Le terre dello sciacallo è la prima grande opera di Amos Oz, una raccolta di racconti dall’ampio respiro che ha segnato l’affermazione dello scrittore. Nove storie sono ambientate in un Kibbutz, l’ultima invece è una specie di parabola ambientata in tempi biblici. In questo libro l’Israele di oggi ancora non esiste, ci sono solo piccoli agglomerati di abitazioni e di campi coltivati che, dopo il tramonto, precipitano nel buio e nel silenzio, circondati dall’ignoto. Lì vivono uomini, donne e bambini impegnati in un ambizioso progetto utopico, spinti dal desiderio di fondare una patria ma anche dall’aspirazione a una vita diversa, a nuovi rapporti fra le persone, a una speranza di rigenerazione. Pionieri, sabra, intellettuali europei e rifugiati che hanno un sogno, che hanno combattuto guerre, dato forma a un’ideologia politica per forgiare una nazione. Ma la realtà non è dolce come il sogno.Sono storie conturbanti, sensuali, poetiche e spietate.E lo sciacallo, che insegue il lettore pagina dopo pagina, ulula nella notte fuori dai cancelli.Grande scrittore, così come ne parla la sua fortuna letteraria, in questo suo primo romanzo del 1965, contenente racconti uno più bello dell’altro, vorrei mettere l’accento su “La via del vento” e “Prima del tempo” tutti e due del 1962.Non dobbiamo dimenticare che l’autore visse dall’età di 15 anni nel kibbutz di Hula e vi restò fino al 1986, quando all’età di 47 anni quando si trasferì ad Aral con la moglie. Quindi si può ben capire come mai i suoi racconti, ben nove hanno come sfondo ambientale e culturale il Kibbutz nella sua totalità.La via del vento racconta di un padre “tutto d’un pezzo” rigido, dedito alla causa ideologica e politica di quei tempi, un po’ fanatico, come lo erano quel tempo tutti i pionieri kibbuzim, che ha un unico figlio un po’ pavido, un antieroe. Un ragazzo un po’ sognatore, un po’ pasticcione, Ghideon.Questo ragazzo è stato iscritto dal padre alla scuola per paracadutisti, e il giorno del racconto tutto il Kibbutz si aspetta di vedere l’atterraggio di uno dei suoi componenti. Le cose per Ghideon vanno male e sotto gli occhi di tutti i Kibbuzim, e quelli del padre e della madre il suo atterraggio non riesce. Nel “Prima del tempo” la storia riguarda principalmente Dov Sirkin, che un bel giorno si era alzato e aveva deciso di lasciare il Kibbutz, la moglie e i figli. Dicendo alla moglie: “Uno deve cercare di lasciare al mondo un’impronta che resti anche dopo la sua morte, altrimenti non ha alcun senso essere nati.”Dov lascia il kibbutz e se ne va in giro per il mondo, va a lavorare anche nei porti, ma poi a seguito di una debolezza di cuore deve fermarsi a Gerusalemme dove lavorerà come insegnate di geografia.
Anche Dov ha un figlio Ehud che vive nell’esercito, è molto coraggioso e apprezzato.Non ha se non sporadici rapporti con il padre che vive sempre a Gerusalemme.Due racconti, due padri, due figli, diversi fra loro, salta però sempre fuori la scarsa vicinanza fra di loro e qui mi pare a questo punto, di dover entrare in una parte della biografia dello scrittore.“Nella vita dello scrittore è stato determinante il suicidio della madre, avvenuto quando il piccolo Amos aveva appena dodici anni. L’elaborazione del dolore si sviluppa ben presto in un contrasto con il padre, un intellettuale vicino alla destra ebraica. Il contrasto padre-figlio portò alla decisione del ragazzo di entrare nel Kibbutz Hulda e di cambiare il cognome originario “Klauser” in Oz, che in ebraico significa “forza” (da Wikipedia).Anche in questi due racconti il rapporto padre e figlio è dei peggiori.Ma che dire, Oz descrive i fatti e l’ambiente, cioè il deserto del Negev con parole e frasi poetiche. Poetiche sono le descrizioni delle coltivazioni del Kibbutz, gli alberi di frutta e i frutti stessi descritti come se fossero nel giardino dell’Eden, le prugne, piene di sugo, le mele di vari tipi. Tutta terra strappata al deserto da questi lavoratori ideologizzati e indefessi.“Una volta, molti anni fa, Dov Sirkin era il supervisore di tutti i frutteti, e cantava beatamente, in estasi, passando come un coltello fra i filari di alberi. Spuntava in fondo alla piantagione, gridava, incitava tutti i raccoglitori, sgridava e spariva, spuntava dall’altra parte. Nudo fino alla cintola. Aveva spalle immense, petto e schiena da orso:scuro de denso.”[omissis.]“Il frutteto è a blocchi, ogni varietà separata dall’altra da un solco dritto. Mele Alessandro Magno, grosse e dal sapore grezzo. Le Delicious, succose. E poi gli alberi di pesco, con i frutti pelosi e profumatissimi da far girare la testa. E le prugne scure, minacciose, e le guaiave malinconiche e di nuovo un gruppo di meli della varietà detta “Incomparabile”.
"ESSERE! ESSERE E' NIENTE. ESSERE E' FARSI".
(Da "Come tu mi vuoi" di Pirandello)