Martedì, 04 Novembre 2025

"L'evento" di Annie Ernaux

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24/12/2024 12:37 - 24/12/2024 12:38 #69109 da guidocx84
"L'evento" di Annie Ernaux è stato creato da guidocx84
Sì, lo so, l'argomento di cui tratta questo libro non è molto da vigilia di Natale, anzi... è triste, è forte, può provocare rabbia, delusione, sgomento... ma fa riflettere su un tema importantissimo e ancora tanto attuale : il diritto all'aborto. Quindi, per chi se la sente, se come me avete finito il Libro del Mese e vi va di leggere qualcosa insieme che ci dia altri spunti di discussione, propongo la lettura e la discussione condivisa. Io lo ascolterò mediante audiolibro nei prossimi giorni (è molto corto, circa 2h di ascolto).

Il romanzo della Ernaux, premio nobel per la letteratura nel 2022 , è autobiografico. Riporto di seguito la descrizione presa da IBS .

Narrando la cronistoria di un avvenimento doloroso ma anche umanamente e politicamente trasformativo, Ernaux innalza la sua voce esattissima, e per questo irrefutabile, contro i silenzi, i ricatti e le ipocrisie delle istituzioni e delle coscienze, e ci disvela un episodio rimosso del suo grande affresco autobiografico.

«Ernaux riesce di nuovo a immergersi nel suo passato e tradurlo in un racconto collettivo, districandosi con soave ma lucida ferocia tra ciò che concerne la legge, la vita e la morte. Ma soprattutto l’essere madre.» – Sette

«Un’altissima, universale dichiarazione d’amore per la scrittura, quasi un manifesto della sua necessità.» – Tuttolibri

«Il vero scopo della mia vita forse è solamente questo: che il mio corpo, le mie sensazioni e i miei pensieri divengano scrittura.»

Nel 1963, in seguito a un’analisi del sangue, Annie Ernaux scopre di essere incinta e decide di interrompere la gravidanza. L’aborto è illegale in Francia – addirittura la parola stessa è bandita, non ha un suo «posto nel linguaggio» – e la giovane Annie è costretta a seguire vie clandestine. La lotta per questo diritto non ancora divenuto tale e lo scontro con un universo clinico e sociale «che impedisce alla donna di dirsi e di pensarsi» sono al cuore di questo spietato libro della grande autrice francese.

«Heaven goes by favor. If it went by merit, you would stay out and your dog would go in.» Mark Twain
Ultima Modifica 24/12/2024 12:38 da guidocx84.
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25/12/2024 12:21 - 25/12/2024 12:32 #69118 da Scalpo fluente
Risposta da Scalpo fluente al topic "L'evento" di Annie Ernaux
Buongiorno  e buon Natale a tutti.
Mi fa piacere la proposta di questo libro perché cade nel momento giusto. Avevo da tempo intenzione di avvicinarmi ad Annie Ernaux, ma l'avevo messa nel magazzino mentale di "un giorno o l'altro".
Quello che gli studiosi della memoria non sanno, ma i bibliofili sì, è che non esistono solo le tre canoniche forme di memoria, cioè la memoria a lungo termine, la memoria a breve termine e quella di lavoro, quella che ci fa ricordare di andare a "girare il sugo", per intenderci. C'è anche la memoria del "prima o poi", quel tarlo che ti rammenta che ci sono tante letture in sospeso.
Per me Annie Ernaux era uno di questi tarli, quindi ho colto la palla al balzo e ieri sera ho iniziato il libro. Ho solo l'edizione francese, ma riesco a capirla all'80%. 
Però, proprio perché non avevo nessuna idea sull'autrice, ho letto qualcosa in giro, compresa la discussione qui sul forum su "La vergogna".
Poi ho iniziato il libro, e all'inizio sono stata colpita dall'apparente mancanza di partecipazione emotiva della narrazione. Riflettendoci, però, mi viene in mente la distanza tra gli eventi narrati e la scrittura del libro: troppi anni, per poter ancora sentire l'impatto dell'evento.
Come dice anche mulaky nella discussione su "La vergogna", spesso quelli che crediamo ricordi vividi sono invece frutto di una rielaborazione successiva. Anche se la protagonista de "L'evento" ha a disposizione un piccolo diario sulle tappe di quella storia penosa, tutto il resto potrebbe essere filtrato e appannato dagli anni trascorsi. 
Agli inizi ero infastidita dal distacco della rievocazione ma dopo una notte di riposo mi sono svegliata di tutt'altra opinione. Infatti adesso penso che la storia diventi più potente se lasciamo parlare solo i fatti nella loro spietatezza.
Aggiungo solo un'ultima considerazione: ma davvero crediamo che essere incinta metta in gioco solo il proprio progetto di vita e il rapporto con il proprio corpo? Secondo me una gravidanza smuove, in una donna, soprattutto il tipo di rapporto con la figura materna, certo non sempre consapevolmente.
Me la immagino, questa studentessa ventitreenne, che pensa alla propria madre interiorizzata, dicendo: "non sarò mai come te".  E da quel poco che ho letto in giro certo lei non apprezzava la propria madre.
Ora però la memoria di lavoro mi sta dicendo di andare a girare il sugo.
Vado, e ci sentiamo ancora se qualcun altr* avrà voglia di partecipare. 
ciao da susy
 
Ultima Modifica 25/12/2024 12:32 da Scalpo fluente.
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26/12/2024 13:00 - 26/12/2024 16:09 #69133 da guidocx84
Risposta da guidocx84 al topic "L'evento" di Annie Ernaux
Ciao Susy! Grazie per aver scelto di condividere con me questa lettura! Mi fa molto piacere! 

Non avevo mai letto niente della Ernaux. Ho ascoltato il libro in un paio d’ore e trovato questo suo breve "pezzo di vita" enormemente potente. Sarà un libro che ricorderò e che mi ha dato tantissimi spunti di riflessione durante la lettura.

Il primo è questo: secondo voi, il rapporto tra le pagine di un libro e la quantità di spunti di riflessione che sa generare nel lettore, è una metrica utilizzabile come valutazione dell'eccellenza dello scrittore?

Secondo me sì (soprattutto se il libro sa generare tali spunti di riflessione in una moltitudine di lettori). Secondo me, un grande scrittore o una grande scrittrice riescono con poche parole a costruire un'esperienza di lettura profonda, indimenticabile, intensa, come lo è stata per me questo libro.

Per un uomo, leggere un libro del genere, in cui viene sviscerato tramite una storia di vita vera l'argomento dell’aborto, credo sia utile per cercare di calarsi lentamente e in punta di piedi verso un mondo di cui conosce veramente poco e che ha creato a moltissime donne tanta sofferenza, soprattutto molti anni fa, come al tempo in cui si svolge la narrazione (seppur l'argomento sia ancora attuale). Lo trovo utile dunque ad aumentare la nostra sensibilità sul tema e nei confronti della donna.

Ernaux scrive del senso di vergogna che provava chi abortiva come della disapprovazione negli altri che venivano a saperlo. Dice anche: "Era impossibile determinare se l'aborto era proibito perché era un male o se era un male perché era proibito. […] Si giudicava in base alla legge, non si giudicava la legge […] La parola aborto non viene pronunciata quasi non fosse parte del linguaggio".

Io sono nato nel 1984, e oggi certi diritti sono più o meno garantiti ma non ovunque e non nello stesso modo. Al netto delle difficoltà che provano le donne in un contesto del genere, fa riflettere molto anche la frase che chiama in causa la legge, poiché può applicarsi anche ad altre leggi, ad esempio mi viene in mente quella sulla pena di morte, di cui abbiamo discusso recentemente qua sul Forum.

Mi sono domandato se non sarebbe sensato stabilire di sottoporre a revisione periodica certe leggi, soprattutto quelle che toccano temi etici e morali, ad esempio tramite referendum, affinché siano "adattate continuamente" (aggiornate) al contesto socio-culturale dello Stato in cui si applica la legge.

Da questo punto di vista, un'attualizzazione del tema la fa la stessa Ernaux, che paragona la legge di allora sull'aborto alle leggi di oggi sull'immigrazione, facendo un parallelismo tra chi praticava abusivamente/non praticava l'aborto e gli scafisti che traghettano i profughi.

Procedendo con la lettura, è stato interessante anche capire come Ernaux abbia vissuto il suo rapporto con gli altri durante il periodo in cui cercava di abortire.

Scrive: "Il desiderio che mi spingeva ad aprirmi non teneva conto né delle idee né dei possibili giudizi dei miei interlocutori. Nell'impotenza in cui mi trovavo, raccontare la mia situazione era un gesto le cui conseguenze mi lasciavano indifferente, con le quali cercavo di trascinarli nell'attonita visione del reale".

Qua secondo me si percepisce tutta la sua urgenza di comunicare, di trasmettere al mondo le sue esperienze, aspetto di cui troviamo conferma anche successivamente, quando si riferisce alla sua storia come "un'esperienza umana della vita e della morte, del tempo, della morale, della legge, un'esperienza vissuta attraverso il corpo."
Mediante la scrittura di questo libro dice di aver cancellato il suo unico senso di colpa in merito al suo aborto: che sia successo e che non ne abbia fatto nulla. Invece, il libro, il tramandare ai posteri quanto le è accaduto, è così importante per lei da doverlo fare per senso di necessità. E qui trovo dei parallelismi con le motivazioni del Premio Nobel per la letteratura assegnatole nel 2022: «per il coraggio e l'acutezza clinica con cui svela le radici, gli allontanamenti e i vincoli collettivi della memoria personale».

Concludo con un altro paio di riflessioni.

Molti parlano del tema dell'aborto dal punto di vista della donna. Anche questo libro, di fatto, è un’autobiografia di una donna. Lungi da me volerlo necessariamente portare verso l'uomo però ho pensato che sarebbe interessante leggere storie che narrino gli stessi eventi vissuti dall'esterno, nello specifico dal punto di vista di un'altra donna o di un'uomo (ad esempio, di un/una compagno/a oppure di un/una marito/moglie della donna che abortisce), così come sarebbe interessante leggere storie di chi pratica o ha scelto di non praticare l'aborto (mi riferisco ai medici in questo caso). Credo che testi del genere consentirebbero un approfondimento ancor più a 360° dell'argomento (penso a dilemmi etici, morali, a temi legati alla religione, ecc. C'è letteralmente un mondo dietro un argomento del genere). Non so se esistono libri che narrano questo genere di storie. Magari qualcuno ha un suggerimento da condividere in merito ad una lettura fatta in passato o di cui ha sentito parlare e che vuole condividere qua.

Infine, per risponderti Susy sul tema della mamma che hai sollevato, sono d'accordo con te. La stessa autrice, riferendosi alla mammana che le praticò l'aborto, scrive: "senza saperlo mi ha strappata a mia madre e mia ha gettata nel mondo". Il riferimento alla madre non mi pare casuale.

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Ultima Modifica 26/12/2024 16:09 da guidocx84.
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26/12/2024 16:58 - 26/12/2024 17:01 #69144 da Scalpo fluente
Risposta da Scalpo fluente al topic "L'evento" di Annie Ernaux
Guido ha scritto:
<< Secondo voi, il rapporto tra le pagine di un libro e la quantità di spunti di riflessione che sa generare nel lettore, è una metrica utilizzabile come valutazione dell'eccellenza dello scrittore?>>
Mmm.. la prima risposta che mi viene è che dipende dal target. Faccio un esempio. Io adoro "I turbamenti del giovane Törless" perché  lo trovo un libro di grande valore introspettivo, mentre molte persone lo trovano noioso. 
Così, se il libro della Ernaux lo leggessero delle persone poco interessate a temi sociali, tipo la casalinga di Vigevano o il sacrestano di Manduria (e chiedo scusa a queste categorie) direbbero che è una boiata pazzesca. Però tu puoi dirmi che queste persone non leggono la Ernaux, e che c'è una selezione a monte. E allora ti rispondo: allora il valore di uno scrittore potrebbe essere misurato in proporzione agli spunti di riflessione che suscita nei lettori, solo se i lettori venissero selezionati in modo random.
Scusami, ho un attacco di pignoleria ma è pur vero che noi (intendo per noi le persone di media cultura, educazione, tenore di vita) commettiamo l'errore di pensare che tutti abbiano idee illuminate, tolleranti, al passo con i tempi. 
Una volta, anni fa, tornavo in autobus dall'università, e avevo con me una copia della tesi di laurea che riguardava la violenza sessuale. Seduto accanto a me c'era un signore anziano che conoscevo di vista;  occhieggiò il titolo della mia tesi e esclamò: "Vabbè, ma che c'è da dire? Se io ho fame e vedo una bistecca me la mangio!" Io ero agghiacciata, gli risposi solo che non avevo intenzione di discutere contro argomenti così odiosi, scesi dall'autobus e poi non lo salutai mai più. Ma c'è chi la pensa così e non lo dice. Questo vale anche per lo stigma relativo all'aborto. La strada per acquisire nuove convinzioni è ancora tutta in salita. 
*
Torniamo al libro della Ernaux.
A parte le mie piccole difficoltà linguistiche con il francese,  come ad esempio credere che la protagonista stesse cercando di inserire nell'utero un'anguilla (aiguille nel  testo), ho trovato molto realistiche le scene più "tecniche" come
Attenzione: Spoiler!
, mentre ho trovato fin troppo minimaliste le considerazioni relative alle angosce della protagonista. 
Si intuisce in parte il suo stato d'animo quando lei, durante la vacanza natalizia in montagna, si slancia in evoluzioni pericolose sugli sci, come se volesse farsi del male, come se non avesse  quasi più nulla da perdere. Questa è disperazione.
Ma l'incubo, all'epoca, era ben più pesante. Cito le parole di una mia conoscente molto anziana che ha vissuto l'aborto illegale: <<Entravi in quel luogo (dalla mammana) senza sapere se ne saresti uscita viva o saresti finita in qualche bidone della spazzatura>>.
Ecco, dalle parole della mia amica attempata ho capito che, a prescindere dallo stigma, dalla paura dell'illegalità, dal dolore, dalla solitudine, dalla vergogna, la paura enorme era quella della setticemia, della perforazione dell'utero, della morte.
E' possibile che tutto questo bagaglio di esperienze sia stato cancellato dalla possibilità (aleatoria) di abortire in maniera asettica? Non credo, anche perché sembra che il ricorso alla clandestinità possa tornare, se le strutture mancano e la situazione peggiora.
E, cosa ancor più delicata, è possibile che un uomo anche se colto, non sessista, aperto e disponibile, possa comprendere fino in fondo questa angoscia sepolta nel retaggio mentale di ogni donna? Fino in fondo, credo di no.
Per questo apprezzo moltissimo che tu, Guido, dica
<<Per un uomo, leggere un libro del genere, in cui viene sviscerato tramite una storia di vita vera l'argomento dell’aborto, credo sia utile per cercare di calarsi lentamente e in punta di piedi verso un mondo di cui conosce veramente poco>>.
Però non è solo quel mondo, che l'uomo conosce poco. 
A parte il discorso della contraccezione, che da sempre è stata in massima parte una responsabilità della donna, sono troppe le cose sulle quali l'uomo in genere non si interroga. Perché ogni volta che c'è un gruppo di condivisione di esperienze, un gruppo sulla comunicazione emotiva, una qualunque iniziativa di approfondimento personale, ci sono in media dieci donne e al massimo un uomo?
Adesso mi viene in mente una cosa che forse non accadrà mai: vedere, in una stanza, venti uomini seduti in cerchio a discutere sul tema: "La mia compagna ha avuto un aborto. Come lo vivo io? Cosa sento?"
Sarebbe possibile, oggi come oggi, in italia?
Ovviamente non è un discorso contro gli uomini, ma è una delle tante facce del problema, che si chiami educazione affettiva o in qualunque altro modo vogliamo chiamarlo.
Ciao da susy

 
Ultima Modifica 26/12/2024 17:01 da Scalpo fluente.
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27/12/2024 18:48 - 27/12/2024 18:49 #69148 da guidocx84
Risposta da guidocx84 al topic "L'evento" di Annie Ernaux

Una volta, anni fa, tornavo in autobus dall'università, e avevo con me una copia della tesi di laurea che riguardava la violenza sessuale. Seduto accanto a me c'era un signore anziano che conoscevo di vista;  occhieggiò il titolo della mia tesi e esclamò: "Vabbè, ma che c'è da dire? Se io ho fame e vedo una bistecca me la mangio!" Io ero agghiacciata, gli risposi solo che non avevo intenzione di discutere contro argomenti così odiosi, scesi dall'autobus e poi non lo salutai mai più. 
Ciao Susy! Allucinante l'episodio del tizio sull'autobus... 
Che schifo...  

A parte il discorso della contraccezione, che da sempre è stata in massima parte una responsabilità della donna, sono troppe le cose sulle quali l'uomo in genere non si interroga. Perché ogni volta che c'è un gruppo di condivisione di esperienze, un gruppo sulla comunicazione emotiva, una qualunque iniziativa di approfondimento personale, ci sono in media dieci donne e al massimo un uomo?
Adesso mi viene in mente una cosa che forse non accadrà mai: vedere, in una stanza, venti uomini seduti in cerchio a discutere sul tema: "La mia compagna ha avuto un aborto. Come lo vivo io? Cosa sento?"
Sarebbe possibile, oggi come oggi, in italia?
Ovviamente non è un discorso contro gli uomini, ma è una delle tante facce del problema, che si chiami educazione affettiva o in qualunque altro modo vogliamo chiamarlo.

La scena che ti è venuta in mente rappresenta proprio un esempio di ciò che intendevo io quando mi riferivo alla curiosità di analizzare il problema da una prospettiva diversa. Questo non per togliere l'attenzione sulla donna che vive sulla sua sua pelle l'aborto ma per includere nella riflessione/discussione anche l'uomo che, seppur in maniera diversa, vive anch'egli l'esperienza.
Concordo con te che questa è una delle facce del problema e ritengo che per questo argomento, così come per altri molto importanti come la violenza sulle donne, sia indispensabile estendere il più possibile la platea degli interlocutori, soprattutto agli uomini, possibilmente già in giovane età. Serve un cambio di mentalità, di cultura e sociale.

Personalmente non saprei rispondere alla tua domanda sul perché in un gruppo sulla comunicazione emotiva o in una qualunque iniziativa di approfondimento personale ci siano in media più donne che uomini (cosa che peraltro è stata dimostrata anche qua su Il Club del Libro dove, discutendo di libri, ovviamente tendiamo ad aprirci, a raccontare le nostre emozioni e qualcosa delle nostre vite). 

Immagino che un antropologo potrebbe spiegarcelo ma non avendone uno a disposizione, e volendo provare ad alimentare questa discussione, ho chiesto all'Intelligenza Artificiale:

Sei un antropologo e ti viene chiesto di rispondere a questa domanda: "Perché ogni volta che c'è un gruppo di condivisione di esperienze, un gruppo sulla comunicazione emotiva, una qualunque iniziativa di approfondimento personale, ci sono in media dieci donne e al massimo un uomo?" Fornisci una risposta motivandola.

La risposta che mi ha dato contiene in effetti qualche spunto interessante e delle verità a mio modo di vedere. La incollo di seguito.

---

Questa discrepanza di genere nei gruppi di condivisione di esperienze e comunicazione emotiva può essere attribuita a una combinazione di fattori culturali, sociali e psicologici. Ecco alcune considerazioni per spiegare questo fenomeno:

 
1. Ruoli di genere e socializzazione
  • Fin dalla giovane età, uomini e donne vengono socializzati in modo diverso. Alle donne è spesso insegnato a valorizzare la connessione emotiva, l'empatia e l'espressione dei sentimenti, mentre agli uomini viene enfatizzata l'importanza della forza, dell'autosufficienza e del controllo emotivo.
  • Questo schema di socializzazione può rendere più facile per le donne sentirsi a proprio agio in spazi dove si discute di emozioni e vulnerabilità, mentre gli uomini possono percepirli come incompatibili con le aspettative sociali di mascolinità.
 
2. Norme culturali sulla vulnerabilità
  • La vulnerabilità è spesso stigmatizzata nella costruzione della mascolinità tradizionale. Partecipare a un gruppo di condivisione potrebbe essere percepito da molti uomini come un’ammissione di debolezza o di "fallimento" nell’essere autosufficienti, a causa delle norme culturali che associano l'espressione emotiva a una mancanza di forza.
 
3. Ambienti percepiti come più femminili
  • I gruppi di condivisione o di comunicazione emotiva sono spesso associati a spazi dominati da valori e pratiche considerate "femminili" nella società. Questo può scoraggiare la partecipazione maschile, anche in contesti dove non c'è una reale esclusione.
 
4. Priorità e interessi percepiti
  • Gli uomini potrebbero dare priorità a interessi e attività che sono culturalmente ritenuti più "maschili", come attività sportive, tecniche o legate alla carriera, piuttosto che a iniziative di introspezione personale.
  • Questo non significa che gli uomini non abbiano interesse per l’approfondimento personale, ma potrebbero scegliere modalità diverse, come il coaching professionale o attività più strutturate.
 
5. Pressioni di gruppo e paura del giudizio
  • Gli uomini potrebbero temere il giudizio sociale per aver partecipato a questi gruppi, sia da parte di altri uomini sia all'interno del gruppo stesso, specialmente se si sentono in minoranza.
 
6. Trend demografici e accesso a risorse
  • Le donne, in media, partecipano più frequentemente ad attività di cura di sé, comprese quelle psicologiche o di crescita personale, come riflesso di una maggiore tendenza a cercare aiuto per il benessere emotivo.
 
Conclusione
. Il fenomeno non riflette una minore capacità degli uomini di partecipare a tali attività, ma piuttosto una complessa rete di fattori sociali e culturali che influenzano il comportamento. Per aumentare la partecipazione maschile, sarebbe utile creare spazi di condivisione che sfidino gli stereotipi, promuovendo un ambiente che valorizzi la vulnerabilità e il benessere emotivo come aspetti universali e non legati al genere.

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Ultima Modifica 27/12/2024 18:49 da guidocx84.
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27/12/2024 19:20 #69150 da Scalpo fluente
Risposta da Scalpo fluente al topic "L'evento" di Annie Ernaux
Quando chiedi una cosa complicata all'I.A  lei (?)  ti risponde così

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Avatar di mulaky mulaky - 29/10/2025 - 10:03

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Avatar di bibbagood bibbagood - 16/10/2025 - 21:24

Ciao!Sìsì lo abbiamo già pubblicato, trovi il link nell'ultimo numero della newsletter :) buona lettura!

Avatar di Marialuisa Marialuisa - 16/10/2025 - 17:22

Ciao! Ma mi sono persa il resoconto dell'ultimo raduno di Bologna?? Mi piacerebbe molto leggere il seguito della "saga" !! Dove posso trovarlo??

Avatar di monteverdi monteverdi - 14/10/2025 - 12:55

Buongiorno, sono un appassionato di cinema e romanzi di vario genere. Il mio autore preferito è John Fante, ultimamnete leggo molto i gialli di Manzini. Mi piace scrivere.

Avatar di Nonna Iaia Nonna Iaia - 10/10/2025 - 10:14

Ciao a tutti!Amo i libri da sempre ma solo ora, in pensione, riesco finalmente a leggere!Mi appassionano le storie vere, le biografie ed i romanzi storici perché mi consentono di conoscere i fatti da diverse prospettive arricchendo, spero, il mio senso critico. Integro i romanzi con saggi di geopolitica e di storia. È la prima volta che mi iscrivo ad un Gruppo di Lettura e sono molto curiosa e contenta di poter condividere i miei pensieri ed emozioni con voi.Grazie

Avatar di Manuela Zennaro Manuela Zennaro - 01/10/2025 - 18:14

Buon pomeriggio sono Manuela e scrivo da Roma. Ho 59 anni (quasi 60, in realtà), sono una giornalista enogastronomica di professione, lettrice onnivora per passione. un saluto a tutti!

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