SINOSSI

"Oggi vivo lontano dalla Calabria e quando torno mi riempio gli occhi di azzurro e il cuore di gioia, vedendo e osservando la meravigliosa gioventù che gira per il mio paese. Io penso che i miei giovani siano i più belli e più trasparenti del mondo e mi chiedo se qualcuno ha raccontato mai loro le storie e le contraddizioni della nostra terra, così come sono state raccontate a me". Ventiquattro brevissimi racconti (ventiquattro ferite dolenti nel corpo sociale di un piccolo paese del Sud avvolto nelle nebbie della mentalità ancestrale) e ventotto poesie - quasi un controcanto - costituiscono la trama di questo libro, che antropologicamente si configura come un affresco di dissonanze e contraddizioni di vita.

RECENSIONE

Vedevo questo libro appoggiato sulla cassa del bar, quasi nascosto, ben custodito. Sbirciavo ogni tanto mentre pagavo il caffè o le tipiche "piparelle" di Villa San Giovanni (RC). Forse per questo don Giovannino un giorno lo aprì, mi fece leggere una poesia e dopo averla commentata insieme, mi prestò il volume di Graziella Tedesco Vi racconto una storia. Naturalmente "da leggere e da restituire". Con curiosità mi apprestai alla veloce lettura, ancor più perché ricevuto da una persona (direi un personaggio) anziano e autoritario, stimato e ben voluto, depositario di esperienze e storie infinite di più di mezzo secolo e che a sua volta potrebbe essere il protagonista di un libro. Sono grato a don Giovannino "del bar" perché il libro di Graziella Tedesco l'ho letto con voracità. Ventiquattro racconti brevi ambientati nel mondo rurale e rivierasco degli anni '50 e '60 dell'Area dello Stretto, tra l'entroterra di Reggio Calabria e i piccoli comuni limitrofi, mai citati ma grossomodo individuabili e qualche puntata alla dirimpettaia Messina. Storie che fanno riflettere, spesso con finali commoventi (come "Leo e Mietta" o "Azzurrina") e che offrono uno spaccato completo di una società del passato ormai disgregata. Storie si direbbe di "altri tempi" ma forse non tanto, quantomeno per gli aspetti sociali, antropologici e culturali (a volte sotto-culturali) ancora attuali. Un scrittura veloce, semplice, sintetica e lineare priva di orpelli, scevra da quegli elementi classici della memoria contadina fatta di tramonti, focolai domestici, profumi e sapori, tarantelle e riti della tradizione. L'autrice a volte appare obiettiva e distaccata come uno spettatore impotente rispetto a ciò che accade sulla scena e forse rassegnato perché in cuor suo conosce già l'esito del "fatto" o la fine della storia di quei personaggi realmente vissuti e la cui vita, aneddoto o impresa, rimangono nell'immaginario collettivo e vengono trasmessi oralmente nel tempo, diventando bagaglio di quella cultura vernacolare locale. Tanti uomini, donne e bambini protagonisti di vicende a volte drammatiche, a volte romantiche, a volte surreali, a volte legate ai fatti della storia. La storia nazionale, quella calabrese, ma ancor di più quella locale, che si costruisce giorno per giorno e "non quella accademica" come sottolinea l'autrice. Personaggi che comunque vivono stati diversi di sofferenza. L'agricoltore, il pescatore, il cacciatore, il trasportatore, le ricamatrici, la vedova, il soldato, il signorotto, l'imprenditore, il mafioso, il killer, lo studente, il commerciante. La famiglia contadina numerosa, quella benestante da sempre, quella mafiosa con tanto di faida costituiscono un universo di umanità in una terra piena di contraddizioni. Scrive Graziella Tedesco: "Oggi vivo lontano dalla Calabria e quando torno mi riempio gli occhi di azzurro e il cuore di gioia, vedendo e osservando la meravigliosa gioventù che gira per il mio paese. Io penso che i miei giovani siano i più belli e più trasparenti del mondo e mi chiedo se qualcuno ha raccontato mai loro le storie e le contraddizioni della nostra terra, così come sono state raccontate a me". I racconti di Adesso vi racconto una storia sono intervallati da ventotto poesie, brevi e intense, che evidenziano la nostalgia dell'autrice per una Calabria, lontana sia nel tempo che nello spazio. Poesie e racconti che esaltano il tormento di una donna colta, come tante emigrate dopo la laurea, la quale non si dà pace per una terra bella e impossibile, ricca di umanità ma anche di violenza ("dove c'è fame è difficile vedere la dolcezza" in famiglia), ricca di slanci di generosità, tipica dei piccoli e incantevoli borghi, ma anche scenario di lotte per la sopravvivenza, ricca di quella stratificazione di tante culture e atavico splendore oramai decaduto e allo stesso tempo vittima di ancestrale violenza, fame, incultura. Elementi che contraddistinguono quella società rurale fatta di stenti, di famiglie con tanti figli dedite al lavoro per il futuro dei figli e la cui speranza rimangono i figli. Figli che costituiscono il futuro, la progenie per la conservazione "della specie" e della famiglia, tutta proiettata al futuro. Un futuro incerto ma immancabile, a volte implacabile. Il dopoguerra è sofferenza, è privazione fisica oltre che della dignità e della libertà: antiche e mai scritte regole di comportamento vigono sugli uomini che a stento "sopravvivono" e sulle donne in nero che lavorano e accudiscono la prole. Civiltà matriarcali dove però è l'uomo a segnare il proprio destino e quello della propria stirpe. Luoghi in cui si è compressi tra l'essere "dòmiti" ma con "dignità" e schiavi delle baronìe prima (i "gnùri") e delle mafie dopo, perché da sempre è "ù rispettu" quello che conta. Senza se e senza ma. Il timore delle condizioni atmosferiche, il timore delle forze dell'ordine, il timore delle vendette, il timore delle angherie, il timore del signorotto locale, del brigante o del mafioso, il timore delle malelingue, il timore dei nemici, il timore dei congiunti, il timore di sbagliare. Pochi vivono fuori dal costante senso di timore che segna la vita di questi numerosi personaggi dipinti da Graziella Tedesco. Quei pochi che si ribellano e scappano, nei boschi come latitanti oppure al "nord" o all'estero come emigranti si salvano dalla lotta per l'esistenza, tipica del "ciclo dei vinti" di verghiana memoria. Lo stesso vale per i morti, per gli assassinati o per coloro che, purtroppo, muoiono dentro. Tutti in un modo o in un altro diventano liberi e rinascono. E se hanno successo, lontano, e magari diventano "qualcuno dal nulla", subiscono la naturale voglia della rivalsa ma raramente cedono all'istinto del ritorno, se non quello sporadico. In ogni caso essi rimangono riconoscenti a chi ha fatto loro del bene o semplicemente al loro passato per una sorta di inconsapevole "fedeltà". A quel passato, il proprio e della propria famiglia, odiato e amato. Guardando con nostalgia, per sempre, alle proprie origini, dalle quali mai ci si libererà. Per fortuna.

[RECENSIONE A CURA DI ROSARIO PREVITERA]

Autore Graziella Tedesco
Editore Pellegrini
Pagine 147
Anno edizione 2018
ISBN-10(13) 9788868226275
Prezzo di copertina 14,00 €
Categoria Contemporaneo - Attualità - Sociale - Psicologico