Letto anche io i primi sei capitoli e anche il mio giudizio per adesso è positivo. I protagonisti sono un po'più grandi rispetto ai protagonisti degli altri due libri, qui si riassume la fase adolescenziale e soprattutto universitaria che aveva caratterizzato Parlarne tra amici e Persone normali, per parlare della successiva fase di incertezze che la vita pone davanti, ovvero l'ansia di diventare trentenne senza aver raggiunto quella stabilità che a vent'anni si sembrava una cosa distante ma sicura. L'autrice aveva 26 e 27 anni con i primi due libri, mentre quando ha scritto questo ne aveva 30, secondo me una conferma di quel che si dice spesso su di lei, ovvero che scrive di cose che conosce.
Lo stile della scrittrice mi piace, già con pochi capitoli riesco a immaginarmi bene i personaggi, sentirmi coinvolta da loro e dalle loro storia. Pecca enorme della traduzione che all'inizio del capitolo 5 invece di "Come va?" traduce con "Com'è?"
Cioè, premesso che ormai a credo chiunque sia stato spiegato che è una locuzione grammaticalmente sbagliata, è inevitabile che il linguaggio parlato cambi e alcuni intercalari diventino di uso comune. Ma in un libro! Ma come si fa a scrivere una cosa simileeeeee! Già ero rimasta sconvolta dalla traduzione di un libro del mese che ho adorato, "L'educazione"di Tara Westover, perfetto se non fosse che Feltrinelli è rimasta probabilmente l'unica entità in Italia a non essere consapevole dell'utilizzo errato del "piuttosto che", e vedere che anche Einaudi non investe manco due soldi per far rileggere un volume che si sa sarebbe stato stravenduto è decisamente deprimente. Povera Sally Rooney
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Tornando al contenuto, trovo che anche qui emerga molto la vena politica della scrittrice, facendo riflettere le protagoniste sugli sprechi e l'inquinamento del tutto inutile, sul socialismo e il capitalismo (viene da una famiglia dichiaratamente socialista).
Nel capitolo 4 ho invece trovato interessante la riflessione sul dolore e la tristezza, di come la reale percezione di essi differisca enormemente dal ricordo che ne abbiamo. Mi ci ritrovo molto, non credo che con il passare del tempo si minimizzi per forza quel che si è provato, ma inevitabilmente se ne prendono le distanze e l'emozione che si vive sul momento sembra molto più significativa. E in particolare per le emozioni negative, esse diventano ricordi molto più forti rispetto a quelli causati da emozioni positive, dai quali prendiamo ancora più facilmente distanza.
Riporto il passo:
"O sarà che il dolore che provo in questo momento è così intenso da trascendere la mia capacità di ricostruire il dolore provato allora? Presumibilmente, la memoria della sofferenza non é mai tanto terribile quanto la sofferenza in corso, anche se quella passata era davvero molto peggiore - non possiamo ricordarci quanto fosse peggio, perchè il ricordo non ha la forza dell´ esperienza."