Eccomi puntuale al mio stesso appello
...al quale per il momento nessuno ha risposto, ma sia io che Stefania non "demordiamo"!!
Comincio io a dare il via alle danze con l'auspicio che qualcuno voglia unirsi, anche a discussione inoltrata...
Non conoscevo l'autore, ma ero incuriosita dal titolo che ha avuto un'eco rilevante, suscitando l'interesse di molti.
Non amo particolarmente la suddivisione in racconti brevi, ma il tema della resilienza femminile mi affascina, e qui ci ritroviamo a contatto proprio con la capacità delle donne di resistere al "vento contro" e, se mi focalizzo su questo aspetto, allora posso dire che, al momento, le mie aspettative sarebbero anche soddisfatte...ma non posso esimermi dall'affermare che dopo la lettura delle prime cinque storie, inizio a notare un certa propensione dell'autore a delineare i personaggi in modo approssimativo e ciò non gioca a favore dell'autenticità...purtroppo.
Nella storia di
Margherita il tema della ricerca della propria identità, che in sé trovo significativo, non viene trattato, nella mia opinione, con efficacia.
La ragazza che sceglie la missione di infermiera oncologica, a seguito della sua infanzia e adolescenza vissute in una sorta di veste di tirocinante -badante, inizialmente mi ha coinvolta, ma poi mi aspettavo un'evoluzione più articolata e complessa, un'introspezione più attenta della protagonista e un viaggio all'interno dei propri sogni e delle proprie aspettative più intenso e circostanziato.
Invece, è questo è un dato comune anche alle altre storie che ho letto finora, la storia termina senza il lettore possa entrare in empatia col protagonista, perché in realtà ne ha una conoscenza così epidermide da non poter entrare veramente in contatto col suo mondo...
Contesto finora proprio la labilità del romanzo nel coinvolgere il lettore
Non mi sento abbastanza coinvolta finora, ma mi vedo spettatrice distratta, eppure i temi hanno una certa rilevanza.
Nella seconda che vede protagonista
Aurora, il tema della scelta di non avere figli, e lo stigma sociale che ricade su tale scelta, inducono a riflettere su come la società plasmi e modelli, inducendo scelte obbligate e, fortunatamente non sempre, come nel caso di Aurora, sensi di colpa in coloro che non aderiscono alle attese sociali.
La scelta di avere o non avere figli per me non pregiudica il rapporto di coppia: ho sentito spesso dire che con i figli la coppia è più completa: non concordo affatto! Una coppia, con o senza figli, resta una coppia in cui il rapporto reciproco prescinde, fortunatamente, da qualsiasi scelta in merito.
Ritengo un danno per i figli, che ovviamente non chiedono di essere messi al mondo, la presenza, o dovrei dire l'assenza, di genitori non consapevoli della loro scelta, non pronti ad assolvere al loro difficile ruolo e soprattutto non coscienti della loro volontà di essere o meno genitori.
Non sono propensa a credere al richiamo...all'istinto materno/paterno...credo che la genitorialità sia una scelta razionale oltre che affettiva e soprattutto consapevole, che nasce dal desiderio di voler donare amore incondizionato a qualcuno che dal momento in cui nascerà semplicemente come idea, sarà per sempre al centro della nostra esistenza...
Ma nel contempo non credo che la coppia debba necessariamente impoverirsi a seguito della nascita dei figli...anche se l'evento rende ovvio un nuovo equilibrio...
Dalla lettura della storia di Aurora, mi sembra quasi che l'autore propenda per l'idea che la coppia senza figli sia quella perennemente innamorata a discapito di quella che con l'arrivo dei figli termina di essere coppia... mi sembra un cliché della serie:"Il matrimonio è la tomba dell'amore..." e i figli sono :"...il colpo di grazia!"...
In realtà l'assortimento della coppia Aurora-Filippo
mi sembra un po' forzato...e la storia poco autentica.