Questo pomeriggio si è svolta la consueta riunione mensile del nostro gruppo di lettura e stavolta gli intrepidi liotrini hanno dovuto sfidare un meteo avverso, con pioggia, vento gelido e pare anche nebbia. Un clima che, tutto sommato, ho trovato facesse una buona atmosfera dato il libro oggetto della nostra discussione: Le streghe di Manningtree, di A. K. Blakemore.
Eravamo in venti e, dopo la presentazione delle nuove iscritte, abbiamo iniziato la discussione. Ho illustrato le motivazioni che mi hanno portato a proporre questo libro e cioè una trama nelle mie corde, una casa editrice che trovo quasi una garanzia e un certo clamore sui social quando questo romanzo venne pubblicato poco più di un anno fa.
Il romanzo si è rivelato abbastanza divisivo perché ci sono stati pareri favorevoli, pareri negativi e altri tiepidi. I detrattori si sono focalizzati sulla lentezza della trama, sui pochi avvenimenti e sui personaggi non ben caratterizzati. Chi ha apprezzato il libro, invece, non ha patito la lentezza perché l'ha trovato un tratto tipico di questo genere. E' vero che i fatti sono pochi, ma perché tutta la questione storica della caccia alle streghe e i relativi processi si basa su avvenimenti mai accaduti, solo su calunnie o confessioni false estorte con la tortura. Abbiamo notato un po' tutti come un terzo del romanzo sia stato usato dalla Blakemore per descrivere la cittadina di Manningtree, i suoi abitanti e le relazioni tra loro, ma anche per darci una idea delle condizioni di povertà di queste "streghe", donne sole e senza uomini, ma comunque tutte d'un pezzo, con la lingua tagliente e per questo viste male.
Per quanto riguarda i personaggi, sebbene non ci sia stata uniformità di pareri, abbiamo notato nella protagonista Rebecca una crescita perché all'inizio del volume è una ragazzina ingenua e timorata di Dio, ma alla fine del romanzo è una donna che ne ha viste troppe e ha capito come va il mondo. La madre, Anne, è il personaggio probabilmente migliore dell'intero libro perché è fiera, indomita, divertente e non si fa scrupoli nel burlarsi dei suoi concittadini colpendoli nelle loro paure, e rimane così fino alla fine, anche quando sa di essere spacciata. Mastro Edes per me è un infame e non ci voglio perdere nemmeno tempo! Hopkins, l'inquisitore, è chiaramente un esaltato religioso e per di più sadico, ha una sua "morale", si reprime sessualmente e si mortifica a suon di digiuni, ma si infervora quando c'è da cacciare streghe... è sicuramente il cattivo del romanzo (non l'unico), ma avremmo gradito una maggiore profondità del personaggio, avremmo voluto conoscere i suoi pensieri, la sua storia.
Oltre a ciò, abbiamo parlato del rapporto madre-figlia, della voglia non convenzionale a quel tempo di una ragazza che vuole imparare a leggere e a scrivere, dei danni che fa la religione ossessiva e chiusa, dell'ipocrisia dei religiosi che trattano a pesci in faccia il prossimo, della superstizione, della suggestione, della differenza tra uomo e donna in merito alle accuse di stregoneria ma anche in generale. I temi del libro sono tanti e il dibattito è stato sempre molto interessante.
Anche la scrittura dell'autrice ci ha divisi, c'è chi l'ha trovata noiosa, chi un mero esercizio di stile. A qualcuno non è piaciuto che la storia fosse in parte raccontata da Rebecca e in parte dall'autrice, talvolta è mancata chiarezza. La questione del Maligno è fumosa, lasciata in aria, alla fine non sappiamo se effettivamente il bambino del racconto sia stato posseduto, se Rebecca abbia visto il riflesso del Diavolo in acqua, se Anne abbia visto davvero il principe delle Tenebre molti anni prima... è tutta suggestione? C'è una spiegazione realmente razionale che possa chiarire tutto? Se l'autrice voleva instillare il dubbio, secondo me c'è riuscita.
Nella postfazione del romanzo abbiamo letto che l'autrice voleva parlare delle perseguitate e non del persecutore, voleva rendere giustizia al temperamento di queste donne, al loro umorismo, al loro orgoglio, ma anche alle paure e speranze che si evincevano dalle loro testimonianze rilasciate durante i processi per stregoneria. Forse questo obiettivo non è stato centrato, o forse solo con Anne, perché la storia viene raccontata da Rebecca e conosciamo praticamente solo il suo punto di vista e nemmeno più di tanto perché spesso la ragazza non si lascia andare alle emozioni in profondità, è come se ci fosse un muro, come se non si permettesse di provare qualcosa.
Forse il vero problema di questo romanzo è proprio questo, non è facile "entrare" dentro la storia, provare empatia, probabilmente l'autrice non voleva mettere troppa carne sul fuoco caratterizzando a sua fantasia dei personaggi realmente esistiti, forse la Blakemore ha cercato di attenersi di più ai fatti. Del resto questo è il suo primo romanzo e magari ha preferito non eccedere (o forse è stata una scelta dell'editore)... chi può dirlo!
Il finale, se non altro, non è piaciuto a nessuno perché ci è sembrato troppo affrettato e raffazzonato, se non tutto almeno il ricongiungimento con quella traditrice di Judith, "l'amica" che ha praticamente dato il via alla caccia alle streghe a Manningtree. Ovviamente non sono mancanti dei finali alternativi, pratica ormai consueta nel nostro gruppo di lettura!
Dopo aver concluso la discussione, abbiamo votato il prossimo libro del mese che è "Gli invisibili" di Pajtim Statovci, proposto da Emanuele che avrà il compito di organizzare il prossimo incontro!
Un uomo dovrebbe essere ciò che sembra
e chi uomo non è, uomo non dovrebbe sembrare.
Otello - William Shakespeare