Sabato, 06 Settembre 2025

"Due donne. Passing" di Nella Larsen

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12/03/2023 18:21 - 12/03/2023 18:25 #62708 da lettereminute
Risposta da lettereminute al topic "Due donne. Passing" di Nella Larsen
L'ho appena finito! E anche io... 

Allora, una cosa alla volta! Nonostante il finale  a me è piaciuto moltissimo! Mi ha scatenato davvero tante riflessioni, ho provato a immedesimarmi in tutte e due le donne, e poi dai, da metà, quando si vede più da dentro la dinamica famigliare di Irene, e in Irene comincia a germogliare il seme del sospetto... l'intrigo psicologico si è fatto irresistibile! Andavo velocissima, il cervello su di giri. Per me c'è davvero una quantità enorme di sfumature da apprezzare. L'autrice bravissima.

Sul finale finalissimo un po' meno. Cioè: quello che che accade   ma anche in senso buono, nel senso che mi ha lasciata talmente spiazzata che ho gridato alla tragedia greca! Dal super razionale (vedi la personalità di Irene, logica, pragmatica, realista, conservatrice, ma anche l'ambiente che frequenta, fatto di dottori o intellettuali) all'irrazionalità più spinta... mi ha sconvolta in positivo, come romanzo! Mi è piaciuto un po' meno il finalissimo, nel senso le ultime pagine, le ultime righe, che mollano un po' così. Ma nel complesso mooolto interessante.

Mi aggangio per rispondere ancheaMaria Chiara: veramente se tu hai avuto un avo di colore questa è la cosa determinante, piuttosto che aver avuto genitori e nonni bianchi? Sinceramente non credo; banalizzando, se voi avete bisnonni che venivano da qualche regione con cui voi non avete mai avuto a che fare, voi vi sentite originarie di quella regione? Questa convinzione di appartenzaalla razza secondo me è indotta, è forzata dalla legge, che pretendeva chese hai anche l'1% di sangue di colore, allora dovevi dichiararti come persona di colore e vivere ghettizzato, quindi un'appartenenza identitaria secondo me inevitabile perchè artificiosa.


Curiosamente, questo è il discorso che facevamo in macchina oggi io e il mio compagno mentre gli raccontavo il libro. Chiaramente a ragionare a compartimenti così stagni si finisce in parossismi tipo questo, ed è lì che le persone abituate a ragionare in maniera rigida entrano in crisi (come Jack, nel libro, o quell'altro caso che hai raccontato tu Bea). Ragionavamo anche che, come razza umana, il nostro futuro (se sopravviviamo...) sarà mooolto "ibrido", ormai tutto il mondo è connesso e ci immaginiamo l'essere umano tipo mulatto di default, e con gli occhi anche lievemente a mandorla. :)

Allo stesso tempo però converrai che non è il caso di Clare, quello di una persona che si sente in tutto e per tutto bianca ed è quindi infastidita dal venir confinata in un ambiente che non le appartiene. Clare si sente nera, almeno da come parla... ha nostalgia della "sua" gente, dice. Si strugge e fa leva sulla pietà di Irene. Per riprendere il paragone a toni più blandi che hai proposto, questo non è il caso del milanese con un nonno calabrese; piuttosto quello del calabrese emigrato, che quando sta a Milano nasconde il suo accento e regge il gioco alle battutacce sul Sud, e nel frattempo però si strugge di nostalgia e s'accozza al suo amico calabrese DOC per entrare di soppiatto alle sue feste, ballare la tarantella, fare il cascamorto con le sorelle, e mangiare nduja a tutto spiano. Il calabrese DOC avrebbe tutte le ragioni di risentirsi. Ma che sono io per te, un amico o un costume folkloristico? Qui si entra un po' nel discorso dell'appropriazione culturale, forse sono andata fuori rotta... ma a maggior ragione: se i confini etnici sono sfumati, e l'aspetto non ti identifica più come appartenente a un certo gruppo, cos'è che forma il legame? La domanda sorge spontanea. L'impressione che mi ha fatto Clare è: un po' il ricordo d'infanzia, un po' un istinto atavico, un po' la cultura del gruppo (se ci è cresciuta, sarà la sua cultura di riferimento), un po' grandi illusioni e ricerca di appartenenza a tutti i costi.

Il motivo per cui Clare tampina Irene infatti è quello, tra l'altro con una considerazione davvero rasoterra per i suoi sentimenti e per i suoi confini personali, che infrange ripetutamente schermandosi dietro una maschera patetica. La sua è un'amicizia un po' parassitaria. Concordo sul fatto che la sua decisione, del "passing", è stata presa probabilmente in giovane età e d'impulso per sfuggire a una situazione scomoda, ma in seguito, da donna adulta, non se ne prende la responsabilità. Non per niente i suoi comportamenti sono connotati da un certo infantilismo. Irene dal lato opposto è sin troppo responsabile, e a sua volta non regge la pressione; se Claire è un po' "bambina", Irene è un po' troppo "mammina". E infatti la miscela esplosiva... esplode.

Interessantissima comunque anche la psicologia di Irene, che possa piacere o no come persona, sembra vera. Ho trovato particolarmente interessante il suo conflitto interiore sul tema della lealtà, verso il proprio gruppo sociale e di conseguenza verso Clare, che per un bel po' di tempo vince sulla lealtà verso sé stessa. Vorrei ricordare che si capisce benissimo dal minuto uno che a Irene non è particolarmente simpatica Clare, mai stata, non prova un vero affetto per lei. Non sono amiche, insomma. Eppure non la tradisce, le copre le spalle anche se questo le costa molto, la fa entrare nella sua cerchia di amici... in parte sicuramente è per le apparenze (il contesto è altoborghese) in parte penso sia proprio un vincolo psicologico molto forte. Il passo più forte secondo me è questo:

Era intrappolata tra due alleanze, diverse, eppure uguali. Se stessa. la sua razza. La razza! Quello che la legava e la soffocava. Qualcosa si sarebbe rotto: qualsiasi passo avesse fatto o che non ne facesse nessuno. Una persona o la razza. Clare, se stessa o la razza. O, poteva essere, tutte e tre. Niente, pensava, era mai stato più diabolico.
Mentre sedeva sola, nel quieto salotto, alla gradevole luce del caminetto, Irene Redfield desiderò, per la prima volta nella sua vita, di non essere nata Negra. Per la prima volta soffriva e si ribellava perché era incapace di ignorare il fardello della razza. Era, gridò silenziosamente, abbastanza soffrire come donna, come individuo, per la propria storia, senza dovere anche soffrire per la razza. Era una brutalità, e immeritata. Certo, nessun altro popolo era così maledetto come quello degli scuri figli di Cam.

Maria Chiara | Redattrice editoriale e per il Web | Social: @lettereminute
Anch'egli sarebbe invecchiato, anch'egli un giorno sarebbe dovuto morire [...]. Ma oggi egli era giovane, era un bambino, il nuovo Siddharta, ed era pieno di gioia. (Siddharta, Herman Hesse)
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Ringraziano per il messaggio: mulaky

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13/03/2023 19:51 #62719 da bibbagood
Risposta da bibbagood al topic "Due donne. Passing" di Nella Larsen

Ho letto anche la seconda parte del romanzo e sono rimasta abbastanza sconcertata
Attenzione: Spoiler!

In questa seconda parte non mi è risultata simpatica nemmeno Irene, mentre ho trovato interessante il discorso del passing a senso unico: chi ha origini nere ma ha la carnagione bianca, si può far passare per bianco,ma un bianco non può farsi passare per nero (ammesso e concesso volesse farlo).


Si, concordo che, come Irene non mi sembra molto meglio di Claire, anche il marito di Irene non è che sia sto grand uomo e il matrimonio tra Irene e lui non è che sia molto migliore. Irene in particolare mi sembra sia (stata) interessata solo a ottenere quello a cui secondo lei tutti aspirano, ovvero una vita tranquilla e stabile, ma si sta rendendo conto che forse questo non basta per essere felici. Mentre Claire ha voluto di più e anche se ora dice che si sente sola e le manca il suo ambiente, mi sembra che sia lei a sentirsi più a suo agio nella persona che è rispetto a quanto ci si senta Irene nella vita perfetta che pensa di aver costruito (è vero che viviamo principalmente il punto di vista di Irene quindi il giudizio è falsato, ma è comunque l'impressione che ne ho avuto).

Sulla domanda di Giorgia riguardo a se ce la sentissimo di fare il passing: il passing secondo me è frutto di una categorizzazione e come ogni categorizzazione anche questa non ha senso se uno non si sente appartenente a quella categoria; se ti senti parte di una comunità, fare il passing ti farà sentire inevitabile male, non te stesso, ti sembrerà di fingere tutta la vita, di dover dimostrare sempre di essere qualcun altro; e allora no, non ne vale la pena, anche a costo dei diritti, perchè credo che sia meglio (nel senso di vivere meglio) avere meno diritti ma stare in pace con se stessi che avere più diritti e svegliarsi ogni giorno mettendosi una maschera e non sapere più chi si è cosa si vuole o perchè si fa qualcosa. Ma se invece in quella categoria in cui mi hanno messo non mi ci riconosco, allora sì, il passing è un'opportunità per vivere la vita che voglio vivere, in cui mi riconosco di più rispetto a quella che la società mi ha imposto.

"Il solo mezzo di sopportare l'esistenza è di stordirsi di letteratura" Gustave Flaubert

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15/03/2023 18:19 #62737 da Marialuisa
Risposta da Marialuisa al topic "Due donne. Passing" di Nella Larsen
Terminata la lettura il mio è  un grande...NI!!!
Non saprei, lo stile non mi dispiace,  ma neanche mi fa impazzire...questo deve essere il karma: dopo essermi defilata e non aver completato  il libro di cui ero co- proponente  con Sara, perche non l'ho sentito nelle mie corde, ora mi ritrovo delusa dal legal thriller  (Il verdetto) che è  da sempre il mio debole... e con questa nonnpuena soddisfazione  di Due donne Passing, su cui avevo tantissime  aspettative  e che su carta era perfetto per me...
Le due donne Irene e Clare non mi hanno coinvolta, soprattutto  Irene su cui l'autrice secondo me avrebbe potuto dispiegare meglio la sua capacità  di "romanzare" . La presunta tradita, perché  l'adulterio, che non è  né  conclamato, né  tantomeno accertato, scivola nel patetico, più  che nel drammatico. L'ho trovata insulsa  e se non poco convincente, almeno  un pochino "insapore" : si tormenta, forse anche inutilmente, si macera nel dubbio, ma non agisce, se non per omissione( non dice dell'incidente col "subumano").
Alla fine , e il finale è  un grosso,  ma proprio  grossissimo "MAH" non ricorda, non sa, cosa è  accaduto come se avesse rimosso o  forse mai capito quello di cui è  o probabilmente  non è  responsabile... Quasi quasi  ho rivalutato Clare...
Il marito di Irene , non ne ricordo neanche il nome, e questo è  senz'altro un segnale da non sottovalutare,  è  un personaggio che poteva, a mio parere, dare una sferzata do verità  al romanzo...ebbene stento a credere, dato il suo atteggiamento  e anche l'epoca in cui il romanzo  è ambientato e in cui è  stato scritto che   sia  nero. Questa accondiscendenza, a tratti melliflua, mi ha decisamente  irritata. Ora non che volessi un personaggio  "testosteronico"  un marito "Alfa" per Irene, ma un uomo meno ambiguo, più determinato, assertivo...
Quella di Irene è  proprio una famiglia sui generis...anche i ragazzi, per quanto fugacemente presenti, non mi hanno convinta.
Ho trovato invece più  realistici  i personaggi secondari, mi hanno trasmesso  più  emozioni e mi hanno fatta entrare anche se in modo effimero in quel mood in cui avrei voluto immergermi profondamente  con la lettura di questo libro...
vabbe...è  andata così...

 

"Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore"
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16/03/2023 19:10 - 16/03/2023 19:15 #62761 da lettereminute
Risposta da lettereminute al topic "Due donne. Passing" di Nella Larsen
Accidenti, mi dispiace, Maria Luisa! :( Non hai avuto fortuna coi libri di recente... ma vedrai che dopo l'ondata grama ne arriverà una ricca di soddisfazioni! Lo vuole il karma!

Io questo libro l'ho apprezzato moltissimo invece, ma vedo che sono stata la sola ad esserne entusiasmata. Per me le dinamiche tra personaggi sono curatissime, non significa che mi piacciano come persone necessariamente, ma anche nelle mancanze, o soprattutto in quelle, li ho trovati verosimili. Siamo esseri molto imperfetti e dalle meschinerie molto piccine, agite spesso in maniera del tutto inconscia. Chi osserva bene se ne accorge.

Comunque, condivido un altro tipo di delusione: proprio ieri ho dato una chance all'adattamento di Netflix, è un film di un'oretta e mezza e prometteva bene, ma... ho dovuto mollarlo dopo neanche 20 minuti! E questo sì che viene ben giudicato dalla critica... mi sono sentita incompresa. Se a qualcuna interessa, è girato tutto in bianco e nero e ricorda un po' Hitchcock. La storia si presta, ma l'ho trovato un po' forzato...

Maria Chiara | Redattrice editoriale e per il Web | Social: @lettereminute
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17/03/2023 13:31 #62765 da bibbagood
Risposta da bibbagood al topic "Due donne. Passing" di Nella Larsen
@Maria Chiara, rispondendo al tuo esempio del legame con la regione di provenienza: sì, il tuo esempio è perfetto per rendere come si comporta in effetti Claire! Io però mi riferivo a quanto di questo sentimento è dovuto a chi è Claire/il ragazzo calabrese, e quanto invece è indotto dalla legge. Io ho una bisnonna valdostana, in vita mia sono stata in Valle d'Aosta un giorno a sciare e non ho mai conosciuto valdostani in vita mia; è quindi ovvio che non mi verrebbe mai in mente di pensare che sono per un ottavo (quindi più dell'1%) valdostana. Ma se ci fosse una legge che fin da piccola mi avesse messo a contatto solo con valdostani, obbligandomi a portare avanti quelle tradizioni, sottoponendomi a leggi speciali solo per valdostani: credo che la mia percezione di essere per un ottavo valdostana sarebbe molto differente. Quindi è questo che volevo dire con il concetto di identità: se la società ti impone il gruppo a cui devi appartenere, ovviamente è più probabile che ti ci senti parte, ma più le cose sono estreme (nel mio esempio, continuare a essere sottoposta a leggi speciali anche se l'unico parente valdostano risale ormai a tante generazioni prima) più sale l'insofferrenza, perchè non si capisce perchè mai il mio ottavo valdostano dovrebbe essere più forte dei miei sette ottavi romani, che mi permetterebbero di non essere ghettizzata. Vabeh, questo era per dire che quella legge era veramente assurda, una legge creata non tanto per ghettizzare le minoranze e "proteggere" la maggioranza, ma per creare minoranze e disuguaglianze che sarebbero altrimenti ben meno!!

Ho finito anche io da un paio di giorni il libro e anche se non sono affatto negativa non condivido neanche troppo l'entusiasmo di Maria Chiara, ma semplicemente per una questione di brevità. Ho trovato il personaggio di Irene ben strutturato e secondo me anche il finale è abbastanza in linea con il personaggio che abbiamo conosciuto: una maniaca dell'ordine, della vita secondo lei perfetta per la quale non è interessata a sentire cambiamenti di programma, piena di valori che devono essere seguiti e guai a metterli in discussione, per lei è tutto o bianco o nero, o giusto (quello che fa lei) o sbagliagto (quello che fanno gli altri, incluso suo marito, che deve comportarsi in tutto e per tutto come vuole lei); quindi toglie semplicemente gli ostacoli sul percorso, le cose che non ci confacciano a quel che lei ha già pianificato.

Ho trovato interessante la discussione che hanno a tavola, quando il marito vuole spiegare al figlio cosa è il linciaggio e perchè le persone di colore ne sono soggette. All'inizio ero dalla parte del marito, perchè secondo me è giusto e anzi importantissimo non far vivere i figli in una campana di vetro e spiegargli come va il mondo, in modo tale che mano mano che crescono siano preparati ad affrontare le difficoltà. Dall'altra però dopo un po' che la discussione andava avanti ho anche un pochino solidarizzato con Irene, perchè in effetti prima o poi queste cose si imparano ed è anche brutto che i bambini diventino grandi troppo presto, che smettano troppo presto di sognare e guardare con ingenuità alle cose. Per quello si ha tutta la vita (mamma mia quanto sono profonda oggi).

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