Oggi pomeriggio si è tenuto l'incontro mensile del nostro gruppo di lettura catanese "La marcia degli Elefanti" e, vista la situazione sanitaria, ci siamo riuniti su Skype come ormai accade da mesi. Abbiamo discusso del libro Il re della pioggia di Saul Bellow proposto dalla sottoscritta.
Purtroppo, per impegni vari, questa volta alla riunione eravamo in cinque e non tutti avevano completato la lettura del libro (qualcuno non ci ha neanche provato ed è stato affettuosamente maltrattato per tutta la durata della videochiamata). Come di consueto, abbiamo sfoggiato le nostre confortevoli tenute casalinghe: chi pigiama (e vestaglia) e chi tuta (e guanti di lana).
Vorrei poter iniziare il resoconto dicendo che il romanzo di Bellow è piaciuto a tutti, ma la verità è che ci ha lasciato un po' perplessi. Le opinioni sono state un po' monche perché non ci siamo potuti confrontare su tutto per evitare di anticipare troppo a chi doveva ancora finire di leggere il romanzo. Ad ogni modo, abbiamo tutti capito che il protagonista, Eugene Henderson, è un antieroe senza arte né parte e che il fulcro del romanzo non è affatto la storia di questo personaggio. Henderson è un uomo che fa scelte impulsive di cui si pente, in pratica non ne fa una giusta, non ha un carattere eccelso ma di base è buono. E' sua la voce narrante, è lui che ci parla degli eventi, ma lo fa a metà strada tra il racconto (narrato a noi lettori) e il diario personale. Noi, da lettori, abbiamo avuto questa sensazione anche a causa dei tanti suoi pensieri, a volta sconnessi, che si trovano un po' ovunque nel romanzo. Eugene non sa come vivere nel mondo in cui si ritrova, è ricco perché ha ereditato la fortuna dal padre ma non sa cosa fare di quei soldi, non riesce a trovare la sua strada né da giovane né da 50enne ed è tormentato da una voce.
[...] c'era un guasto nel mio cuore, una voce che mi parlava dentro e diceva "Voglio, voglio, voglio!". Succedeva tutte le sere, e quando io cercavo di soffocarla, diventava anche più forte.
Neanche i personaggi che gravitano intorno a lui sono eccellenti, si tratta di personaggi abbastanza ordinari e talvolta anche insulsi. Si ritrova, un po' per caso, a fare un viaggio in Africa, dove conoscerà due tribù completamente diverse. Ed è qui, in un'Africa probabilmente irreale ma che serve a far vedere le differenze con la realtà occidentale, che il romanzo prende un'altra piega. Il punto del discorso di Bellow si intuisce solo dopo molte pagine: è la ricerca di se stessi. Importante, in tal senso, è la conoscenza del re Dahfu che è capace di generare discorsi e pensieri non solo in Henderson, ma anche nel lettore. Il finale è un po' difficile da comprendere, forse spetta al lettore decidere come "leggerlo".
Per quanto mi riguarda, non ho ancora dato una valutazione effettiva perché all'inizio il romanzo mi ha fatto sorridere, poi mi ha annoiato e alla fine, tra alti e bassi, mi ha fatto riflettere su quei temi del Sé e della sua ricerca, mi ha ricordato un po' alcuni libri che leggo sulla Consapevolezza, il "qui e ora", la forza delle visualizzazioni e cose simili.
Dopo aver parlato del romanzo, abbiamo votato il libro successivo. A febbraio, quindi, ci confronteremo su "Istruzioni per rendersi infelici" di Paul Watzlawick (categoria 3: saggi) e a moderare l'incontro, presumibilmente sempre su Skype, ci sarà sempre la sottoscritta.
Un uomo dovrebbe essere ciò che sembra
e chi uomo non è, uomo non dovrebbe sembrare.
Otello - William Shakespeare