Il ritorno alle attività dopo la pausa estiva del club del libro di Cosenza non poteva iniziare con maggior fermento.
Nella coloratissima Libreria Raccontami, il 20 settembre si e’ tenuto l’incontro dedicato all’analisi del capolavoro di Goliarda Speranza “L’arte della gioia”, che avvia la trilogia dedicata alle figure femminili più dirompenti della letteratura.
Il libro analizzato ha acceso un interessante e costruttivo dibattito.
Quale e’ lo scopo più profondo della letteratura?
Quale può essere la funzione propria di un libro così vulcanico, che racconta la vita di una donna/uomo, fragile/forte, silenziosa/rumorosa (come e’ stata definita durante l’incontro) che, dopo un’infanzia travagliata, ha affinato la sua arte della gioia, spesso calpestando le regole etiche e morali universalmente riconosciute?
Sul punto tra i presenti c’è stata una diversità di vedute.
Per alcuni il libro non deve moralizzare, deve anzi solo mostrare gli abissi in cui può cadere l’animo umano (proprio come Modesta, che non tanto accidentalmente cade nel pozzo, solo per ottenere il perdono sperato).
Per altri il libro ha lo scopo di dare risposte utili e fornire al lettore un metodo di riflessione, in un’epoca in cui si sta perdendo la capacità del pensiero critico.
Una cosa e’ certa. A Goliarda/Modesta non interessa molto comunicare con il lettore, si e’ infatti sottolineato come la lettura sia faticosa, a tratti alienante.
Si passa, infatti, dalla scrittura in prima alla terza persona, velocemente e senza freni, si inseriscono infiniti personaggi, tanto che nel dibattito si è’ rinviato a “Cent’anni di solitudine”, si hanno vuoti narrativi simili a buchi neri, in cui però l’arte dello scrivere riesce a rubare ogni lettore che riesce ad abbassare le barriere.
Si è’ poi sottolineato come Modesta non abbia nulla, in realtà, di umile, ma creda solo in se stessa, aborrendo ogni forma di ideologia o concettualizzazione, che la renderebbero schiava.
Infatti in età adulta la stessa rifiuta il ruolo di deputato, che la imbriglierebbe, preferendo diventare libraia ed educare i singoli soggetti, ripudiando infatti l’astrazione delle leggi.
Crede nell’amore liquido, negli affetti liquidi, perfino nell’educazione liquida, ritenendo infatti opportuno, in modo visionario per l’epoca di redazione, educare sia le donne (per proteggersi dalle distorsioni maschili) sia gli uomini (per scongiurare le distorsioni maschili).
Cosa ci insegna allora questo capolavoro così accecante?
Forse che per raggiungere la vera gioia, l’arte ci invita semplicemente ad abbassare le barriere e a sentire profondamente l’altro, uscendo dal sottosuolo buio e arido in cui un po’ tutti ci rintaniamo