SINOSSI

1879: un bambino viene dato alla luce e subito affidato al brefotrofio di Napoli. Qui la sorte gli assegna il nome di Fortunato e dopo alcuni anni lo conduce a Molaro, il minuscolo paesino di contadini sulle montagne calabresi in cui vive la coppia che lo ha adottato. Fortunato cresce tra affetti nuovi e aspre difficoltà, immerso in una realtà profondamente legata a tradizioni arcaiche, fatta di silenzi e antichi rituali rimasti immutati nel tempo. La vita di Fortunato scorre tra fatti di amore e di sangue, lotte e tentativi di riscatto, e si intreccia con gli sconvolgimenti che caratterizzano l'Italia del primo Novecento, visti attraverso lo sguardo di chi per sopravvivere ha sempre dovuto combattere.

RECENSIONE

Don Fortunato, scritto da Marco Tripodi ed edito da Rossini Editore, è un romanzo d'esordio che sembra un classico: all'inizio il lettore viene avvolto in un'atmosfera e in uno stile che sembra provenire dal grande romanzo ottocentesco, ma è però diluito in una tempistica e una tecnica narrativa decisamente moderna, grazie soprattutto ai capitoli spesso brevi e alla composizione di dialoghi che giocano sul pastiche linguistico-dialettale. Il romanzo si apre raccontandoci un parto nei sobborghi di Napoli di fine '800: un bambino nasce e subito viene abbandonato. Da questo momento, la storia racconta l'intera vita di questo personaggio, affrontando ogni fase della sua crescita, condensando nelle pagine tutta l'esistenza e la formazione di Fortunato. È questo il nome del protagonista, che avrà una vita tutt'altro che fortunata! Nonostante si tratti del primo romanzo dell'autore, ha una scrittura matura e coinvolgente, che conquista il lettore e che sembra evolvere con lo stesso personaggio, facendosi a tratti più ruvida e alternando sapientemente la scrittura di ampio respiro descrittivo, quando ci immerge negli scenari della campagna calabrese e dei vari ambienti ricostruiti dall'autore, a un ritmo più incalzante e nervoso, quando si trova a raccontare le pagine più drammatiche della storia di Fortunato (i crimini, la guerra, gli inseguimenti). La storia che si dilunga nelle pagine del libro è quella di Fortunato, ma è arricchita da un'intera corte di personaggi pittoreschi e vari che lo circondano e fanno di questo romanzo una saga familiare, ma anche in un certo senso un romanzo quasi picaresco. Tra le figure più tenere (come quelle dei genitori adottivi o di Mica 'a Janca", di cui si innamorerà), quelle più tragiche (come il cugino Antonio o il tremendo Beniamino) e quelle più ridicole (come l'onorevole Macrì, impossibile da non detestare), emergono personaggi particolarmente riusciti e, benché siano talvolta marginali, riescono a imprimersi nell'immaginario del lettore come autentica parte del mondo rurale in cui si è trasportati: penso, ad esempio, al parroco don Salvatore, al vecchio proprietario terriero ottuso e prevaricatore, all'oste rassegnato agli stenti della vita o all'emigrato che arricchito ritorna alle montagne dell'infanzia.
Ma qual è la storia che vive questo Fortunato? Una storia che si stacca presto dall'orfanotrofio di Napoli per spostarsi nella campagna calabrese, nel paese di Molaro, dove il protagonista vive, cresce e si corrompe. Le fatiche dei campi, le ingiustizie della vita e della società trasformano il ragazzo, giorno dopo giorno, e noi assistiamo a questa trasformazione trovandoci ora a compatire il nostro eroe sfortunato, poi a essere disturbati dal suo comportamento perché il suo atteggiamento ogni tanto è ingiustificatamente duro nei confronti di chi gli vuol bene (ho provato un autentico disagio in alcune pagine), e poi ci ritroviamo di nuovo sorpresi perché le sue scelte sono, talvolta, talmente contraddittorie e talmente difficili da comprendere da spiazzare il lettore.
La vita di Fortunato è un susseguirsi di avventure come il crimine, la galera, i delitti e le guerre, ma è soprattutto una lenta e faticosa discesa verso il basso: la sua rispettabilità cresce, il suo nome diventa sempre più temuto e tenuto in riguardo dalla comunità contadina in cui vive ma, contemporaneamente, lui si fa sempre più chiuso, scontroso e aggressivo fino a rinunciare alla propria umanità. Fino alle ultime pagine, quando ormai Fortunato è un vecchietto che si muove male e con dolori e, quindi, non ha più avventure da vivere e lotte da affrontare, la storia racconta la parabola di un uomo che ha scelto di affrontare la vita con la stessa durezza che questa gli ha riservato, pagando però un prezzo altissimo e facendolo pagare a chi lo circonda, un prezzo di cui forse lui e i lettori si rendono conto solo alla fine. Fortunato è un personaggio difficile da raccontare, ma anche da interpretare. L'autore non fa sconti, ci racconta spietatamente anche gli aspetti più cupi e quelli che proprio non riusciamo a giustificare e ci lascia, fino alla fine, con un giudizio sospeso su un personaggio che abbiamo visto nascere, crescere e invecchiare. Si può dare un giudizio univoco su un'intera vita? Probabilmente sì, ma questo è uno di quei casi in cui decisamente non è semplice.
Non è semplice giudicare la vita di Fortunato, ma è più facile esprimere un giudizio su questo romanzo. Non avevo aspettative particolarmente alte su questo romanzo, non sono mai stato in Calabria e non conosco il dialetto che parlano questi personaggi, eppure l'ho compreso senza difficoltà. Nessuno dei miei familiari ha mai fatto il contadino, non amo particolarmente i romanzi troppo lunghi, né le saghe familiari. Ho concluso questa lettura, per me la più bella del 2023, proprio a fine anno e ho provato quel profondo magone che solo alcuni romanzi regalano. Avrei davvero voluto poter rimanere ancora in quel mondo, sarei voluto restare a Molaro, avrei voluto fermarmi ancora un po' nella "casa tra il mandorlo e l'ulivo".

[RECENSIONE A CURA DI PROFESSOR VOLAND]

Autore Marco Tripodi
Editore Rossini Editore
Pagine 580
Anno edizione 2023
Collana Narrativa Rossini
ISBN-10(13) 9791259693136
Prezzo di copertina 26,99 €
Categoria Contemporaneo - Attualità - Sociale - Psicologico