Il libro del mese, o fratelli, è stato Arancia meccanica di Anthony Burgess.
In una location cinebrivido, i coraggiosi che hanno terminato la lettura si sono ritrovati per discutere di Alex e dei suoi soma. E non solo. La storia di questo adolescente, perverso e naturalmente malvagio, ha sicuramente suscitato opinioni forti, e anche la scrittura del libro in sé non è stata da meno. L’uso dello slang – che nella versione originale si rifà alle lingue slave – ha reso per qualcuno la lettura un po’ ostica, anche se il gruppo ha concordato che, una volta entrati nel ritmo, l’ostacolo non risultava così insormontabile.Il primo elemento che ha colpito indistintamente tutti è stata sicuramente la descrizione accurata, quasi morbosa, delle scene di ultraviolenza. Qual era la necessità di tanta precisione nel descrivere pestaggi, stupri, omicidi? La risposta che è emersa è che, nell’ottica dell’autore, era necessario “scendere all’inferno” per caratterizzare quanto la mente di Alex fosse genuinamente cattiva, non istigata da turbe, traumi o eventi negativi. Alex e i suoi soma sono annoiati, cattivi e presi da un delirio di onnipotenza: sono violenti semplicemente perché possono e ne hanno voglia.E la situazione non cambia quando, a causa di un tradimento, Alex finisce in prigione. Cosa ci si può aspettare dalla reclusione di uomini violenti in spazi ristretti? Violenza. Altra violenza. E qui termina la lunga rincorsa al vero tema dell’opera: infatti è per venire fuori dalla reclusione che Alex accetta di partecipare all’esperimento di riabilitazione.Ed è a questo punto che si è aperta la discussione più interessante. La riabilitazione non è altro che un esperimento pavloviano volto ad associare sensazioni di disgusto e malessere alla violenza, in modo che il soggetto non sia più fisicamente in grado di commettere atti violenti. E tutto questo è associato a una delle più alte espressioni della bellezza: la musica. Sebbene si fosse concordi sulla brutalità del metodo, ci si è interrogati sulla legittimità e sull’efficacia di tali pratiche.È giusto che lo Stato inibisca la capacità dell’individuo di scegliere?
Vale di più la garanzia di sicurezza o la libertà?
È consentito alle autorità l’uso della forza? E quando la forza diventa violenza?
È giusto reprimere la violenza con la violenza?Tutti interrogativi che hanno animato due ore di discussione tanto intensa quanto piacevole. Come sempre, la letteratura racconta l’uomo e lascia più domande che risposte.
Almeno fino alla prossima riunione!