mulaky ha scritto: Ma era un bambinetto questo Sherlock Holmes che dici tu! Non va bene

Ti ho dato due riferimenti agli antipodi: in Piramide di Paura era uno Sherlock alle prime armi ma il bello è proprio vedere come nel corso del film affina le sue doti di investigatore già evidenti (così come Steven Spielberg stava affinando le sue doti di regista altrettanto evidenti).

Nell'altro caso abbiamo l'esperto attore di fama mondiale Ian McKellen che rende onore all'ultima indagine irrisolta di Sherlock.

Meritano entrambi. Nel mezzo, solo Benedict Cumberbatch!



Comunque onore a Doyle per aver creato un personaggio così affascinante che ancora oggi appassiona milioni di lettori!

Io vado un po’ a rilento e sono ancora al quarto capitolo, anche se la lettura mi sta piacendo molto.
Anche io sono fortemente influenzato dalla figura di Benedict Cumberbatch, ma devo dire che leggere il libro fa capire quanto poca sia originale la serie e quanto geniale sia stato Doyle a creare questo personaggio.

Ho visto anche il film con Ian Mckellen (un grandissimo) e mi è piaciuto molto.

Ho appena finito e il giudizio è positivo. La seconda parte sembra staccata dalla prima e, ammetto che,

Ovviamente tutto ciò che per Holmes è “elementare”, non è chiaro per il resto della compagnia. Mi sembra che Lestrade e Gregson (ma direi tutta la polizia) siano dipinti volutamente come incapaci, non tanto paragonandoli a Holmes (il confronto sarebbe impietoso per chiunque), ma proprio come incompetenza per il ruolo importante che hanno.

in effetti la seconda parte, all'inizio lascia un po' interdetti...

comunque, la sensazione rimane assolutamente positiva: i personaggi sono interessanti e la storia mantiene sempre quel giusto brivido, necessario per un giallo.

proseguendo la lettura dell'intera seria, forse, non lo metterei al primo posto, ma tra i migliori si.

sicuramente, lo schema del romanzo è quello classico del giallo e quando si leggono diversi gialli comincia ad essere interessante uno schema diverso...però questa non è responsabilità di Conan Doyle

Ho terminato la lettura.
In tutta sincerità a me è piaciuta più la seconda parte. Forse perchè, avendo letto in precedenza i racconti di Sherlock Holmes, non è stata una novità né il suo personaggio, né il suo modo di investigare.
E' stata invece una sorpresa questa seconda parte, che non mi aspettavo.
Sono una discreta lettrice di gialli, genere che da sempre mi appassiona e a memoria non ricordo una struttura come questa di Uno studio in rosso. Forse qualcuno mi potrà smentire portando degli esempi. Comunque l'idea del prequel in seconda parte mi è piaciuta e ho trovato intrigante la storia dei mormoni.
Posso dire di aver trovato un Doyle più acerbo e meno accurato rispetto a quello dei racconti che sono successivi.
In questo caso ho letto l'edizione Feltrinelli che consiglio. L'appendice è l'autobiografia di Conan Doyle che vale la pena leggere. Spiega la nascita del suo personaggio, Doyle si è ispirato ad un medico suo insegnante ai tempi dell'università, che applicava lo stesso metodo scientifico, che poi ritroviamo in Holmes, per dedurre notizie sui suoi pazienti.

Anche io ho terminato, con la usuale lentezza.
A me è piaciuta tantissimo la seconda parte! E' vero che all'inizio lascia un po' perplessi (come siamo finiti in America?), ma poi diventa sempre più avvincente seguire le tracce dell'assassino e vedere l'omicidio dal suo punto di vista.
Ho apprezzato moltissimo la rappresentazione della vendetta, anzi direi la Vendetta, perché se dovessi spiegare a qualcuno che vuol dire questa parola, gli direi di leggere la seconda parte del libro.
La vendetta è descritta come un atto freddo, calcolato, quasi "scientifico" (al pari del lavoro di Holmes, che rappresenta la controparte dell'assassino). E' disumanizzante (l'assassino muore sostanzialmente nel momento in cui decide di vendicarsi; la sua vita finisce già lì), ma anche "divina" (il gioco delle pillole lo dimostra: "there is death in one and life in the other (...) Let us see if there is justice upon the earth"). In un'ottica puramente retributiva della pena (ampiamente diffusa anche ai giorni nostri), la vendetta è giusta e l'assassino è un "officer of justice".

Frase preferita: "What you do in this world is a matter of no consequence (...) The question is, what can you make people believe that you have done".

Ho apprezzato moltissimo la rappresentazione della vendetta, anzi direi la Vendetta, perché se dovessi spiegare a qualcuno che vuol dire questa parola, gli direi di leggere la seconda parte del libro.
La vendetta è descritta come un atto freddo, calcolato, quasi "scientifico" (al pari del lavoro di Holmes, che rappresenta la controparte dell'assassino).

E' proprio così che immagino la vendetta e Doyle ha rappresentato perfettamente il concetto.
Però proprio mi rimanere difficile capire il discorso delle pillole e la loro presenza mi ha deluso
L'assassino passa anni ad inseguire chi gli ha distrutto la vita e come giustamente osservato da @davpal3 nel momento in cui medita la vendetta è come se morisse, perchè non ha più vita e poi che fa? Affida tutto al fato!
No mi dispiace scientifici e freddi fino alla fine
Forse Doyle voleva far apparire "giusto" l'omicidio.

Nautilus ha scritto:

Ho apprezzato moltissimo la rappresentazione della vendetta, anzi direi la Vendetta, perché se dovessi spiegare a qualcuno che vuol dire questa parola, gli direi di leggere la seconda parte del libro.
La vendetta è descritta come un atto freddo, calcolato, quasi "scientifico" (al pari del lavoro di Holmes, che rappresenta la controparte dell'assassino).

E' proprio così che immagino la vendetta e Doyle ha rappresentato perfettamente il concetto.
Però proprio mi rimanere difficile capire il discorso delle pillole e la loro presenza mi ha deluso
L'assassino passa anni ad inseguire chi gli ha distrutto la vita e come giustamente osservato da @davpal3 nel momento in cui medita la vendetta è come se morisse, perchè non ha più vita e poi che fa? Affida tutto al fato!
No mi dispiace scientifici e freddi fino alla fine
Forse Doyle voleva far apparire "giusto" l'omicidio.

Non trascurerei neanche l’ipotesi che l’assassino fosse sostanzialmente divenuto pazzo e convinto di agire come strumento della Provvidenza

Nautilus ha scritto: Però proprio mi rimanere difficile capire il discorso delle pillole e la loro presenza mi ha deluso
L'assassino passa anni ad inseguire chi gli ha distrutto la vita e come giustamente osservato da @davpal3 nel momento in cui medita la vendetta è come se morisse, perchè non ha più vita e poi che fa? Affida tutto al fato!
No mi dispiace scientifici e freddi fino alla fine
Forse Doyle voleva far apparire "giusto" l'omicidio.

La seconda parte del romanzo è improntato, in parte, alla religione dei Mormoni, quindi secondo me l'idea dell'omicidio "giusto" perché il fato ha voluto così (fato, Dio, ecc.) ci sta eccome e, infatti,

Il discorso pillole si sposa perfettamente con la costruzione del romanzo di Doyle.
@davpal3 tendo a pensarla come te e non mi dilungo sul perchè altrimenti ci infiliamo in discorsi off topic, ma credo che la ricostruzione esatta sia quella di @mulaky
Solo che nella mia visione di vendetta - se mai dovessi diventare vendicativa - il fato non è previsto. Il mio era un discorso soggettivo, purtroppo tendo ad immedesimarmi nei personaggi che incontro leggendo e quando ho letto delle pillole mi è caduto un mito, l'assassino ha rischiato di far saltare tutto
Scherzi a parte è stata veramente una bella lettura, Doyle scrittore geniale.