Non c'è Paese europeo che più della Russia - prima, a zarista, poi sovietica, ora putiniana - abbia subito repressioni culturali tanto violente: censure, esilio, plotoni di esecuzioni, suicidi. Perciò bisogna, oggi più che mai ascoltare.....
Con queste parole pare un bel articola di Fausto Malcovati, sulla "La Lettura" (Corriere della Sera) di oggi.
"Fra tutti i Paesi europei La Russia è certamente quello che ha pagato il prezzo più alto in fatto di vittime della repressione culturale: la sua storia è costellata di capi dispotici che hanno fatto tacere con violenza qualsiasi dissenso.
"Dopo Caterina II la Grande a fine Settecento, abbiamo di buona memoria lo Zar Alessandro I, che pur sconfisse Napoleone, liberando l'Europa da un tiranno, ma si accorge che i suoi ufficiali, a Parigi, dopo la vittoria, respirano a pieni polmoni l'aria dei giacobini e dei girondini. Infatti, ritornati in patria gli preparano la prima vera e unica rivoluzione dell'Ottocento russo: quella dei decabristi. I responsabili vengono mandati al patibolo o in Siberia."
Sotto il regno dello Zar Nicola I cala per trenta anni, una cappa di piombo. In quel periodo girano e lavorano, Spie e Polizia a sorvegliare e censurare.
Puskin è un sorvegliato speciale. Scrisse la sceneggiatura per il Boris Godunov che andò in scena trenta anni dopo. Anche Gogol viene censurato, un lungo episodio di "Anime morte" viene tolto.
Sappiamo come venne censurato Dostoevskij per la sua appartenenza a un circolo letterario, subì anche lui la Siberia della quale ci ha lasciato "Memorie da una casa dei morti".
Con Alessandro II le cose vanno un pochino meglio, abbiamo l'abolizione della schiavitù della gleba, ma Tugenev si vede contestato "Padri e figli", Dostoevskij deve fare a meno di un intero capitolo dei "I demoni". A tolstoj bocciano l'epilogo di Anna Karenina perchè parla in modo improprio della guerra russo - turca.
Eppure durante il grandioso trentennio che va dal 1850 al 1880, in cui la prosa russa in cui la prosa russa raggiunge il suo acme, mai gli scrittori smettono , seppure con la cautela suggerita dalle necessità di evitare gli scogli censori."
La rivoluzione russa del 1917 sembra per un attimo realizzare il sogno di tutti: via la censura, via il controllo, via i tronfi burocrati zaristi con i loro drastici niet.
Ma è un attimo, riprendono le censure. Majkovskij e il vate conclamato dalla poesia rivoluzionaria, fino a che non si accorge che sta sorgendo una nuova censura che blocca ogni bocca dissidente, e si spara alla testa.
Con il suicidio di Majacovskij inizia il lungo ventennio dello strapotere staliniano.
"ESSERE! ESSERE E' NIENTE. ESSERE E' FARSI".
(Da "Come tu mi vuoi" di Pirandello)