Bibi ha scritto: Ma il vero protagonista di questo racconto è il dolore, e così mi viene da pensare che il contrario di "vita" non è "morte" ma "dolore".
Mi viene da pensare che "Morte" in questo caso è più un sinonimo di "fine". Chi muore smette di vivere; i suoi occhi non vedranno più, le sue orecchie non udiranno più, né le sue mani accarezzeranno.
Il vero problema è di chi resta. Chi resta fa i conti tutto i giorni col dolore. Molti giorni perde, e crede di morire, ma è ancora lì, a guardare il soffitto con gli occhi inondati dalle lacrime, a percepire il dolore che annienta le viscere, a scrivere la preghiera di poter risentire la sua voce anche solo per in attimo.
Diventa questa la vita di chi soffre. Un'infinita sofferenza. Un dolore incessante. Poi provi a reagire, combatti, ti sforzi di dimenticare, nascondi le lacrime fra le ciglia e i lamenti nei rumori della giornata. Sembra andare meglio ma non avevi fatto i conti col ricordo. Quello che arriva inavvertitamente a tagliatri in due il cervello. Ad atterrarti solo con un pugno. E ricominci.
Soffri perché l'hai perso, soffri perché te l'hanno portato via, soffri perché lo cerchi, Dio, e lui non c'é, Soffri perché soffri. E avanti così finché non arriverà la rassegnazione Che molte volte non arriverà mai.
Dov'è la rassegnazione delle madri che sopravvivono ai figli?
Quando una persona cara, carissima va via, muore con lei una parte di te. Ed è quella parte che ha vissuto fino a quel momento l'amore che le hai donato e che ne hai ricevuto.
E' un dolore straziante, totalizzante, soffocante. Ti sembra di non poter respirare nonostante l'aria non manchi, ti sembra di non poter mangiare nonostante il cibo abbondi, ti sembra di non poter più vivere nonostante la vita intorno a te continui a scorrere come sempre.
Una parte di te ti viene strappata dall'anima e sai, realizzi dolorosamente, che da quel momento non potrai più condividere nulla con la persona amata: né gioie, né dolori, né passioni. Niente. Nulla.
Si crea un vuoto. E quel buco nero rimane lì. Pronto a palesarsi ogni volta che il ricordo di chi non c'è più torna a galla.
Te la prendi con il mondo, gli uomimi, Dio in persona.
Io non ho chiuso né con il mondo né con gli uomini ma con Dio. Non perché lo accusi di qualche cosa...semplicemente mi sono accorto che non esiste. Non c'è. Solo la proiezione delle nostre debolezze, delle nostre necessità. Basta chiuso. Mi sono liberato di questo fardello che mi era stato inculcato da bambino.
Adesso libero da questo peso, piango per chi non c'è più ma non mi dispero. Non c'è logica nella vita e nella morte. C'è la vita e la morte. Punto e basta.