Quest'anno ho avuto la felice coincidenza di aver letto il libro di Edoardo Albinati "La scuola cattolica" prima di sapere della sua candidatura al Premio Strega e quindi prima di aver saputo che sarebbe stato prescelto dalla giuria come vincitore.
Credo che il libro abbia meritato la vittoria perché raramente si ha modo di leggere opere come queste che in qualche modo sono, costituiscono un universo-mondo a se stante. E non parlo solo delle 1294 fitte-fitte pagine che lo compongono, che è pure un dato significativo, e non parlo nemmeno della sua forma di saggio romanzato che è pure un altro fatto importante. No, di questo romanzo mi ha colpito l'assoluta capacità del suo autore di mettersi in mostra in ogni sua piccola o grande perversione, in ogni sua piccola o grande banalità ed essere riuscito nella titanica impresa di accompagnarci in questo racconto senza mai mollare la presa anzi spesso incoraggiando il lettore e aiutandolo nella impresa della lettura di questo monumentale libro.
Raccontare un libro come questo non è facile, voglio però incoraggiare chi può essere intimidito dalla mole delle pagine che il libro non solo è scorrevole ma a suo modo avvincente.
Edoardo Albinati nel libro lo dice in una nota finale scrive che si tratta di un romanzo "basato su fatti realmente accaduti, di cui in parte sono stato testimone diretto. A partire da essi, ho intrecciato episodi e personaggi con diverse percentuali di finzione: alcuni sono inventati di sana pianta, altri debbono parecchio a eventi che hanno avuto effettivamente luogo, e a persone esistite o esistenti. Non ho avuto scrupolo nel mescolare il vero, il presunto vero, il verosimile fittizio e l'inverosimile reale; nell’ibridare memoria e immaginazione. Lo stesso personaggio che narra in prima persona la storia può darsi non coincida in pieno con l’autore che figura in copertina."
La quarta di copertina ci restituisce lo scheletro della trama: "Roma, anni Settanta: un quartiere residenziale, una scuola privata. Sembra che nulla di significativo possa accadere, eppure, per ragioni misteriose, in poco tempo quel rifugio di persone rispettabili viene attraversato da una ventata di follia senza precedenti; appena lasciato il liceo, alcuni ex alunni si scoprono autori di uno dei più clamorosi crimini dell’epoca, il Delitto del Circeo. Edoardo Albinati era un loro compagno di scuola e per quarant’anni ha custodito i segreti di quella “mala educación”. Ora li racconta guardandoli come si guarda in fondo a un pozzo dove oscilla, misteriosa e deforme, la propria immagine. Da questo spunto prende vita un romanzo poderoso, che sbalordisce per l’ampiezza dei temi e la varietà di avventure grandi o minuscole: dalle canzoncine goliardiche ai pensieri più vertiginosi, dalla ricostruzione puntuale di pezzi della storia e della società italiana, alle confessioni che ognuno di noi potrebbe fare qualora gli si chiedesse: “Cosa desideravi davvero, quando eri ragazzo?”.
Mi ritrovo completamente in questo "sbalordimento" altisonante preannunciato in quarta di copertina. Perché affastellando ore e ore di febbrile lettura altro termine non può essere usato. Uno dietro l'altro vengono affrontati temi come l'adolescenza, il sesso, la religione e la violenza, il denaro, l'amicizia, la vendetta. E Albinati lo fa con una profondità e un'accuratezza (qualcuno potrebbe scrivere e dire "pedanteria") sconosciuti solitamente nel genere romanzesco.
Il delitto del Circeo diventa in questo libro una specie di buco nero, un polo attrattore attorno a cui ruota vorticosamente tutto il libro che però risulta composto di tante altri parti che finiscono per essere ingurgitate in quel buco ma che ne sono anche distinti e separati.
Molto ho goduto leggendo le pagine dedicate alla religiose: "...il cattolicesimo certe volte pare l’antesignano e poi l’epigono del surrealismo. Prende una cosa qualsiasi e poi dice che quella cosa è l’esatto contrario di ciò che quella cosa con tutta evidenza è. Vai a un funerale, sei giù perché ti è morto qualcuno, almeno su questo sembrerebbe che non ci siano dubbi, vorresti che ti si lasciasse piangere in pace, e invece c’è sempre sul pulpito, dico sempre, come una maledizione!, c’è regolarmente un prete che ti assicura che il tuo amico o il tuo caro parente, per cui ti stai rattristando, non è morto. No, non è morto. Enzo non è morto. Silvana non è morta. Cesare non è morto. Rocco è ancora vivo. Ma come, non era morto?! E allora cosa stiamo qui a fare? No, lui non è morto, lui vive, e voialtri non dovete essere tristi, ma esultare con lui... per lui... di lui... godere insieme a lui... Certo, ora lui è in paradiso dunque sta meglio di prima, ci arrivo pure io, non sono così rozzo: ciononostante mi sento preso per il culo da questa filosofia. Scatena in me una rabbia infinita, devo uscire dalla chiesa, sono anni che non riesco a terminare una funzione, preferisco aspettare la bara fuori quando la portano a spalla, un paio di parenti e amici paonazzi e gli addetti delle pompe funebri, con i bicipiti che sformano la giacca. È troppo sublime e insieme troppo facile. Basta rovesciare l’evidenza e tac, ottieni la soluzione. Se sei povero in realtà sei ricco; le malattie sono doni di Dio; quando muore qualcuno è una benedizione perché lui ora gioisce con gli angeli, i primi saranno gli ultimi, il bestemmiatore senza saperlo loda il Signore, se ti allontani da Dio vuol dire che lo stai cercando, se Dio non c’è allora vuol dire che di sicuro c’è...
Possibile che in questa vita non ci sia una sola cosa già messa fin dall’inizio per dritto, che non occorra per forza rovesciare?".
Lo stesso per ogni altro tema affrontato.
Non conoscevo Albinati scrittore, l'ho scoperto casualmente proprio l'anno della sua vittoria allo Strega. E di questo sono molto contento. E il suo libro, che rileggerò sicuramente presto, rimarrà tra le opere che mi sono più care come quelle che mi restituiscono una vita, delle idee, la propria umanità in assoluta onestà pur nella parziale finzione.
(Su Anna Karenina) È un'opera d'arte perfetta, che arriva assai a proposito; un libro assolutamente diverso da ciò che si pubblica in Europa: la sua idea è completamente russa.— Fëdor Dostoevskij
Tanti anni nel Club e nemmeno una medaglia!