SINOSSI

Il libro racconta i casi di morte più ammirevoli, impressionanti ed esemplari tratti dall'antichità greca e latina. Sono qui raccolte come in un repertorio le morti di poeti, filosofi, re, eroi, condottieri, imperatori, inventori, atleti, popoli interi e città. Perché questo interesse ai modi di morire dell'antichità? Perché gli antichi, ignari di quello sterile attaccamento alla vita che caratterizza l'epoca moderna, avevano elaborato forme classiche, canoni e modelli per morire in modo significativo: cioè in modo ambizioso, elaborato e appropriato per la vita di ciascuno. Sapevano gli antichi che la morte non è qualcosa che viene da fuori a prenderci e portarci via, ma è ancora pienamente dentro la vita, ci rappresenta e ci rappresenterà per sempre.

RECENSIONE

Questo è un libro molto gradevole che, una volta terminato, mi ha aperto un pensiero che si presta e si rivolge anche all'uso che l'istruzione moderna assegna allo studio degli antichi. Dino Baldi è un filologo classico e nella prefazione di questo libro spiega a cosa andremo incontro una volta iniziata la lettura, raccontandoci che le storie da lui riportate non sono altro che una ricostruzione narrativa fedele, estratta dalle testimonianze delle fonti antiche, per cui nulla di tutto ciò che è scritto è inventato, quantomeno dal professore, e la genialità di Baldi sta proprio nel modo di raccontarlo e, soprattutto, di saperlo fare. La cosa che mi stupisce è il fatto che il professor Baldi ammette apertamente di essersi davvero divertito moltissimo a scrivere queste storie che testimoniano le più disparate, disperate, cristiane, pagane, mondane, eccentriche, volontarie e inaspettate morti degli antichi greci e romani. Il divertimento del professore diventa palpabile all'interno dei vari racconti, dove con una gradevole leggerezza, ogni tanto, introduce dei simpatici commenti d'autore. Questo divertimento, che viene pienamente trasmesso a noi lettori, mi ha fatto pensare che, probabilmente, bisognerebbe inventare un nuovo modo per studiare l'antico. Potersi permettere, infatti, la bellezza di servirsi dell'ironia o del divertimento nei confronti di un'esistenza che non abbiamo vissuto, significa aver imparato pienamente a conoscere una civiltà da tutte le angolazioni necessarie: storiche, geografiche, sociologiche, antropologiche e se una soltanto, tra le categorie menzionate, viene meno, allora abbiamo impiegato male il nostro tempo.
Proprio per questo, grazie al professor Baldi che qua e là, molto velatamente, inserisce inserti che danno nuove chiavi di lettura per punti di vista standardizzati, possiamo effettivamente riuscire a lavorare mentalmente su quei concetti sociali che sì, sono molto lontani, ma di cui il nostro pensiero è figlio o nipote. La morte, tematica che attraversa il libro, ha un percorso molto tortuoso nella storia dell'uomo. Rileggere le morti degli antichi porta con sé la curiosità di ricostruire il pensiero collettivo, giuridico, esperienziale e valoriale che i nostri antenati hanno messo in moto. Se io non mi appresto a guardare con gli occhi degli antichi, ho perso validità dello studio. Se io considero, per esempio, l'uccisione di Giulio Cesare unicamente come un delitto efferato (cosa che chiaramente è, ma non è questo il punto perché non è il punto di vista dei moderni con cui dobbiamo guardarlo), perdo il significato linguistico di un termine che a Roma fu più perturbante di qualsiasi segno nefasto, cioè "tirannide". L'uccisione di Giulio Cesare nasce sia dall'invidia, un sentimento molto moderno ancora oggi, sia dal profondo turbamento nell'animo romano di una comunità che teme di poter ripetere lo stesso errore che ha compiuto secoli prima attraverso la disgrazia della monarchia. Se non conosco che la morte di Giulio Cesare è simbolo e paura per i cospiratori romani di un ritorno alla tirannide li prenderò solo per barbari psicopatici. Se non conosco che la parola tirannide si è macchiata di empietà con il sangue versato da una donna dolce e virtuosa di nome Lucrezia, che si è uccisa per la vergogna di una violenza subita da parte di un tiranno e che i romani hanno fatto voto che non avrebbero avuto pace finché quella donna non sarebbe stata vendicato e il suo onore ricordato anche dopo la morte, come poi è successo, non capiremmo il delitto durante le Idi di marzo, o lo comprenderemmo solo parzialmente. Dentro questo libro, sono raccontate moltissime morti, alcune molto suggestive, altre dolorose e feroci, e poi ci sono quelle morti strane, quelle morti che ai nostri occhi sarebbero chiamate con l'appellativo di suicidi, mentre per i letterati e, soprattutto, per i filosofi del tempo, rappresentano un bel sorriso sul volto, un animo sereno che ha goduto abbastanza, che ha toccato la pienezza della vita, che ha vissuto la tranquillità dell'anima e proprio in quel momento vuole morire al culmine della sua gioia. Allora, l'ingresso della morte nella mente di un filosofo di tal genere, innesca un meccanismo pronto ad accoglierla e addirittura a desiderarla. C'è chi lascia la vita con una spada trafitta nel petto, perché è più onorevole morire per mano propria che morire per mano di un ostile nemico e perché solo l'individuo che porta addosso la propria vita fino alla fine, può presentarsi valoroso e nobile di fronte alla morte, ma questa non è una sfida tra vita o morte, è una complessa emozione che si mescola tra sentimenti individuali e codici d'onore collettivi in cui tutti credono e a cui tutti ammirano. Il suicidio in battaglia o il suicidio di un filosofo non sono casi particolari per gli antichi, ma rappresentano le più alte esperienze di tributo alla vita che l'uomo può dedicare per sé o sacrificare coraggiosamente per un'intera comunità.
Per gli antichi la morte non è un pensiero da scacciare, almeno per i grandi uomini dell'antichità, è qualcosa che piuttosto si vuole preparare in pompa magna. La morte non è solo la fine, ma è la fine di una vita, di un'esistenza, è la grande festa di chiusura e di ringraziamento nei confronti dell'esperienza della vita stessa. Dunque, la morte non è altro, non sta fuori e non è solo uscita di scena ma, al contrario, una grande celebrazione per quest'incontro con l'universo a cui hanno pienamente partecipato.

[RECENSIONE A CURA DI MIRIAM DI MICELI]

Autore Dino Baldi
Editore Quodlibet
Pagine 396
Anno edizione 2010
Collana Compagnia Extra
ISBN-10(13) 9788874623372
Prezzo di copertina 16,00 €
Categoria Realistico - Cronaca - Saggi - Biografia