La prima regola nei nostri incontri è divertirsi… la sfida è renderli sempre più vivi e pieni di attività.
Tradizionalmente Agosto è un mese di pausa per i raduni, un pò perchè è difficile incontrarsi per le ferie e un pò per via del caldo… ma abbiamo trovato la soluzione !!
Quale rimedio migliore al caldo del fresco della montagna… e perchè non aggiungere al mix anche un po’ di acqua dolce per rilassanti nuotate
In una splendida posizione panoramica nel cuore dei monti lattari, a Pimonte, amena località di collina a 350 metri sul livello del mare.
Panorama che toglie il fiato, aria fresca ed immersione nella natura cornice perfetta per chi ama leggere e il contatto con la natura.
La "casa del ghiro" è stata la scelta perfetta che ha fuso tutto in un unico luogo mettendoci a disposizione la una cucina di ottimo livello, la possibilità di effettuare passeggiate attraverso sentieri panoramici, di immeggersi in piscina o semplicemente di rilassarsi in solarium il tutto discutendo insieme del libro del mese.
Il nostro pranzo
..in attesa delle prossime adesioni che ci aspettiamo saranno sempre più numerose
Amica Geniale
perchè abbiamo anche un artista nel nostro gruppo
complimenti Maria
Regina indiscussa del nostro incontro, è stata ovviamente L’Amica Geniale. Romanzo meraviglioso, universalmente apprezzato senza eccezioni da tutto il gruppo. Ci siamo così tanto appassionati a Lenu’ e a Lilla e alle loro vicende da lasciarci pienamente coinvolgere cercando di comprenderne tutte le sfacettature.
Questo romanzo per il modo in cui è stato scritto, per le emozioni e la forza che riesce a trasmettere, per la descrizione della vita (nonchè delle strade, della cultura e della storia) del rione napoletano, deve avere, è opinione di tutti, una matrice fortemente autobiografica: racconta magistralmente delle famiglie, della violenza, delle rivalità, degli amori, dei segreti, delle conquiste e dei fallimenti di un intera generazione divisa tra egoismi, senso di rivalsa, superficialità e violenza.. il tutto sullo sfondo del crollo delle ideologie attraverso lo scorso cinquantennio.
Gli equilibri immutabili di un mondo regolato da leggi solo sue. Lo fa con uno stile chiaro, schietto, semplice ma vivo, mai inespressivo o inefficace. Con questa sua onestà di fondo delinea personaggi veri, di carne , ossa e sangue; tanto veri che durante la lettura ti sembra di conoscerli, di intuirne i pensieri più reconditi e di provare con loro le emozioni che hanno delinato il loro cammino. Si sofferma poi su questa amicizia prima tra due bambine (il lasso di tempo che prende appunto il primo romanzo) che diventeranno man mano adulte; un amicizia profonda, che le lega indissolubilmente al punto da essere l’una per l’altra una presenza significativa capace di influezarne il cammino e che nemmeno il tempo e lo spazio riescono a indebolire o a spezzare. L'unione di Lila e Elena è un legame forte e vero: è fatto di stima, amicizia, rancore, delusioni ma allo stesso tempo è indissolubile: appartiene a loro e alla loro crescita e niente può cambiarne la natura. Il romanzo inizia appunto con la scomparsa di Lila, non una vera e propria scomparsa, ma un suo desiderio di sparire, di non lasciare traccia della sua esistenza. Da qui Elena prende le mosse a scrivere, perchè non può permetterle di vincere, deve lasciare un documento che a testimonianza della sua brillante e esistenza. Non può esistere Elena senza Lila (viceversa sarà poi cosi?) e nel corso degli anni traggono forza l’una dall’altra, ma come dice la stessa Ferrante “ non solo nel senso di aiutarsi, ma anche nel senso di saccheggiarsi, rubarsi sentimento e intelligenza, levarsi reciprocamente energia”. Donne forti, rozze all’occorrenza, a volte imperscrutabili altre dipendenti dalle stesse persone da cui vogliono allontanarsi ma sempre straordinariamente caratterizzate e dotate di un complesso profilo psicologico. Un racconto che sorprende, incanta e lascia col fiato sospeso fino ad arrivare ad un evento macroscopico che incide sulla vita di lila e che inspiegabilmente la rende ai miei occhi più umana. E’ realmente autobiografico? questo rimarrà, il nostro dubbio, visto che Elena Ferrante, non ha nessuna voglia di dirci nulla di se stessa.
Alcune delle frasi che ci hanno coinvolto e un breve commento introduttivo
"La vita era così e basta, crescevamo con l’obbligo di renderla difficile agli altri prima che gli altri la rendessero difficile a noi."
La durezza del rione, ricorre spesso nel testo. Di come la cultura, gli usi e in generale quella violenza strisciante e nascosta nelle storie, nei termini e nel linguaggio, perfino nei comportamenti assimilati e dati per scontato abbia influenzato le vite di tutti i protagonisti.
“I soldi dello sfoggio venivano di lì. Morto don Achille, erano quell’uomo di colorito paonazzo, occhi azzurri, molto stempiato, e quella donna magra, col naso lungo e le labbra sottili, a prestare denaro a tutto il rione”
“Non ci sono gesti, parole, sospiri che non contengano la somma di tutti i crimini che hanno commesso e commettono gli esseri umani.”
L’usura, la camorra: appena accennata eppure sempre presente sullo sfondo, i drammi della napoli criminale dell’epoca e che ancora ben conosciamo.
“Lo sai cos’è la plebe, Greco?».
«Sì: la plebe, i tribuni della plebe, i Gracchi».
«La plebe è una cosa assai brutta».”
“«Sì».
«E se uno vuole restare plebe, lui, i suoi figli, i figli dei suoi figli, non si merita niente. Lascia perdere Cerullo e pensa a te”
…
“Poi aggiunse una frase che ricorderò sempre: «La bellezza che Cerullo aveva nella testa fin da piccola non ha trovato sbocco, Greco, e le è finita tutta in faccia, nel petto, nelle cosce e nel culo, posti dove passa presto ed è come se non ce l’avessi mai avuta».”
La predestinazione di Lila, è racchiusa tutta in quel padre inetto che nella sua inettitudine inchioda Lila al suo rione, ad essere “plebe”. Ed racchiusa
anche in quella rinuncia della maestra Oliviero che avverte la grandezza, la genialità di Lila e ne rimane folgorata ed infine quasi invidiosa, perferendo puntare sulla “eccellente normalità” di Elena e che le è per questo più vicina.
“«Sai cos’è la plebe?». «Sì, maestra». Cos’era la plebe lo seppi in quel momento, e molto più chiaramente di quando anni prima la Oliviero me l’aveva chiesto. La plebe eravamo noi. La plebe era quel contendersi il cibo insieme al vino, quel litigare per chi veniva servito per primo e meglio, quel pavimento lurido su cui passavano e ripassavano i camerieri, quei brindisi sempre più volgari. La plebe era mia madre, che aveva bevuto e ora si lasciava andare con la schiena contro la spalla di mio padre, serio, e rideva a bocca spalancata per le allusioni sessuali del commerciante di metalli. Ridevano tutti, anche Lila, con l’aria di chi ha un ruolo e lo porta fino in fondo.”
In questo passo si traccia il distacco tra Elena e il suo ambiente. Percepisce una distanza tra se stessa e quel mondo fatto di violenza, di commenti sopra le righe, di volgarità in cui invece Lila è pienamente integrata.
“C’era già allora qualcosa che mi impediva di abbandonarla. Non la conoscevo bene, non ci eravamo mai rivolte la parola pur essendo continuamente in gara tra noi, in classe e fuori. Ma sentivo confusamente che se fossi scappata insieme alle altre avrei lasciato a lei qualcosa di mio che non mi avrebbe restituito più. [...] ho fatto molte cose nella mia vita ma mai convinta, mi sono sempre sentita un po’ scollata dalle mie stesse azioni. Lila invece aveva, da piccola – ora non so dire di preciso se già a sei o a sette anni, [...] , la caratteristica della determinazione assoluta.”
“Qualcosa mi convinse, allora, che se fossi andata sempre dietro a lei, alla sua andatura, il passo di mia madre, che mi era entrato nel cervello e non se ne usciva più, avrebbe smesso di minacciarmi. Decisi che dovevo regolarmi su quella bambina, non perderla mai di vista, anche se si fosse infastidita e mi avesse scacciata.”
“ Salivamo lentamente verso il più grande dei nostri terrori di allora, andavamo a esporci alla paura e a interrogarla. Alla quarta rampa Lila si comportò in modo inatteso. Si fermò ad aspettarmi e quando la raggiunsi mi diede la mano. Questo gesto cambiò tutto tra noi per sempre.”
“«Chi ti ha insegnato a leggere e a scrivere, Cerullo?». Cerullo, piccola, scura di capelli e di occhi e di grembiule, col fiocco rosa al collo e sei anni di vita soltanto, rispose: «Io».”
“La sua prontezza mentale sapeva di sibilo, di guizzo, di morso letale. E non c’era niente nel suo aspetto che agisse da correttivo. Era arruffata, sporca, alle ginocchia e ai gomiti aveva sempre croste di ferite che non facevano mai in tempo a risanare. Gli occhi grandi e vivissimi sapevano diventare fessure dietro cui, prima di ogni risposta brillante, c’era uno sguardo che pareva non solo poco infantile, ma forse non umano. Ogni suo movimento comunicava che farle del male non serviva perché, comunque si fossero messe le cose, lei avrebbe trovato il modo di fartene di più.”
“Sebbene fragile nell’aspetto, ogni divieto davanti a lei perdeva consistenza. Sapeva come passare il limite senza mai subirne veramente le conseguenze. Alla fine la gente cedeva e addirittura, per quanto a malincuore, era costretta a lodarla.”
“Che bei discorsi. Le guardai la pelle bianchissima, liscia, non una screpolatura. Le guardai le labbra, la forma delicata delle orecchie. Sì, pensai, forse sta cambiando, e non solo fisicamente, anche nel modo di esprimersi. Mi sembrò – formulato con parole d’oggi – che non solo sapesse dire bene le cose ma che stesse sviluppando un dono che già conoscevo: meglio di come faceva da bambina, prendeva i fatti e li rendeva con naturalezza carichi di tensione; rinforzava la realtà mentre la riduceva a parole, le iniettava energia. Ma mi accorsi anche, con piacere, che appena cominciava”
Il tratto caratteriale che emerge già nell’infanzia: Lilla trascinatrice, sicura, determinata, che infonde energia e vigore alla realtà stessa, ed una Elena subalterna che segue la sua amica essendo motivata dalla sua energia.
“Infine mi annunciò che mi avrebbe mostrato il Vesuvio da vicino e il mare.
Fu un momento indimenticabile. Andammo verso via Caracciolo, sempre più vento, sempre più sole. Il Vesuvio era una forma delicata color pastello ai piedi della quale si ammucchiavano i ciottoli biancastri della città, il taglio color terra di Castel dell’Ovo, il mare. Ma che mare. Era agitatissimo, fragoroso, il vento toglieva il fiato, incollava i vestiti addosso e levava i capelli dalla fronte. Ci tenemmo dall’altro lato della strada insieme a una piccola folla che guardava lo spettacolo. Le onde ruzzolavano come tubi di metallo blu portando in cima la chiara d’uovo della spuma, poi si frangevano in mille schegge scintillanti e arrivavano fin sulla strada con un oh di meraviglia e timore da parte di tutti noi che guardavamo. Che peccato che non c’era Lila. Mi sentii stordita dalle raffiche potenti, dal rumore. Avevo l’impressione che, pur assorbendo molto di quello spettacolo, moltissime cose, troppe si spampanassero intorno senza lasciarsi afferrare. [...] In quel momento così tremendo, pieno di luce e di clamore, mi finsi sola nel nuovo della città, nuova io stessa con tutta la vita davanti, esposta alla furia mobile delle cose ma sicuramente vincitrice: io, io e Lila, noi due con quella capacità che insieme – solo insieme – avevamo di prendere la massa di colori, di rumori, di cose e persone, e raccontarcela e darle forza.”
Un bellissimo passo in cui la Ferrante ci porta per le strade di Napoli .. e sembra di essere lì insieme ad Elena.
“Non l’avevo mai vista nuda, mi vergognai. Oggi posso dire che fu la vergogna di poggiare con piacere lo sguardo sul suo corpo, di essere la testimone coinvolta della sua bellezza di sedicenne poche ore prima che Stefano la toccasse, la penetrasse, la deformasse, forse, ingravidandola. Allora fu solo una tumultuosa sensazione di sconvenienza necessaria, una condizione in cui non si può girare lo sguardo dall’altra parte, non si può allontanare la mano senza riconoscere il proprio turbamento, senza dichiararlo proprio ritraendosi, senza quindi entrare in conflitto con l’imperturbata innocenza di chi ti sta turbando, senza esprimere proprio col rifiuto la violenta emozione che ti sconvolge, sicché ti obblighi a restare, a lasciarle lo sguardo sulle spalle di ragazzo, sui seni coi capezzoli intirizziti, sui fianchi stretti e le natiche tese, sul sesso nerissimo, sulle gambe lunghe, sulle ginocchia tenere, sulle caviglie ondulate, sui piedi eleganti; e fai come se nulla fosse, quando invece tutto è in atto, presente, lì nella stanza povera e un po’ buia, intorno il mobilio miserabile, su un pavimento sconnesso chiazzato d’acqua, e ti agita il cuore, ti infiamma le vene.”
Un’altro intenso passaggio in cui Elena esprime il suo turbamento per aver visto la sua amica nuda forzandosi di non mostrarlo.
I grandi, in attesa di domani, si muovono in un presente dietro al quale c’è ieri o l’altro ieri o al massimo la settimana scorsa: al resto non vogliono pensare. I piccoli non sanno il significato di ieri, dell’altro ieri, e nemmeno di domani, tutto è questo, ora.
Questa frase fa riflettere molto sul modo di pensare dei grandi. Poniamo tutto in riferimento al passato con la conseguenza di soffermarci troppo, essere troppo riflessivi, crearci maschere e chissa' anche crearci problemi dove non ci sono. Alle volte dovremmo imparare a ragionare piu' come ragionano i piccoli, che guardano al presente e quello che sentono di fare o dire in quel momento alla fine lo fanno e basta. Piu' spontaneita' e meno riflessione per una vita migliore.
E chiudiamo questa rassegna citando Lila, ed il suo senso di rivalsa affidato alla sua amica geniale per la quale ovviamente vale il viceversa:
“Tu sei la mia amica geniale, devi diventare la più brava di tutti, maschi e femmine.”
Gli altri argomenti trattati
La scelta del prossimo libro del mese
proposte
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- Hosseini - E l'eco rispose[/il]
- Erri De Luca - Il giorno prima della felicità
- De Rienzo, Giuseppina - Vico del fico al purgatorio
- Wajdi Mouawad - Anima
Il libro scelto per il prossimo mese è Il Vico Del Fico Al Purgatorio di Giuseppina De Rienzo
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