Buonasera forum!
Questo pomeriggio ho concluso il libro, e devo dire che mi è piaciuto molto. Di norma i libri che non danno molte spiegazioni mi lasciano alquanto insoddisfatta, perché preferisco avere delle conclusioni nette; ma questo libro, non so perché, mi ha convinta anche e soprattutto per questo sapere/non sapere cosa stia accadendo, che significato abbia e quale sia il contesto.
Credo che questo sia dovuto alla personale considerazione a cui sono arrivata: il contorno è poco importante di fronte ai temi centrali della conoscenza e della socialità.
Rispetto alla conoscenza, ho apprezzato molto la presa di posizione della protagonista che, costretta in cattività da sempre, non ha alcuna contezza del "mondo di prima". Questo non le è d'ostacolo; anzi, vuole apprendere quanto più gli è possibile ...
"[...] anche se non dovesse mai servirmi a nulla. E poi non dimenticare che sono la più giovane, è probabile che un giorno io rimanga da sola e forse avrò bisogno di conoscere alcune cose per ragioni di cui oggi non ho la minima idea".
La protagonista non accetta la reticenza delle altre ad insegnarle ciò che sanno, al punto che fa coincidere l'inizio della sua memoria con la rabbia. Ho trovato molto interessante ed esemplificativo il passaggio:
“Tanto a cosa ti servirebbe saperlo?"
[…]
"Sapere serve a sapere! […] Voglio sapere tutto ciò che c’è da sapere, giusto per, per il semplice piacere di saperlo, e ora esigo che tu mi insegni tutto quello che sai anche se non dovesse mai servirmi a nulla."
Inizia allora il personalissimo percorso di conoscenza della protagonista, un po' guidato dalle altre donne, un po' dettato dalla sua stessa curiosità.
La conoscenza, a mio parere, si intreccia con la socialità. Ho apprezzato molto
Anche la parola è un tema centrale e importante: sono infatti molti i rimandi all'interno del testo, esemplificate dalla citazione "
Parlare è esistere". "Io che non ho conosciuto gli uomini" mi ha portata ad interrogarmi: parlare per chi? Parlare per cosa? A cosa serve parlare? E la risposta che mi sembra di cogliere dal testo è: parlare per comunicare con gli altri; parlare per entrare in contatto con l'Altro da noi. Questa riflessione mi scaturisce dal passaggio:
da un’eternità non avevano un bel niente da dirsi, ma un essere umano ha bisogno di parlare, altrimenti perde la sua stessa umanità
E infatti le donne parlano continuamente tra loro, anche quando non hanno nulla da dirsi, anche quando l'argomento è futile come la modalità di cottura delle verdure (sempre la stessa).
"Io che non conosco gli uomini" mi ha fatto sorgere due quesiti che vi sottopongo:
- “Siamo davvero poco ingegnose!", esclamò Germaine infastidita.
"Veniamo da un mondo in cui non era necessario esserlo, trovavamo le cose già pronte senza chiederci come venissero prodotte”.
In effetti non siamo anche noi così? Anche se abbiamo tutti gli agi e tutte le comodità; anche se non ci vestiamo di pezzi di stoffa cuciti coi capelli; anche se non viviamo in gabbia; ma non siamo anche noi poco portati all'ingegnosità? Abbiamo i supermercati, i centri commerciali, le sartorie e qualunque servizio possiamo immaginarci. Quanto siamo però realmente in grado di procacciarci qualcuno dei beni di cui necessitiamo senza aiuto?
- “Ho ricevuto quella carezza diverse volte, la sola che potessi tollerare, il ringraziamento silenzioso di una donna che riceveva la morte dalle mie mani”.
L'eutanasia è argomento decisamente caldo: c'è chi lo ritiene un diritto, e chi lo demonizza come un crimine contro la vita. Voi cosa ne pensate?
Un saluto a tutti!