Sin dalle prime pagine di
Tess dei d’Uberville si ha la netta sensazione che sulle spalle dei personaggi – Tess in primis – gravi un ineluttabile destino. Talmente ineluttabile, che le vicende – per quanto tragiche – finiscono per sembrare anche un po’ scontate. E’ forse questo il motivo per cui il romanzo non mi ha particolarmente emozionato ed ha anzi deluso le mie aspettative.
Il finale, lo ammetto, mi ha sorpreso, e certo non mi ha lasciato indifferente; ma la parte che più ho apprezzato è proprio quella centrale, ambientata nella fattoria di Talbothays. Perché quelle scene amoroso-pastorali hanno avuto il merito di alleggerire il peso angosciante della storia, infondendovi un barlume di speranza: poi l’atmosfera si è fatta nuovamente cupa, privandoci definitivamente anche del calore di un raggio di sole.
Le scene di cui dicevo, peraltro, mi sono sembrate assolutamente realistiche. Trovo infatti plausibile che le ragazze - in quell’angolo sperduto del mondo - si siano tutte innamorate di Angel, che si distingue per ambizione, raffinatezza di modi e cultura; altrettanto plausibile m’è parsa poi la sua preferenza nei confronti di Tess, che allo stesso modo - sia pur in misura meno evidente - si distingue dalle “rivali”.
La figura di Angel mi è piaciuta anche per la sua “evoluzione”, che lo porta gradatamente (quanto ci ha messo, però

) ad abbandonare il rigido formalismo intellettuale in favore di uno slancio d'umanità, mentre meno riuscito è a mio avviso il personaggio di Alec, che se veste bene i panni del seduttore, non è assolutamente credibile in quelli del predicatore tormentato.
In definitiva, il mio voto complessivo al romanzo è 6,5, che non si discosta molto dal giudizio che darei ad altri romanzi di Hardy. Ad eccezione di
Jude l’Oscuro, cui assegnerei un voto assai più alto e che consiglierei a chi volesse leggere altro di questo scrittore. Ma vi avverto: in confronto a Jude, Tess vi sembrerà un libro allegro e spensierato …