rubato del pane, viene condannata anziché alla morte, a diventare una “Mangiapeccati”.Viene così “marchiata” con una s a fuoco vivo sulla lingua e
obbligata, oltre al silenzio più assoluto, a tenere un collare, chiuso con lucchetto stretto al collo, con la S ben visibile a chiunque la trovi sulla sua strada.La storia di May si intreccia con quella di un’altra Mangiapeccati (la sua maestra) e con la Casa Reale, dove misteriose ed inaspettate morti fanno da sfondo ad un
giallo intricato, dove losche figure, e dame intriganti, tessono tele nell'ombra. (non sfugge ad un occhio attendo che, nonostante l’autrice abbia cambiato i nomi, il contesto storico in cui si muove May, è durante il regno di Elisabetta I - nel libro Bethany - , di Enrico VIII, che nel libro diventa Aroldo II, e soprattutto dello scontro religioso fra cattolici e protestanti).Nel libro poi, assume importanza il cibo che viene cucinato e che dovranno mangiare le nostre protagoniste: ad ogni peccato una pietanza ben precisa.Per cui se il nostro defunto/peccatore si macchiava di adulterio le “Mangiapeccati” dovevano mangiare uva passa, se confessava invidia, dovevano mangiare panna e così via, e se per caso si rifiutavano venivano rinchiuse e torturate.E’ un libro davvero appassionante ed intrigante, "divorato" tutto in un fiato, con un finale assolutamente non scontato,
che aiuta, attraverso gli occhi, i pensieri e le vicissitudini di May, una ragazza incolta, a capire meglio il ruolo della donna, della sulla emancipazione (in un certo senso May otterrà questo!), e che nonostante il fatto non sapesse leggere, e non potesse parlare, la sua intelligenza unita al suo saper guardare i dettagli minuziosamente, l’aiutano a risolvere e scoprire chi si cela dietro gli omicidi reali e il motivo, ma soprattutto a trovare un senso alla sua esistenza,
scoprendo segreti della sua famiglia che la aiuteranno a prendere decisioni sul proprio futuro.