Il primo marzo 2024, alle ore 18.45 alla Risorta Osteria del Re Fosco, nella saletta al primo piano, si riuniscono: Sandro, Beatrice, Enrico, Lorenzo, Dony, Giulia, Elena, Diego, Silvia, Guido. Il libro in discussione è L’Età dell’Innocenza, di Edith Wharton, pubblicato in quattro puntate nel 1920 e vincitore del premio Pulitzer, il primo attribuito ad una donna; dal romanzo è stato tratto un famoso film che molti dei presenti hanno visto. Guido ci riassume l’ambientazione storica del romanzo: negli anni Settanta del XIX secolo New York è una città già grande e ricca ma ben diversa da quel motore d’innovazione sociale e culturale che diverrà nel secolo successivo; quel ruolo al tempo è ricoperto da Parigi. Prospera ancora un esclusivo circolo di famiglie dell’altissima borghesia che difende il proprio datato stile di vita, con i suoi riti e le rigidissime convenzioni, rimanendo del tutto impermeabile alle altre classi sociali e diffidente nei confronti degli stimoli che arrivano dalla più evoluta società europea. Wharton, che aveva conosciuto quei luoghi e quella società nell’infanzia e ne era volentieri sfuggita, ne fa una ricostruzione accurata, raffinata, forse fin troppo lunga e dettagliata, come sottolineato da Beatrice; in questo contesto si muovono i protagonisti: Newland Archer, giovane brillante avvocato dalla mentalità aperta rispetto ai suoi coetanei ma incapace di sottrarsi fino in fondo alle regole di quel mondo; la sua promessa sposa May Welland, che incarna perfettamente il modello femminile di quella società: bella, sportiva, poco colta, solo apparentemente ingenua ed innocua; l’affascinante Ellen Olenska, cugina di May, rientrata a New York dall’Europa dopo la scandalosa separazione da un marito violento e infedele, dotata di una personalità troppo schietta e sensibile da essere accettata in quella realtà così formale. Tra Newland ed Ellen nasce subito un’attrazione profonda, poi un amore disperato che diviene impossibile. Newland finisce con lo sposare May e dirige altrove, nell’impegno politico, il proprio desiderio di libertà. Il rimpianto però rimane e, nelle pagine più significative del romanzo, egli, ormai uomo di mezza età e rimasto vedovo, rifiuta l’opportunità di rivedere Ellen dopo tanto tempo, per paura di rovinarne il ricordo. Ci domandiamo il perché del titolo del romanzo; concordiamo che l’unica davvero innocente e quella che paga il prezzo più alto è Ellen, che è rimasta sempre limpida e casta per non fare del male agli altri (non ha neppure tradito il marito, il segretario con cui è fuggita è stato solo un complice, come notano Giulia e Paolo), mentre May rappresenta, ironicamente, l’innocenza imposta, recitata: un titolo alternativo avrebbe potuto essere L’età dell’ipocrisia. Il romanzo è piaciuto a tutti; Giulia, Dony e Paolo, in particolare, hanno apprezzato la narrazione dei sentimenti, valida al di là del tempo storico in cui la storia si svolge, la malinconia e lo struggimento per quanto non si è vissuto fino in fondo, per le circostanze o per le proprie scelte o assenza di scelte. Al termine dell’incontro si è discusso il genere e il tema del libro di Aprile, concordando che sarà un romanzo contemporaneo, se possibile distopico, legato in qualche modo al Giappone e al tema della guerra. Dopo le 20 ci siamo salutati.
By Paolo