Finalmente sono riuscita anch'io a leggere questo libro.
All'inizio ho fatto fatica a comprendere le intenzioni di Siddharta. Sicuramente è dovuto alle mie scarse nozioni sulla religione Buddista e sulla filosofia in generale di cui si trova spesso traccia nella trama.
Dopo aver compensato qualche lacuna è diventato via via più facile.
Oltre a tutto questo il protagonista non suscitava in me grosso interesse, lo trovavo arido e non capivo quale fosse il suo scopo.
In principio si comporta come se fosse una divinità e si sente in quanto tale svincolata dai comuni mortali, i quali osserva da una posizione privilegiata (o almeno così crede).
Il suo tentativo di ascendere mettendo in pratica dottrine che mortificano il corpo e privano di qualunque gioia, (che spesso risiedono nel "peccato"), rendondo il suo animo insoddisfatto.
Come può privarsi di ciò che ancora non ha conosciuto? E come può dire che solo privandosene conoscerà la vera felicità e libertà?
E infatti non durerà poi molto il suo percorso lungo questa strada. Dovrà umilmente fare esperienza di ciò che rende gli uomini tali. Provare gioia, dolore, piacere, conquiste, fallimenti, amore, tristezza e tutto ciò che fa parte di un bagaglio che racconta la nostra di storia.
Ecco perché ho apprezzato di più la seconda parte e non la prima, punto di partenza del vero cambiamento in Siddharta.
Come avete detto voi non c'è dottrina che possa fare luce su una verità assoluta, ne c'è saggio che possa dirti come raggiungere il nirvana e dirci qual è il senso della vita.
È l'esperienza del singolo che guida il cammino rivelando una personale verità, chiunque troverà motivazioni diverse su cosa possa dare senso alla vita e in cosa possa risiedere la chiave per la pace interiore.
Penso che la somma di ciò che apprendiamo con il vissuto costruisca il nostro sapere e da esso poi fioriscano le risposte che cerchiamo. La verità infatti non è fuori, ma dentro ognuno di noi.
Molto interessante il concetto sull'essere posseduto da uno scopo, perché ci distrae dal presente e in qualche modo ci rende schiavi di un ossessiva e affannosa ricerca che ci nega il "qui e ora".
A ciò si intreccia il concetto di tempo e riporto un dialogo che mi è piaciuto tantissimo:
"Hai appreso anche tu quel segreto del fiume: che il tempo non esiste?".
Un chiaro sorriso si diffuse sul volto di Vasudeva. "Si Siddharta" rispose.
"Ma è questo ciò che tu vuoi dire: che il fiume si trova dovunque in ogni istante, alle sorgenti e alla foce, alla cascata, al traghetto, alle rapide, nel mare, in montagna, dovunque in ogni istante, e che per lui non vi è che presente, neanche l'ombra del passato, neanche l'ombra dell'avvenire?".
"Si, questo" disse Siddharta. "E quando l'ebbi appreso, allora considerai la mia vita, e vidi che è anch'essa un fiume, vidi che soltanto ombre, ma nulla di reale, separano il ragazzo Siddharta dall'uomo Siddharta e dal vecchio Siddharta. Anche le precedenti incarnazioni di Siddharta non furono un passato, e la sua morte e il suo ritorno a Brahma non sono un avvenire.
Nulla fu, nulla sarà: tutto è. Tutto ha realtà e presenza". Siddharta parlava con entusiasmo; questa rivelazione l'aveva reso profondamente felice.
Oh, non era forse il tempo la sostanza di ogni pena, non era forse il tempo la sostanza di ogni tormento e d'ogni paura, e non sarebbe stato superato e soppresso tutto il male, tutto il dolore del mondo, appena si fosse superato il tempo, appena si fosse trovato il modo di annullare il pensiero del tempo?"
Credo che in futuro lo rileggerò, ha ancora qualcosa da dirmi