SINOSSI
C'è una voce che sale dal bosco: è quella di un vecchio albero che vive lí da sempre, e adesso vuole dire la sua. Perché anche le piante hanno una personalità, delle passioni, ciascuna ha un proprio carattere. Cercano sottoterra per guardare il cielo. Si studiano, si somigliano, si aiutano. La tribú degli alberi è una storia emozionante e avventurosa, vivacissima e millenaria. Che ci riguarda tutti da vicino e che nessuno meglio di Stefano Mancuso poteva raccontare. E se chi dice «io» avesse centinaia, forse migliaia di anni? Intorno a Laurin, nei secoli, si è svolta la storia di una intera comunità, e lui ora – con le radici ben salde nel terreno e la chioma ancora svettante nonostante l'età – ne ripercorre le vicende, le incomprensioni, le feste, i dubbi e le promesse. Le piante si organizzano in clan: c'è quello dei Cronaca, seri e coscienziosi, imbattibili nel raccogliere informazioni. Ci sono i Terranegra, i piú numerosi, originali e colorati, diversissimi tra loro. I temibili Gurra, alti e imponenti, sono taciturni (anche se al tramonto è facile sentirli cantare). I Guizza sciolgono i nodi delle scelte, pesano le decisioni e studiano i tramonti – mentre i Dorsoduro, instancabili scienziati, sono addirittura in grado di manipolare la percezione della realtà. Nella tribú degli alberi nascono amicizie speciali e legami indissolubili, qualcuno deluderà i compagni e qualcun altro li salverà. Una cosa li accomuna però: possono scegliere, e costruire un giorno dopo l'altro – se solo glielo permettiamo – il futuro del mondo in cui tutti abitiamo. Nessuno meglio di Stefano Mancuso ha saputo raccontare il regno vegetale, ma qui c'è la scoperta di una forma nuova, che coniuga la vivacità dell'apologo al rigore scientifico. Cimentandosi per la prima volta con la narrativa, il celebre botanico ha scritto una storia per tutte le età.
RECENSIONE
Un'amica mi ha prestato questo libro, e menomale, altrimenti difficilmente lo avrei comprato perché è uno di quei testi che non sceglierei per mia volontà, ma fortunatamente esiste "l'altro" che ti fa esplorare posti diversi a tal punto da poter incappare nel libro giusto al momento giusto. Ho letto questo libro dopo aver consegnato una relazione per un esame di geografia umana e culturale, in cui mi sono immersa e documentata in libri, giornali, teorie filosofiche, letterature giurisprudenziali, normative, pensieri di economisti e scienziati, per tentare di capire quale fosse stato e quale fosse oggi il rapporto tra l'uomo e la natura e come fosse possibile che da un pensiero unificante, tale relazione si fosse sgretolata a poco poco in un dualismo aberrante tra natura e cultura, preso ancora troppo sul serio nonostante le conseguenze che stiamo vivendo, che abbiamo causato e che stiamo patendo. Quindi, dopo aver sentito soltanto parole di allerta di esseri umani che esortano a cambiare radicalmente questo sistema, questo libro mi ha regalato un punto di vista più sincero, ossia quello di una tribù di alberi.
È un libro molto dolce e che mi piacerebbe, in realtà, definire come un leggero manifesto, un piccolo soffio di vento che si prende cura di chi, in questo momento così critico a causa di tutti i disastri ambientali, sta veramente soffrendo, cioè la Natura. La Tribù degli alberi è un libro attento e pacifico che non colpevolizza nessuno, ma rende lucidi su qualcosa che ancora non abbiamo capito, ossia che l'uomo non ha nessun dominio sulla natura, sia perché non ne ha le capacità, sia perché non è proprio della e nella natura dell'uomo puro combattere contro la natura, si sa che perderà. La Natura è stata sempre denominata con miliardi di appellativi: "matrigna", "madre", "benigna", "divina". Io credo che il migliore sia quello di "generatrice" perché ciò che non riusciamo a vedere ma che, al contrario sarebbe opportuno e impellente cogliere, è proprio l'ottica biotica in cui l'uomo e la natura sono dotati della vita, responsabili della vita e capaci, a loro volta, di offrire vita. Questo libro, con molta dolcezza, prende il punto di vista di una tribù di arbusti tutti quanti diversi, esattamente come noi, che cercano con ostinazione e, soprattutto, con l'aiuto di un'intera collettività di trovare spazio e modo per una sopravvivenza possibile, anche se nessun risultato potrà essere certo. Il loro ragionamento parte, in fin dei conti, da questa domanda: con quale diritto si potrebbe spegnere anche l'ultima speranza che guizza flebile, se l'interesse non riguarda il singolo ma tutti quanti all'interno di un sistema collettivo? Il pensiero dell'intero può superare le ostinazioni dell'individuo. Questo è l'insegnamento che ne ho tratto. A dire la verità, la struttura narrativa del racconto mi è sembrata incerta su alcuni punti che forse si potevano meglio spiegare e, al contrario, troppo dettagliata in altri che forse causavano la perdita laboriosa dell'immaginazione del lettore. Tuttavia, l'ho ritenuto abbastanza comprensibile da parte dell'autore perché penso sia difficile spiegare e parlare di una tribù di alberi, specialmente a un uomo, specialmente adesso. Nonostante ogni tanto, ammetto con sincerità, abbia trovato il carattere di alcuni personaggi eccessivamente versatili ai fini della narrazione e poco in armonia con essa, ritengo che il libro vada letto, oggi più che mai. È un libro alla portata di tutti, forse è proprio questo che lo riveste di una tenerezza brillante, perché abbiamo bisogno di questo tipo di sensibilizzazione e riflessione senza sentirci aggrediti, nonostante gli errori commessi. Non si tratta certamente di letteratura, ma è davvero una lettura piacevole e credo sia possibile imparare anche qualcosa di vero, al contrario, forse, delle mille informazioni da cui siamo assaliti tutti i giorni, la cui verità rimane sempre alle pendici del dubbio.
[RECENSIONE A CURA DI MIRIAM DI MICELI]
Autore | Stefano Mancuso |
Editore | Einaudi |
Pagine | 192 |
Anno edizione | 2022 |
Collana | Coralli Italiani |
ISBN-10(13) | 9788806254902 |
Prezzo di copertina | 17,00 € |
Prezzo e-book | 9,99 € |
Categoria | Contemporaneo - Attualità - Sociale - Psicologico |