SINOSSI
Buenos Aires, interno giorno. Ma anche Zagabria, Pechino, Tel Aviv, Oaxaca: il fenomeno si diffonde in fretta, in ogni angolo del pianeta, giorno e notte. Si chiamano kentuki: tutti ne parlano, tutti desiderano "avere" o "essere" un kentuki. Topo, corvo, drago, coniglio: all'apparenza innocui e adorabili peluche che vagano per il salotto di casa, in realtà robottini con telecamere al posto degli occhi e rotelle ai piedi, collegati casualmente a un utente anonimo che potrebbe essere dovunque. Di innocuo, in effetti, hanno ben poco: scrutano, sbirciano, si muovono dentro la vita di un'altra persona. Così, una pensionata di Lima può seguire le giornate di un'adolescente tedesca, e gioire o preoccuparsi per lei; un ragazzino di Antigua può lanciarsi in un'avventura per le lande norvegesi, e vedere per la prima volta la neve; o ancora un padre fresco di divorzio può colmare il vuoto lasciato dall'ex moglie. Le possibilità sono infinite, e non sempre limpide: oltre a curiosità e tenerezza, il nuovo dispositivo scatena infatti forme inedite di voyeurismo e ossessione. Come i kentuki aprono una finestra sulla nostra quotidianità più intima, così Samanta Schweblin apre uno squarcio nella narrazione del reale: con un immaginario paragonato a quelli di Shirley Jackson e David Lynch, l'autrice trasporta il lettore in un'atmosfera ipnotica, regalandoci una storia sorprendente e dal ritmo vertiginoso.
RECENSIONE
Kentuki è un libro che divide, perché può apparire per certi versi superficiale, per altri inquietante, ma senza dubbio fa riflettere. Di fronte alle storie di Alina, Grigor, Marvin, Emilia, Enzo, Robin, non si può rimanere indifferenti perché raccontano le solitudini, le frustazioni e la noia che ad ogni individuo capita di vivere. La moda del momento, i Kentuki, appare come una soluzione divertente per porre rimedio alle umane difficoltà interiori. Un Kentuki può farci sentire meno soli, apprezzati, addirittura amati. I Kentuki, piccoli peluche con le rotelle, però nascondono delle insidie: la webcam e ancor peggio le persone che sono dietro (se si è un Kentuki) o davanti (se si ha un Kentuki) a quella webcam. Perché il punto cruciale non è tanto la tecnologia in sé, quanto piuttosto l'uso che se ne fa di essa. L'autrice, infatti, non scrive un libro di condanna alla tecnologia, ma ad essere condannati sono i comportamenti di chi la utilizza. Kentuki è un libro sulla comunicazione che non esiste più, sui rapporti sociali di cui vi è gran penuria, sulla morbosità per le vite degli altri, sulla necessità di esibire e di essere guardati, sulla ricerca di evasione in una vita virtuale. Sarebbe bello poter dire che tutto ciò è frutto dell'immaginazione della Schweblin e che esiste solo in una visione distopica dei rapporti umani, ma non è così. Gli scenari paventati in Kentuki sono forse portati alle estreme conseguenze, ma non sono così irreali e lontani da un nostro futuro prossimo. Rischiamo tutti di essere vittime della tecnologia, nessuno è esente, perché la nostra quotidianeità ne è invasa e chi la progetta e ce la propone, sa come conquistarci, sa quali sono i nostri punti deboli. Questo è un libro che ci fa sentire a disagio perché le storie dei protagonisti possono capitare a tutti noi se attraversiamo un momento no della nostra vita. Potrebbe essere facile affezionarci ad uno sconosciuto di cui osserviamo la quotidianeità dietro una telecamera, piuttosto che al vicino di casa. Potrebbe essere meno doloroso vivere una vita virtuale in cui si è liberi, piuttosto che vivere una vita reale senza affetti in cui bisogna sottostare a dei vincoli. Potrebbe essere affascinante essere osservata costantemente se si ha un compagno che ci ignora. Ciò che spaventa di questo libro è soprattutto il fatto che pur volendo vivere con distacco questo mondo tecnologico, comunque ne rimani invischiato. Penso ad Alina, che forse è colei che ha cercato di avere un rapporto più sano con il suo Kentuki e che invece è quella che ha subito poi le conseguenze più gravi e più inquietanti. È come se l'autrice volesse dirci che è inutile scappare, rifiutare la tecnologia, tanto comunque prima o poi ne saremo tutti tentati, ma ci si può salvare se ad un certo punto si dice basta come fa Grigor e si torna a guardare l'altro non con morbosità ma con interesse.
[RECENSIONE A CURA DI NAUTILUS]
| Autore | Samanta Schweblin |
| Editore | Sur |
| Pagine | 230 |
| Anno edizione | 2019 |
| ISBN-10(13) | 9788869981791 |
| Prezzo di copertina | 16,50 € |
| Prezzo e-book | 9,99 € |
| Categoria | Fantascienza - Fantastico - Fantasy |

