Salve amici del Club del libro,
è giunto il mio turno di scrivere le impressioni ricevute da
Il viaggio dell'elefante, il primo libro itinerante che ho letto con voi

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Partiamo dal principio: personalmente amo molto i libri ed i film che hanno come tema portante un viaggio, perché il
topos del viaggio inteso quale crescita e cambiamento mi ha sempre affascinata. Se poi a questo aggiungiamo lo stile di José Saramago, ecco che il risultato dell'operazione è senza dubbio meritevole di attenzione

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E infatti così è: ho scoperto questo premio Nobel da circa un anno perché, nonostante a casa avessi almeno un paio di suoi libri che avevo iniziato e mai finito, recentemente mi sono convinta a riprenderlo in mano ed a concludere queste sue opere, e le ho adorate

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Cominciando a fare una breve disamina de
Il viaggio dell'elefante, posso dire che l'ho trovata una storia nel pieno stile di Saramago: pochissima punteggiatura che costringe a soffermarsi su ogni riga rendendo la lettura più ardua, ma anche più attenta, classica ironia caustica nei confronti della politica, della religione e delle ipocrisie della gente (il passaggio in cui scrive che "La voce pubblica è capace di giurare ciò che non ha visto e affermare ciò che non sa" mi ha ricordato incredibilmente il verso di
Bocca di rosa di De Andrè nel quale si dice che "La gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio": meraviglia!!).
Molto ben tratteggiati i personaggi principali della vicenda, in particolare ho apprezzato Subhro/Fritz (il cornac) e la sua spiccata intelligenza, il suo affetto incondizionato per l'elefante Salomone/Solimano, e allo stesso modo mi ha colpito modo come siano stati delineati i potenti (ossia i sovrani) e il prete: a quest'ultimo proposito Saramago dà una stoccata molto forte alla religione cristiana quando prende le fattezze dell'indiano Subhro e gli fa dire che ci sono molte meno superstizioni nella terra dalla quale proviene rispetto alla civile e cristianissima Europa.
Circa lo stile, come accennavo poco sopra Saramago non è certo un autore per così dire "distensivo": i temi che tratta e lo stile con cui lo fa richiedono attenzione, concentrazione e partecipazione alla lettura. I suoi libri per me costituiscono sempre una sorta di sfida, una corsa in salita ma, come ha scritto qualcuno, quando arrivi in cima il panorama è davvero splendido

Volendo aggiungere un'ultima notazione senza togliere il piacere della lettura a quanti ancora devono confrontarsi con questo piccolo testo, posso dire che non è certamente il miglior Saramago che ho letto sinora, ma in questa storia ci sono tutti i temi e gli elementi che percorrono la narrativa del Nobel portoghese e che mi hanno convinta una volta di più (se mai ce ne fosse stato bisogno) a proseguire con la scoperta delle sue altre opere.
Dulcis in fundo non posso fare a meno di rinnovare il mio amore per le dediche dei libri, in particolare ho trovato quella fatta da Saramago alla seconda moglie Pilar romanticissima:
A Pilar, che non ha permesso che io morissi.
Pensare che uno scrittore così critico e sagace sia stato capace di nutrire un affetto tanto profondo per la moglie, mi ha riempita di tenerezza

Ho terminato questa mia elucubrazione e non posso che augurare buona lettura ai prossimi lettori in lista e buon viaggio a Salomone e a Subhro
Buone letture!
Ilaria