Per puro caso mi sono imbattuto in questo saggio. Le recensioni erano buone, ma la scelta di comprarlo e leggerlo è dovuta principalmente all'argomento.
Dunque, il saggio si intitola Achille e Odisseo. La ferocia e l'inganno di Matteo Nucci, edito da Einaudi.
Vi lascio alcune osservazioni annotate durante la lettura e ne consiglio la lettura, soprattutto a chi è appassionato di mitologia.
- La forma del saggio consente di portare avanti delle riflessioni che abbiano riscontro, innanzitutto, nelle fonti scritte. Ne emergono dei personaggi più complessi ma anche più interessanti rispetto a quelli delineati tradizionalmente e che, in qualche modo, sono fissati nell’immaginario comune. Il personaggio più distante da quello che comunemente si pensa risulta Paride, il quale emerge chiaramente come il principe troiano più vile, di cui la stessa Elena finisce per avere disprezzo.
In ogni caso i due personaggi protagonisti del saggio sono Achille ed Odisseo. Rispetto al secondo, in particolare, l’autore porta avanti l’opera di ricostruzione del personaggio, libero da tutto il significato attribuitogli dalla Divina Commedia di Dante, il quale non aveva letto Omero e aveva costruito Ulisse come simbolo della smania di conoscenza.
- Dunque, la vera contrapposizione tra Achille ed Odisseo è quella tra verità ed inganno: Odisseo è colui che pone il fine al di sopra dei mezzi, cioè colui che utilizza l’inganno per raggiungere i propri scopi. Anche Platone, ad esempio nel Filottete, fa di Odisseo il simbolo di una forma di intelligenza apprezzata tra gli antichi e dimenticata dai moderni: l’astuzia. Ed infatti, la dea dell’astuzia era Metis, colei che aveva aiutato prima Crono e poi Zeus contro i rispettivi padri e, mangiata da Zeus, era riuscita a dare alla luce una figlia, la dea Atena, protettrice di Odisseo. Con le stesse chiavi deve essere rivista la figura di Achille, l’uomo dal passo pesante e dalla caviglia fragile. Nella caviglia, dunque, e precisamente nell’astragalo, è la debolezza di Achille: la caviglia sottile non è un elemento di bellezza ma la capacità di assecondare il cambiamento e l’imprevedibilità.
- Il concetto di eroe dei poemi omerici è profondamente diverso rispetto a quello contemporaneo nel quale è predominante l’idea dell’invincibilità e del superpotere. Gli eroi omerici sono diventati tali nel momento in cui hanno realizzato pienamente se stessi, nel senso che hanno raggiunto la consapevolezza della loro mortalità e, dunque, della sacralità delle loro azioni che sono irripetibili e si contrappongono alle azioni ripetibili e prive di valore degli dei immortali.
La piena realizzazione dell’eroe omerico passa attraverso il fallimento. Anzi, la paura del fallimento impedisce di capire la profondità dell’uomo: l’eroe omerico è un eroe fragile che non si vergogna delle proprie lacrime. Ed infatti, Paride ci è presentato come l’unico a non aver mai pianto, dunque l’unico non eroe.
L’esempio più fulgido di eroe che combatte e rifugge dalla paura del fallimento è Ettore, il quale è consapevole che molto probabilmente avrà la peggio nello scontro imminente con Achille e, tuttavia, non ascolta i consigli di coloro che lo invitano a ritirarsi tra le mura di Ilio, comprese le persone a lui più care, e rimane in attesa della propria sfida.
- Bibliografia ragionata
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“In fondo, Achille e Odisseo, per come vissero il loro tempo libero, il tempo della critica e delle scelte, rappresentano un’opposizione umana eterna e metastorica ma prefigurano anche la grande divisione che si sarebbe creata via via nei secoli fino all’Europa che stiamo vivendo. Da una parte, quella dimensione greco-romana, tutta mediterranea, in cui il tempo libero va allungato il più possibile perché ciò che conta nella nostra vita è proprio il tempo e dunque le scelte che dobbiamo compiere per vivere il più intensamente possibile il nostro presente e cercare il piacere e la felicità. Dall’altra, una dimensione efficiente e vincente, nordeuropea e anglosassone, protestante e capitalista … in cui il tempo serve a realizzare le proprie ambizioni di successo nella vita sociale a partire dal lavoro, a vincere l’avversario, conquistare denaro e dunque assicurarsi la felicità nell’aldilà, il Paradiso dei giusti”. (cit. p.178)