Gioco anch'io questa manche con una favola liberamente ispirata alla Bella Addormentata e ad una manciata di canzoni, che mi son servite da ispirazione

.
C’era una volta - e forse ci sarà ancora - un mondo libero: libero nello Spazio, libero dal Tempo. Come i sogni, che non hanno confini. O come l’amore, che si crede eterno.
Ma chi sogna - o chi ama - libero non è, perché appartiene al mondo reale, ove tutto ha un inizio, e tutto ha una fine ...
La Bella Addormentata, tuttavia, confondendo i piani, s’era persuasa d’essere immortale. E lo stesso aveva fatto anche il Principe, che aspirava a condividerne la sorte.
Pertanto, anche nei momenti di veglia, entrambi si comportavano come se il tempo non esistesse: vivevano così, alla giornata, senza rimpianti per il passato e senza preoccupazioni riguardo al futuro, verso cui nutrivano solo rosee aspettative.
Un bel giorno, però - tanto inaspettatamente quanto inevitabilmente - il Fato si decise a bussare anche alla loro porta, a dimostrazione che avevano fatto male i conti.
Che fine poi abbiano fatto, non è lecito sapere: ognuno è appunto libero di trarre le conclusioni che più gli aggradano.
Coloro che hanno sempre i piedi ben piantati a terra, ovviamente, immagineranno quei due poveri illusi costretti alfine a rivedere le proprie convinzioni e a riconoscere il loro tragico errore.
Ma a noi, con la testa tra le nuvole, piace pensare diversamente. E che su una cosa, almeno, essi non si fossero del tutto sbagliati. E cioè che i sogni non muoiono mai.
Basta crederci …
KISS ME
- una favola dark -
I
Una sera di maggio, poco dopo il tramonto, Lorens ed Estella passeggiavano in giardino, in attesa di quei fuochi artificiali che avrebbero celebrato una delle loro tante ricorrenze.
Nonostante la primavera inoltrata, un vento gelido spirava da occidente, sibilando tra le fronde e sospingendo un cumulo di neri nuvoloni, che presto avrebbero offuscato il cielo sopra le loro teste.
Lontani bagliori lasciavano ormai presagire l’arrivo di un temporale.
A un tratto, un brivido percorse le loro schiene.
- Tutto bene? - , domandò lui.
- Oh sì … - rispose lei. – Sto bene: ho solo un po’ freddo … - .
Non vi fu tempo di scambiare altre parole: uno scoppio annunciò l’inizio dello spettacolo, e i due innamorati tacquero.
Ma pur restando in silenzio, più volte, nel corso della serata, tornarono a guardarsi: allora timidamente sorridevano, quasi a rassicurarsi.
Quei sorrisi celavano un sottile turbamento: nessuno osò però confessare all’altro ciò che realmente aveva provato, quando quel brivido lungo la schiena era passato …
II
Sul finir dell’estate, una ragazza camminava lungo le scogliere poste ai margini del mondo, sola con i suoi pensieri.
Clima e paesaggio s’intonavano perfettamente al suo animo inquieto.
Sopra di lei il cielo, grigio, era rigato da un’insistente pioggerellina, che sembrava volesse penetrarle nelle ossa. Sotto di lei il mare, in burrasca, urlava e biancheggiava, come in una famosa poesia.
- Ehilà! - chiamò una voce.
Laggiù, quasi sul bordo del precipizio, la fanciulla non scorse nessuno; eppure qualcuno continuò a parlarle. Così ella ascoltò, quasi si trattasse della propria coscienza.
- Mia cara Estella: il Tempo passa per tutti … - si sentì dire - e nessuno può sfuggire al proprio Destino. E anche tu dovrai rassegnarti. A meno che … - .
Ed ecco che qualcosa luccicò in mezzo alle rocce. Chinatasi per raccogliere, la ragazza si ritrovò tra le mani una piccola fiala, contenente un liquido trasparente. Sembrava fosse acqua.
- E’ un elisir - spiegò quindi la voce. - Chi lo beve, vivrà per sempre! - .
A quelle parole, Estella ritrovò di colpo l’allegria. Rideva ed esultava, saltellando qua e là.
- Che bello, che bello! Grazie, grazie mille … - gridava. - Ora mi sento nuovamente felice! E … ce n’è dell’altro? Ma cosa dico: non importa! Lo dividerò con … - .
- No, attenta: non lo fare! – fu l’ammonimento. - Non esistono altre fiale: solo questa, e basterebbe appena per uno soltanto. Cerca dunque di farne buon uso … - .
Il soffio del vento, che s’alzò minaccioso, pose quindi fine al dialogo, portandosi via uno dei due interlocutori e costringendo l’altro - col cuore gonfio e sotto una pioggia battente - a volgere mestamente i passi verso casa.
III
A casa, Estella trovò Lorens in preda ad una strana agitazione.
- Ero in ansia per te - disse lui, con voce tremante. - Dove sei stata? Temevo d’averti perduta … - .
La fanciulla non rispose, ma da quelle parole intuì come l’animo dell’innamorato fosse angustiato dalle sue stesse, indicibili, paure.
Desiderò allora consolarlo. E proteggerlo. Perciò, abbracciandolo forte, disse: - calmati: ora sono qui. E non tormentarti: andrà tutto bene … - .
Sentì allora di aver maturato un’improvvisa decisione.
Con la scusa di doversi cambiare gli abiti bagnati, salì in camera, recuperò una penna e scrisse velocemente poche righe su un bigliettino, che poi nascose - insieme alla boccetta che aveva ancora stretta in pugno - nello scrigno dei gioielli, che per antica abitudine teneva chiuso a chiave.
Quindi, con ritrovata serenità, si preparò per la cena, indossando per l’occasione uno dei suoi migliori sorrisi. L’immagine riflessa nello specchio confermò: era bellissima …
A tavola, gli innamorati riuscirono finalmente a mettere da parte tristi presagi e cattivi pensieri, dedicandosi unicamente a loro stessi. Trascorsero una serata incantevole, come da tempo non succedeva.
E quando in casa si spense l’ultima candela, s’accesero le stelle, a illuminare la nottata.
Erano così vicine, che sembrava si potessero toccare con un dito …
IV
Certe giornate d’autunno regalano, talvolta, cieli striati d’azzurro ed insperati sprazzi di sole.
Quella sembrava proprio una di quelle giornate, che invogliano a passeggiare tra i boschi.
I due fidanzati, quasi dimentichi delle recenti malinconie, camminavano allegramente tenendosi per mano, inspirando aria pura nei polmoni ed ammirando tutt’intorno le varie sfumature di colori che il paesaggio offriva.
D’un tratto la ragazza ebbe un’idea: - giochiamo a nascondino? -. Il ragazzo l’assecondò volentieri.
Così, voltandosi, cominciò a contare: - 1 … 2 … 3 … - , mentre Estella, velocemente, correva a nascondersi tra gli alberi.
Giunto a 100, Lorens cominciò le ricerche: i dolci richiami di lei, le sue risate cristalline, il crepitio delle foglie secche sotto la suola delle scarpe, servivano da orientamento.
Ma non appena gli sembrava di averla finalmente scovata, eccola dileguarsi nuovamente, zigzagando tra gli alti tronchi di quella fitta selva.
La inseguì a lungo, finché – già cominciava ad imbrunire – la stanchezza prevalse. Decise allora di por fine al gioco, dichiarandosi vinto. Ma della fanciulla, ormai, s’erano perse le tracce: scomparsa, svanita, perduta!
- Estella, Estella! - Nella profondità della foresta riecheggiava ora un disperato appello, cui però nessuno rispose.
Poi l’oscurità avvolse tutto, e fu solo silenzio.
V
Procedendo a tentoni, Lorens riuscì finalmente ad imboccare il sentiero che conduceva fuori da quell’intricato groviglio di rami e di foglie e che s’inerpicava su, per una collina.
In cima sbucò in una piccola radura, cinta da alti cipressi e da un muro in mattoni, interrotto da un cancello in ferro battuto.
Appoggiando una mano, il giovane spinse lievemente l’inferriata, che cigolando s’aprì.
Sotto la fioca luce lunare, inizialmente, non riuscì a distinguere altro che l’ombra delle croci piantate a terra. Ma poi, ritta e immobile di fronte ad una lapide, gli parve di scorgere anche un’altra figura. Fece un passo avanti, poi chiamò: - Estella! - . Ma non ebbe risposta.
Col cuore in gola avanzò allora ancora un altro poco, riducendo progressivamente le distanze, finché non si trovò giusto alle sue spalle. - Estella … - sussurrò appena.
Solo allora la figura si voltò, mostrando il suo viso.
Sì, non s’era sbagliato: era proprio lei! Bianca come un fantasma, le labbra atteggiate a mesto sorriso e gli occhi velati di lacrime: ma si trattava pur sempre d’Estella!
- Cosa fai qui sola? - chiese lui, in tono supplichevole. – Su, andiamo: vieni via! E’ tardi: dobbiamo tornare a casa … - . Ma ella, senza parlare, scuoteva la testa, in segno di diniego.
Egli tentò perciò di prenderla per mano, ma questa – improvvisamente - svanì al suo tocco. Poi, lentamente, svanì anche tutto il resto.
Fu in quell’istante che Lorens lesse il nome della fanciulla inciso sulla lapide. Non aveva avuto nemmeno il tempo di dirle addio ...
VI
Non rassegnandosi alla scomparsa dell’amata, Lorens continuò ad inseguirne il fantasma per ore, perlustrando ogni angolo del cimitero, invocando ripetutamente il suo nome.
Poi la pallida luna, nel cielo, venne celata da una nube di passaggio.
Allora, nell’oscurità della notte, il ragazzo si sedette presso la tomba dell’innamorata, vagheggiando un impossibile ritorno.
Infine – deluso e stremato – abbracciò la fredda pietra, chiuse gli occhi e s’addormentò, precipitando nel mondo dei sogni …
VII
Alle prime luci dell’alba accadde nuovamente qualcosa di strano.
Lorens era ancora sdraiato nei pressi di quella tomba su cui tante lacrime aveva versato, da inumidire la terra. Lì, durante la notte, erano spuntati alcuni fiori, dai tenui colori e dal dolce profumo, che avevano finito con l’intrecciare i loro steli fino a comporre una ghirlanda.
E proprio su quella ghirlanda, riaprendo lentamente gli occhi, l’innamorato rivide … Estella!
Se ne stava adagiata, lunga e distesa, cerea in volto, gli occhi chiusi e le labbra serrate. Pareva stesse dormendo ...
- Svegliati amore, svegliati … ti prego! – gridò Lorens, balzando su immediatamente e scuotendole il braccio. Ma ella non si mosse, non si volse e non rispose: una statua di marmo.
Il giovane volle ancora una volta illudersi, immaginando che bastasse un po’ di calore, per rianimarla. Si chinò quindi a baciare la fronte dell’amata, prendendole al contempo una mano, per riscaldarla tra le sue.
Solo in quel momento s’accorse ch’ella teneva le dita serrate in un pugno. Le allargò allora delicatamente, ad una ad una, finché qualcosa, tintinnando, cadde al suolo: una piccola chiave ... Ma non fece in tempo a raccoglierla, che il corpo della fanciulla si dissolse un’altra volta, come un sogno nell’aria del mattino.
Altro non rimase che quella piccola chiave.
Osservandola, stranito, Lorens si ritrovò a congetturare le ipotesi più disparate, arrivando anche ad immaginare che potesse aprire uno scrigno colmo di ricchezze.
Sorrise allora amaramente: quale tesoro l’avrebbe mai ricompensato per la perdita del suo amore?
VIII
Sarebbe difficile spiegare come Lorens fece a ritrovare la strada di casa: fatto sta che rincasò.
Chiusa la porta alle spalle, non mangiò nulla ma si buttò sul letto: avrebbe voluto dormire per sempre. Ma non riuscì a prender sonno.
Continuava a ripensare a quel ch’era successo, accusando se stesso per essersi prestato a quel gioco infantile ch’era stato preludio alla scomparsa della ragazza.
E intanto rigirava tra le dita quella stupida chiave, che sembrava non avesse alcuna utilità.
Ma ad un tratto, ecco che l’occhio cadde sullo scrigno degli ori, posto lì, in bella vista, accanto alla specchiera.
Si tirò su di scatto, s’avvicinò al portagioie ed infilò la chiave nella serratura: clic, e il coperchio s’aprì.
Rovistando, tirò fuori anellini, collanine, braccialetti ed orecchini in quantità, fin quando - sul fondo - ritrovò prima la boccettina, che pose momentaneamente da parte, poi il bigliettino, che cominciò invece avidamente a scorrere con gli occhi.
C’era scritto così: “Amore, un Destino terribile incombe su di noi ... Ma non temere: tu lo vincerai! Ecco il mio regalo per te, purtroppo l’ultimo ... E’ un elisir. Bevilo: vivrai per sempre! - .
Il resto lo lesse tra le lacrime, che cadendo bagnavano il foglio …
IX
Trascorsero alcune settimane, arrivò l’inverno. Dietro ai vetri appannati di una finestra, nel silenzio della casa, Lorens osservava tristemente i resti di un mondo in decomposizione, che aveva vissuto tempi migliori.
Oh quant’era diverso, ora! Cieli plumbei, rami rinsecchiti, gelide brinate, fiori appassiti …
Il quadro era poi incorniciato da una spettrale foschia, che avanzando inesorabilmente inghiottiva ogni cosa, facendola sparire per sempre in un eterno, squallido grigiore.
Unica nota di colore, le foglie rosse cadute dagli alberi, che trasportate dal vento insanguinavano qua e là la campagna: tutto stava morendo, nulla sarebbe sopravvissuto.
Solo un uomo, in mezzo a tanto sfacelo, poteva ancora sperare di salvarsi, grazie al miracoloso elisir, che l’avrebbe reso immortale …
Eppure, nonostante sentisse già la fine vicina, ancora indugiava, mentre si sforzava di stimare quanto potesse valere una vita priva di sogni …
X
Infine, sospinta dalla tramontana, arrivò anche la neve.
Ma non quella soffice, bianca e leggera; bensì una di diversa natura, ghiacciata, sporca e appuntita, che batteva rumorosamente sui vetri e avrebbe graffiato il viso.
Fu allora che Lorens fece la sua scelta. Si coprì ben bene, prese con sé l’elisir e uscì di casa. Con l’intenzione di non farvi mai più ritorno …
Ripercorse la via che conduceva da Estella, in collina, per abbracciarla un’ultima volta. Ma scopertosi invecchiato, non riuscì a compiere l’intero tragitto.
La sua corsa terminò così - ironia della sorte - nel bosco ove s’era smarrita la fanciulla.
Lì, ai piedi dell’albero della conta, Lorens si sedette, prese in mano la fiala, l’agitò ben bene, ne spezzò il collo allungato e … riversò a terra il contenuto, irrimediabilmente.
Quindi chiuse gli occhi, attese la notte e s’addormentò, sotto una coltre di neve. E quel che successe poi, si può solo immaginare …
XI
In un nuovo giorno di primavera, sul far dell’imbrunire, un ragazzo dormiva sdraiato alle radici di un albero.
Non l’avevano svegliato, durante le ore diurne, né la brezza mattutina, né il canto degli uccelli, né i raggi del sole morente, che andava tramontando all’orizzonte.
A un tratto, però, dal folto della foresta si levò l’eco di una voce familiare, che scandiva alcuni numeri: - 1 … 2 … 3 … - .
Di questa sequenza, l’orecchio del giovane captò inizialmente solo alcuni frammenti sconnessi: - … 25 … 49 … 67 … - .
Pian piano, però, la mente si concentrò su quel suono, che l’aveva distolta da un lungo letargo.
- … 88 … 89 … 90 … - . I numeri continuavano a susseguirsi in rapida successione.
- … 97 … 98 … 99 … - , e al 100, finalmente, Lorens si destò: il conteggio era terminato.
Non fece però nemmeno in tempo a rendersi conto della situazione, che la risata di una fanciulla e un fruscio di foglie calpestate attirarono la sua attenzione.
Gli occhi caddero allora casualmente su un cuore inciso in un tronco, e improvvisamente egli ricordò tutto: chi fosse, dove fosse e cosa avesse perduto …
Ma per uno strano scherzo del destino, quel che credeva d’aver smarrito per sempre pareva adesso nuovamente a portata di mano.
Quel luogo, un tempo spettrale ed ora rigoglioso, pareva in effetti intimamente pervaso dallo spirito di Estella,che aleggiava nell’aria, brillava con le stelle e si rifletteva nella luna.
Seguendone le tracce attraverso sentieri già noti, Lorens si ritrovò così ben presto fuori dal bosco, ai piedi di quella leggera salita, che conduceva in collina.
La ragazza, però, era già in cima, e senza voltarsi ai suoi richiami, scomparve alla vista, avvolta in una romantica penombra.
XII
Col cuore che batteva forte in petto, Lorens corse su per la collina, raggiungendone rapidamente la cima contornata dai cipressi.
Si ripresentò così al cancello del cimitero, che aprì senza esitazione, spingendo con forza l’inferriata.
Conosceva ormai il luogo ed aveva già vissuto quel momento: nulla avrebbe più potuto spaventarlo,
se non il timore di perdere l’amata una seconda volta …
Sotto la bianca luce lunare si diresse subito là, ove ricordava d’aver veduto il fantasma della fanciulla e proprio lì, ai piedi della lapide, ritrovò Estella, distesa su una ghirlanda di fiori.
Le palpebre abbassate, il colorito roseo, i lineamenti rilassati, e le labbra socchiuse, pronte per essere baciate …
Lorens si chinò su di lei, appoggiò le sue labbra su quelle di lei, e mescolò il suo sapore a quello di lei, dal gusto dolcissimo …
Pian piano la bella addormentata si risvegliò: - Lorens … - , disse lei, - Estella … - disse lui.
Al ragazzo, che quasi ancora non credeva ai suoi occhi, la ragazza cercò subito di raccontare lo strano sogno - o forse l’incubo - che aveva fatto, ma la memoria - inaspettatamente - fece cilecca:
quel sogno era svanito per sempre. Ma ormai non aveva più importanza.
Mentre però s’apprestavano a far ritorno casa, Estella ebbe improvvisamente un’illuminazione.
- Ehi, - esclamò allegramente: - ma allora ho vinto io, il gioco? - .
- No, - ribatté Lorens, sorridendo: - ho vinto io, perché alla fine ti ho trovata … - .
E mentre così diceva, si voltò per dare un ultimo sguardo alla lapide, ma non vi lesse niente …
XIII
Una sera di maggio, al volgere di un ennesimo anniversario, Lorens ed Estella passeggiavano in giardino, in attesa dei fuochi artificiali che avrebbero celebrato quel giorno di festa.
Nel dolce tepore primaverile, un leggero venticello spirava da oriente, sussurrando tra le fronde e sospingendo qualche bianca nuvoletta, che innocua attraversava il cielo, passando sopra le loro teste.
Orizzonti sereni lasciavano presagire che la bella stagione non si sarebbe guastata.
A un tratto, un brivido percorse le loro schiene.
- Tutto bene? - , domandò lui. - Oh sì … - rispose lei. - Ho solo espresso un desiderio … - .
- Quale ? - , egli chiese.
- Che questo istante non finisca mai - , ella disse. - Non sarebbe bello, se potessimo vivere per sempre? - .
Egli non rispose, ma abbracciandola teneramente le tenne a lungo il viso sul suo petto, nascondendole la visuale.
Ella non poté così vedere uno spettacolo di una bellezza struggente: la luminosa scia di una stella cadente, che venne a squarciare il buio della notte imminente. Durò solo un istante: poi tutto si spense.
FINE