SINOSSI
Rapito e condotto tra i ghiacci del Klondike, all'epoca della febbre dell'oro, Buck viene picchiato e costretto a divenire un cane da traino, sperimentando i molteplici volti dell'animo umano, meschinità e grandezza, cupidigia e altruismo, aggressività e affetto. Nelle molteplici esperienze apprende la fatica e l'orgoglio dei cani da slitta e si trova più volte costretto a lottare per sopravvivere, finché la lezione del bastone e della zanna fa riaffiorare in lui l'ancestrale istinto selvaggio. Sfruttato duramente dai suoi ultimi padroni, Buck viene salvato da John Thornton, con il quale ritrova l'amore per l'uomo. Ma il richiamo della foresta e della natura si fa dentro di lui sempre più irresistibile...
RECENSIONE
Il libro in questione, in realtà, è una raccolta di tre racconti: due brevi (il primo e il terzo) e uno più lungo, cui si deve ovviamente il titolo, che costituisce uno dei più grandi capolavori di Jack London.
Bâtard - volendo procedere con ordine - è la storia dell'odio reciproco che divide e al contempo unisce un cane (bastardo, per l'appunto, in quanto incrocio tra un lupo e un husky) e il suo padrone, Leclère. Alla base della narrazione risiede il concetto che l'attaccamento alla vita di ogni essere (umano o animale) è tale da permettere di sopportare sofferenze e privazioni inimmaginabili. Vale la pena cedere la parola direttamente al narratore: "[Il cucciolo] era indomabile. Nonostante gli striduli guaiti di dolore provocati dalla frusta e dal bastone, riusciva a tirar sempre fuori un ringhio insolente, quell'amara minaccia di vendetta della sua anima che attraeva immancabilmente sempre più percosse e pestaggi. Ma dentro aveva il tenace e stretto legame alla vita che era già stato di sua madre. Niente poteva ucciderlo" (p. 33). La lotta feroce tra Bâtard e Leclère condurrà entrambi, inesorabilmente, alla morte. Ma il senso generale non cambia: in particolare dal punto vista del cane, la sofferenza non autorizza a cambiare le prospettive del mondo, ma dona la forza per reagire e resistere, ad ogni costo. Perché la vita è una battaglia, e non c'è tempo per commiserarsi se si vuole sopravvivere.
Il concetto viene ribadito con forza nel celebre racconto che dà il titolo al volume, Il richiamo della foresta. Titolo la cui traduzione - quanto mai efficace sul piano evocativo - non rende in realtà giustizia all'originale "The Call of the Wild". La storia del cane Buck, infatti, non può essere ridotta a una generica e istintiva attrazione per la vita autentica al di fuori della civiltà dominata dall'uomo. Non si tratta, infatti, di andare verso qualcosa, ma di ritrovare una parte di sé. Come argomenta Davide Speranza nella sua acuta Introduzione, quello compiuto dal protagonista animale del racconto è "un cammino di consapevolezza" (p. 14). Nella wilderness (parola in definitiva intraducibile, che ha a che fare con l'ignoto, con l'indeterminato, con un universo che è selvaggio anche perché oscuro) Buck realizza se stesso, compie il suo destino come parte di un tutto che esiste al di là e al di fuori del tempo, e che si perpetua nella dimensione (verrebbe da dire onirica, seguendo London) degli istinti. E l'uomo? Il racconto lo abbatte inesorabilmente dal piedistallo su cui la cosiddetta civiltà pretende di averlo issato. Anche per lui vale la legge dell'ambiente che determina le scelte e le condizioni di vita; come qualsiasi altro animale, non è in grado di contrastare la forza vitale e al contempo distruttiva della natura. Senza l'arma dell'intelligenza, in uno scontro mortale per la sopravvivenza del più forte, l'uomo sarebbe sopraffatto molto più facilmente di un husky, riflette Buck nel finale: "Se non fosse stato per le frecce, le lance e i bastoni, non ci sarebbe proprio stata partita" (p. 156). Eppure è proprio la connessione che si crea con Thornton ad aprire al cane protagonista la strada della piena scoperta di sé. E ciò avviene perché l'uomo in questione, unico tra tanti, ama l'animale per quello che è, e non per la sua utilità come strumento per un fine. Imparando ad amare Thornton, Buck scopre come amare se stesso, accogliendo il richiamo della wilderness con uno slancio vitale nuovo e finalmente autentico.
Traducendo l'allegoria, London ci sta dicendo che la civilizzazione non potrà mai recidere il legame ancestrale con la natura, di cui siamo e saremo sempre parte. La caccia all'oro - simbolo di questo perverso percorso a tappe forzate verso un umanocentrismo sempre più ambizioso e totalizzante - si risolve in un patetico fallimento. Perché in fin dei conti siamo tutti diretti verso la wilderness, attratti da un misterioso richiamo, alla disperata ricerca di un significato ineffabile, che non siamo in grado di cogliere.
A nulla valgono i presuntuosi sforzi dell'uomo di dominare la natura con lo strumento della ragione. È questo il senso profondo del terzo e ultimo racconto del volume, intitolato Preparare un fuoco. Il protagonista - significativamente senza nome, a rappresentare l'uomo come specie prima ancora che come individuo - si avventura con il suo husky nelle terre desolate del Klondike, incurante del freddo estremo (sessanta gradi sotto zero) e delle raccomandazioni degli esploratori più esperti (mai viaggiare da soli con quelle temperature). La ragione si trasforma facilmente in protervia: "Se uno sapeva mantenere la calma era fatta", afferma l'uomo all'inizio del suo cammino (p. 174). Ma la ragione non è sinonimo di saggezza: questa appartiene piuttosto all'husky, che pur senza conoscere la scienza umana è in possesso di un sapere autentico, dettato dall'istinto. Per quanti sforzi possa compiere, l'uomo non potrà mai piegare la natura (della quale non è altro che semplice espressione), senza alcuna possibilità di dominio. La morte del protagonista, che lentamente si assopisce nella morsa implacabile del gelo dopo avere invano tentato di accendere un fuoco (simbolo della tecnica con la quale l'uomo si illude di poter competere con la natura), ha il sapore di un monito: al cospetto di quest'ultima, cade miseramente la maschera che l'uomo indossa per credersi padrone del proprio destino. Ad attenderci è l'ignoto. Quella wilderness di cui percepiamo il richiamo con seducente curiosità e angosciante orrore.
[RECENSIONE A CURA DI GIGIMALA]
| Autore | Jack London |
| Editore | Feltrinelli |
| Pagine | 190 |
| Anno edizione | 2015 |
| Collana | Universale economica. I classici |
| ISBN-10(13) | 9788807901812 |
| Prezzo di copertina | 9,00 € |
| Prezzo e-book | 1,69 € |
| Prezzo audiolibro | 8,95 € |
| Categoria | Azione - Avventura |

