Sono andato tanto avanti con l'ascolto e sto per finire l'audiolibro e sinceramente anche io, come Alice, non l'ho trovato così asfissiante, cupo e deprimente.
Certo, l'argomento trattato e l'angoscia che trasmette al lettore il protagonista della storia, non lo rendono un romanzo semplice da affrontare. Tuttavia, trovo che in alcuni casi certi aspetti siano stati trattati anche con delicatezza.
Ad esempio, tutte le pagine dedicate a raccontarci la sua infanzia e le giornate spensierate con gli amici, servono per costruire un quadro felice, per poi farci riflettere su ciò che la guerra si è portata via...
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La società in cui ho vissuto che credo stia esalando l'ultimo respiro. E la pesca è una cosa tipica di quel momento. Penserete a cose che non appartengono alla società attuale. L'odea di stare fermi a pescare di fronte allo stagno per una giornata. Pace e sicurezza. La gente che ha inventato i nomi dei pesci non conosceva i mitragliatori, l'incubo del licenziamento e non passava la giornata a inghiottire aspirine e chiedersi come non finire in un campo di concentramento".
Un aspetto che mi è piaciuto tantissimo di questo romanzo è che la vita del protagonista attraversa due guerre, la prima e la seconda guerra mondiale.
Non ricordo di aver letto prima qualcosa di simile. Spesso, le persone della mia generazione, hanno letto principalmente racconti della sola seconda guerra mondiale. Penso ad esempio a
I sentieri dei nidi di ragno di Italo Calvino, seppur in quel caso la prospettiva sia esattamente quella di un bambino mentre qui il bambino è cresciuto
Però, con questo romanzo, ho percepito proprio la sensazione che deve aver provato chi, dopo aver superato la prima guerra mondiale, deve essersi ritrovato all'alba della seconda guerra mondiale, circondato da giovani che non avevano vissuto la prima e che non sapevano la devastazione, il disastro, l'abominio che porta una guerra nelle vite delle persone. Ad un certo punto, ho avuto quasi la sensazione che il 1939 raccontato fosse molto simile ai giorni che stiamo vivendo (e spero di sbagliarmi ovviamente), in cui sembra che le attuali generazioni stiano sottovalutando ciò che accade nel mondo. Non possiamo dire neanche che ce lo siamo dimenticato perché per dimenticarlo dovremmo averlo vissuto. Il problema forse è proprio questo... averlo vissuto o non averlo vissuto. Averlo vissuto solo tramite i racconti degli altri...
Molto interessante e condivisibile anche questa riflessione:
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In noi c'è un demone che non fa che sospingerci da un'idiozia all'altra. Pensate a cosa ci piace davvero fare e calcolate la frazione di vita che avete speso a fare quella cosa bella. Subito dopo fate il conto del tempo perduto a fare il resto. Dopo i 16 anni smisi di andare a pesca. Non c'era tempo..."
Sbaaaam! Randellata in faccia all'ascoltatore medio
con inevitabile pensiero a quanto la vita sia una soltanto e che, seppur parzialmente, la si stia sprecando in cavolate o in attività superflue o che non ci gratificano... meditiamo gente, meditiamo...