A SUD-EST CI SARA' DI CERTO IL MARE
Doveva scrivere una storia per un gioco da fare insieme ad alcuni suoi amici. Non aveva nessuna idea. Decise di mettersi in gioco ugualmente.
Aprì il quaderno dalla copertina tempestata di fiori, sembravano lillà e non ti scordar di me. A lei però piacevano i papaveri, perché crescevano ovunque ed erano rossi, come la stragrande maggioranza delle cose che nel mondo ci fanno bene e male allo stesso tempo. Prendi l’amore, che non sia per forza quello degli innamorati, no,l’amore in generale: è mai esistito un amore che non ha mai sanguinato? No, di certo.
Decise di mettersi in gioco, aprì il quaderno fiorato e guardò i quadretti.
La penna non la prese, non era ancora il suo momento. Sapeva che l'avrebbe fatta aspettare. Quello era il momento dei quadretti: fissarli, studiarli, cercarci dentro una storia. Li scrutava silenziosa allo stesso modo in cui i gatti studiano il nulla, perché sanno che è proprio lì che andrà a cascare la preda. Gli occhi fissi, acquosi, attenti.
«Niente» sussurrò a se stessa.
Si rese presto conto che erano quadretti ostili, egoisti.
Erano muti, attenti a stare ben in ordine, schierati uno accanto all'altro. Immobili.
Lei però, di ostilità, egoismo, silenzi, ne aveva la testa piena, tanto che pensava che ormai la sua mente si fosse trasformata in una nuvola.
C’erano stati giorni in cui ogni movimento percettibile intorno alla sua persona diventava protagonista indiscusso di un foglio bianco. Adesso no. Lei, era circondata dai fogli bianchi. Tutto era bianco.
Anche la sua mente era bianca.
Una nuvola; la stessa consistenza, la stessa forma, la stessa andatura.
Tutto era bianco e sterile.
Si alzò, chiuse con forza il quaderno, s'immagino i quadretti strillare per lo spavento, lo chiuse bene nell'ultimo cassetto, ci mise sopra altre riviste, cartacce, pagine vecchie piene di parole che, lettera dopo lettere, come una dolce catenella avevano formato mille storie.
Fece sparire il quaderno, il più lontano possibile dagli occhi e guardò la penna, voleva prenderla, provare a fissare anche lei, provare ad ascoltarla. Non lo fece. La lascio lì; chiusa, col tappo a puntare il sud-est, come l'ago di una bussola che lei di certo non avrebbe saputo utilizzare.
Decise che non avrebbe scritto nessuna storia se prima non ne avrebbe vissuto una vera.
«Sud-est» continuava a ripetere a se stessa. «A sud-est ci sarà di certo il mare». Lei non ne aveva la certezza assoluta, ma decise che quel giorno a sud-est ci sarebbe stato il mare. Decise, in tutta fretta, che la sua storia l’avrebbe trovata lì.
Acqua, panino. Basta. No aspetta, prendo anche questo e prendo anche il quaderno. Parlava alla sua mente con la voce sottilissima del pensiero. Infilò tutto velocemente nel suo zaino blu e parti in direzione sud-est in sella alla sua bicicletta.
Non aveva pensato alla distanza, se ne preoccupò quando già pedalava da un pezzo. Non sapeva con esattezza quanti chilometri separavano la sua abitazione dal mare. Si ricordava solo che era facile raggiungerlo e che la strada non era troppa.
Era l'inizio dell'autunno, la giornata era tiepida e soffiava un venticello che a tratti pungeva la pelle. A lei piaceva l'autunno. I suoi colori, la metamorfosi lenta della natura. Pensava che quella giornata era perfetta per andare a caccia della sua storia.
La corsa in bicicletta fu bellissima, le piaceva l’adrenalina che le aveva procurato, pedalava e sorrideva, sorrideva e pedalava e nel frattempo si sentiva un po’ matta.
Vedere il mare la fece urlare di gioia, era eccitatissima, non per il mare, quello lo vedeva spesso, ma per quello che aveva fatto. Aveva preso quattro cose ed era patita così, senza progetti.
Mentre prendeva fiato, col naso puntato verso l’azzurro infinito, la debole voce del suo pensiero cominciò a farsi un discorso tutto da sola.
Mi fanno paura le persone che si prendono troppo sul serio. Diceva.
Si precludono l’occasione di sbagliare per poi imparare, o si prendono la briga di credere davvero che così
facendo riusciranno nella loro mitica impresa.
Stesso discorso per i programmatori di avventure.
Aboliscono le cause dei capitomboli all’anima: la sorpresa, l’ignoto, l’incerto, lo stupore.
La follia di un imprevisto.
Se l’hanno chiamata vita e non programmazione, un motivo ci sarà.
E sono certa sia qualcosa da non sottovalutare. Diceva.
E adesso? A sud-est c’era andata, il mare l’aveva trovato. E la sua storia?
Prese il quaderno che aveva portato con lei, si mise ad osservare le onde che, leggere, generavano una schiuma bianchissima. Decise che non c’era fretta, che poteva prendersi tutto il tempo di cui aveva bisogno.
Restò immobile finché le giunture delle gambe glielo permisero.
«Niente» si disse ancora una volta.
La storia che cercava non era nelle onde del mare, né nell’orizzonte e nemmeno nella schiuma bianca, negli uccelli che dipingevano il cielo.
La storia che cercava si stava dirigendo verso di lei, e lei, occupata a cercarla nei minimi dettagli di quella giornata autunnale non se ne era ancora accorta.
CONTINUA