Buongiorno.
Di primo acchito il racconto mi ha interessata poco, mi è sembrato un normalissimo processo di separazione di un ragazzino troppo legato alla madre e mi ha anche leggermente infastidita. Sono più abituata a vedere bambini ansiosi di sperimentare e di crescere contrapposti a madri preoccupate che rimpiangono la fusione iniziale con il pargolo.
Però pian piano ho cominciato a comprendere quanto possa essere limitato l'universo di un fanciullino ricco, orfano di padre, allevato in una specie di simbiosi con la madre in un ambiente ovattato.
In seguito ho provato una leggera ansia immaginando i pericoli che si possono incontrare quando ci si confronta con il mondo senza avere armi, difese, esperienze o anche il supporto di amici o fratelli maggiori.
E così, da una iniziale insofferenza verso l'atteggiamento troppo dipendente del ragazzino, mi sono ritrovata a fare il tifo per lui e a considerare troppo superficiale ed egoistico l'atteggiamento della madre. Fin qui, solo reazioni emotive.
Però, ripensandoci,
bravino
l'autore a portarmi dove vuole lui nel corso della lettura!
E qui inizia una parte più riflessiva del mio commento, perché sto considerando la capacità della scrittura di Moravia nel descrivere le vicende con pennellate sfumatissime; infatti l'autore riesce a far evolvere le situazioni mantenendo una prosa apparentemente piatta, con un ritmo ingannevolmente monotono. Eppure le cose accadono, i cambiamenti ci sono, le rivelazioni sono sconvolgenti tanto da poter segnare un prima e un dopo.
Spero di non aver anticipato nulla della trama, per questo magari riprenderò il commento quando anche le vostre letture saranno più avanti. Io ho trovato l'audiolibro letto da Alba Rohrwacher e l'ho ascoltato.
A dopo.