Un giallo dentro al giallo: così si è presentata la scorsa domenica, quando ci siamo ritrovati per discutere del nostro libro del mese,
La camera azzurra di Georges Simenon.
Il primo indizio è stato il silenzio.
Il locale prenotato appariva deserto. Nessun movimento, nessun rumore. La porta esterna socchiusa lasciava entrare un filo d’aria ma quella interna era serrata come un enigma da risolvere. Perché?
C’era forse qualcuno che ci spiava nascosto in cucina? E il proprietario, perché non rispondeva alle chiamate? Un pensiero inconfessabile mi ha sfiorato: che gli fosse successo qualcosa di irreparabile?
“Non oggi, per favore, non oggi”, mormoravo tra me e me guardando il nostro gruppo, più numeroso del solito e con tanti volti nuovi, sospesi tra curiosità e smarrimento. Poi, come in ogni giallo che si rispetti, ecco il colpo di scena: una strana figura compare, le porte si aprono, l’atmosfera si scioglie, i sorrisi sbucano uno dopo l’altro e il nostro incontro può finalmente iniziare.
Era forse questo il clima di suspence perfetto per discutere di un libro che ha tutte le caratteristiche di un giallo, ha detto qualcuno, ma che può benissimo essere elencato tra i libri psicologici, ha aggiunto qualche altro? In effetti Simenon non ha scritto una storia con vere indagini e imprevisti, piuttosto un’analisi interiore e morale che utilizza gli elementi del crimine come cornice e che si incentrata su Tony e le sue passioni, un uomo intrappolato dal destino e dal giudizio sociale. Alcuni di noi, tuttavia, hanno riscontrato una storia semplice ma non lineare perché fino a metà libro non si capiva chi fossero le vittime, chi i vinti e chi i vincitori. E anche il finale ha destato qualche sospetto: chi ha ucciso davvero Gisèle? Andrée o sua suocera? E Tony? Lo sapeva? Era un complice? Cosa avrebbe potuto fare? Benché la maggioranza del gruppo fosse concorde nel ritenere Andrée la vera carnefice, il dubbio è rimasto nell’aria, come sospeso.
L’attenzione si è poi spostata sui due protagonisti, diametralmente opposti: Tony Falcone è un uomo ordinario (qualcuno ha insistito: banale!) perfettamente inserito nel contesto dell’epoca, che vive una vita comoda con la famiglia ma che è attratto da una passione extraconiugale che non sa né gestire né rifiutare. Ingenuo e rassegnato, ha ricordato ad alcuni
Lo straniero di Camus, seppur con le dovute differenze. Indeciso tra desiderio di avventura e attaccamento alla stabilità, subisce l’azione come se avesse più un credo; dall’altro lato Andrée Forrier, mai davvero descritta ma incredibilmente vivida. Decisa, assoluta, passionale. O tutto o niente. Per alcuni psicopatica, ossessiva e ossessionata, per altri semplicemente irresistibile, è il vero motore della storia, la più amata dai lettori e forse l’unica vera vincitrice della vicenda.
Tra loro non c’è amore in senso classico, più un
match di corpi che funzionano bene fisicamente, è stato suggerito, cosa che ha suscitato una certa invidia da parte di qualche maschietto. A chi ha trovato la passione troppo smorzata è stato risposto che la voce narrante è quella di Tony, di certo non un poeta dell’eros, che ci racconta gli eventi a posteriori durante gli incontri con il giudice, quando tutto ha preso i contorni sfumato del ricordo. Tutti hanno concordato sul sbilanciamento del loro rapporto: Andrée provoca, manipola, tesse la tela mentre Tony arretra, si deresponsabilizza, a tratti cerca di difenderla perché in effetti non l’accusa mai, ma si rifugia nel silenzio e nella sua codardia emotiva. E proprio lì, nel vuoto lasciato dalle sue omissioni, germoglia il tragico epilogo.
Anche i personaggi secondari sono stati messi sotto la lente di ingrandimento. Il giudice, il fratello, la figlia, la suocera e la stampa riflettono la pressione sociale che schiaccia i protagonisti, imponendo loro versioni contrastanti della verità. La comunità diventa, così, il giudice supremo che condanna e punisce, come accade ancora oggi nelle storie di cronaca nera che divoriamo nei talk show. Non ci sono prove indiziarie, Tony è colpevole perché così ha voluto il popolo.
Il libro, come accade spesso, ha suscitato reazioni contrastanti: qualcuno ha lamentato personaggi stereotipati e noiosi, un ritmo lento nell’attesa di un plot twist che non arriva e poi un finale un po' scontato; altri hanno notato un buon impianto narrativo, un linguaggio asciutto e preciso, un’impostazione intrigante e una buona alternanza tra momenti narrativi e ambiguità. La bravura di Simenon, comunque, è stata quella di raccontare una vicenda ordinaria con personaggi ordinari e farne un simbolo. La camera azzurra, infatti, diventa lo spazio del desiderio e della fuga dal grigiore della propria esistenza, ma anche simbolo dell’incapacità di un uomo a ribellarsi ad una vita comoda che non sa abbandonare.
Dopo tante analisi, è infine arrivato il momento delle presentazioni, che stavolta abbiamo tenuto per ultimo: hanno ripreso la parola Chiara, Antonella, Flavia e Nilde, nuove arrivate che si sono subito ben integrate, e Massimo, storico volto del gruppo di lettura ma che molti non avevano ancora mai incontrato e conosciuto.Dopo due ore di fitte indagini sul romanzo, solo un enigma è rimasto insoluto. Non riguardava Simenon né le psicologie dei suoi personaggi. Era più spicciolo ma non meno interessante: chi non ha saldato la propria consumazione?Lo scopriremo forse alla prossima riunione fissata per il 5 ottobre in cui parleremo di Arancia Meccanica, romanzo fantapolitico di Anthony Burgess.