Premessa :
La vicenda narra l'epopea della 'biblica' trasmigrazione della famiglia Joad, che è costretta ad abbandonare la propria fattoria nell'Oklahoma a bordo di un autocarro e a tentare di insediarsi in California, dove spera di ricostruirsi un avvenire.
Nella stessa situazione si trovano centinaia di altre famiglie, sfrattate dalle case dove avevano vissuto per generazioni perché le banche a cui avevano chiesto i prestiti non rinnovano i crediti e confiscano i terreni spedendo le "trattrici" a spianare tutto, comprese le abitazioni in legno.
I trattori arrivavano dalle strade e per i campi, grandi animali
che avanzavano come insetti, dotati dell'incredibile forza degli
insetti.
Avanzavano sul terreno tracciando la pista, poi la
battevano, poi la ripercorrevano.
Trattori diesel, che da fermi tossicchiavano, appena messi in marcia tuonavano, e infine si assestavano su un borbottio sordo.
Mostri camusi che sollevavano la polvere e ci ficcavano il grugno, percorrendo la
campagna in un senso e nell‘altro, attraverso recinzioni,
attraverso aie, su e giù per forre in linea retta. Non seguivano
l'andamento del terreno, seguivano piste tutte loro.
Ignoravano poggi e fossi, corsi dacqua, recinzioni, case.
L’uomo seduto sul seggiolino di ferro non sembrava un uomo;
indossava guanti, occhiali protettivi e una maschera di caucciù
che copriva il naso e la bocca: era una parte del mostro, un robot
sul seggiolino.
II tuono dei cilindri rimbombava per i campi, faceva tutt'uno con l'aria e la terra, tanto che terra e aria risuonavano di un'identica vibrazione. II trattorista non poteva controllarlo: avanzava dritto nel cuore della campagna, infilzando
dozzine di fattorie per poi tornare indietro in linea retta, senza
deviare mai.
Per deviare bastava tirare una leva, ma la mano del
trattorista non poteva tirarla, perché il mostro che aveva costruito
il trattore, il mostro che aveva mandato il trattore, era riuscito a
penetrare nelle mani del trattorista, nel suo cervello e nei suoi
muscoli. lo aveva bendato e imbavagliato — gli aveva bendato la
mente, imbavagliato la parola, bendato la sensibilità,
imbavagliato la protesta.
ll trattorista non poteva vedere l'aspetto della terra, non poteva sentire I’odore della terra;
i suoi piedi non toccavano le zolle ne avvertivano il calore e il potere della terra.
sedeva su un seggiolino di ferro e premeva pedali di ferro.
Non poteva magnificare o criticare o maledire o incoraggiare
l'estensione del proprio potere, pertanto non poteva magnificare
o criticare o maledire o incoraggiare se stesso.
Non conosceva ne possedeva ne venerava ne implorava la terra.
Se un seme gettato non attecchiva, non erano affari suoi.
Se i teneri virgulti appassivano per la siccità o annegavano sotto un diluvio
d’acqua, per il trattorista contava quanto per il trattore.
Egli non amava la terra più di quanto la banca amasse la terra.
Poteva ammirare il trattore, le sue superfici levigate, la potenza
del suo impeto, il rombo dei suoi cilindri tonanti: ma non era il
suo trattore.
Dietro il trattore ruotavano i dischi scintillanti che
squarciavano la terra con le lame: chirurgia, non aratura, con la
terra squarciata sospinta a destra, mentre la seconda fila di
dischi la squarciava e la sospingeva a sinistra;
scintillanti lame taglienti, lucidate dalla terra squarciata.
Trainati dietro i dischi, gli erpici rastrellavano con denti di ferro, frantumando le piccole zolle e spianando il terreno.
Dietro gli erpici, ecco le lunghe Seminatrici — dodici verghe di ferro erette in fonderia, orgasmi regolati da ingranaggi, che violavano metodicamente, violavano
senza passione.
Il trattorista sedeva sul suo seggiolino di ferro ed era fiero di quelle linee dritte che non dipendevano da lui, fiero di quel trattore che non possedeva ne amava, fiero di quel potere che non aveva modo di controllare.
E quando quel raccolto cresceva e veniva mietuto, nessun uomo aveva
sbriciolato nel palmo una sola zolla, ne lasciato stillare tra le dita
la terra tiepida. Nessun uomo aveva toccato i semi, o agognato
la crescita.
Gli uomini mangiavano ciò che non avevano coltivato,non avevano legami con il loro pane.
La terra partoriva sotto il ferro, e sotto il ferro a poco a poco moriva, perché non era stata amata né odiata, non aveva attratto preghiere né maledizioni.
Tratto da Furore John Steinbeck