Stamattina ho letto le prime quaranta pagine e Thich Nhat Hanh sostiene che molte persone vivono con la costante paura di qualcosa e sono assolutamente d'accordo con lui per quella che è la mia esperienza diretta e indiretta. Spesso percepiamo la paura come ansia e preoccupazione, ma alla fine quasi sempre si riduce alla paura di perdere tutto e tutti o a traumi che ci portiamo dietro dall'infanzia quando eravamo dei bambini indifesi e che alimentano la paura dell'abbandono, della solitudine, di non essere amati. Il più delle volte cerchiamo di distrarci per non pensare, cerchiamo di fare altro, c'è chi si perde in dipendenze di vario tipo, tutto questo pur di non fare i conti con le proprie paure. Questo modo di fare non fa altro che accrescere i problemi e le sofferenze. Per dirla in parole povere, spesso mettiamo la polvere sotto al tappeto, ma la polvere non sparisce.
Thich ci dice che dobbiamo essere consapevoli: dobbiamo riconoscere che esiste la paura e non dobbiamo giudicarla, una volta fatto questo sentiremo più sollievo e la stessa paura si sarà calmata. Il passo successivo sarà quello di guardare in profondità per capire da cosa la paura è generata, solo così saremo in grado di lasciarla andare ed essere liberi.
A seconda del tipo di paura provata, Thich ci suggerisce delle pratiche da fare.
Spesso rimaniamo ancorati al passato (eccomi!) e guardiamo in loop scene che ci hanno fatto stare male perché riteniamo che le cose accadute, anche se dolorose, siano meglio perché "familiari" rispetto all'incertezza (cioè paura) data dal futuro. Ovviamente tutto questo è sbagliato perché nessuno di noi vive davvero nel passato (che è in quanto tale è già accaduto) né vive davvero nel futuro (che in quanto tale non esiste), quindi l'unico momento che possiamo vivere è il presente e nel presente non accade niente di tutto quello che vediamo nei nostri trip mentali. Se nel passato qualcuno ci ha offeso, nel momento presente quella persona non c'è e non c'è l'offesa quindi, in realtà, stiamo bene ma non ce ne accorgiamo perché la nostra mente proietta sempre dei film passati che ci distraggono dal momento presente.
La cosa da fare è essere consapevoli del momento presente, bisogna guardare dentro di sé e rendersi conto che siamo vivi, stiamo bene in questo preciso istante. Nel momento in cui spostiamo l'attenzione dal tempo X (passato o futuro) al momento presente, cadono molte preoccupazioni perché queste sono sempre legate al passato o al futuro. Per iniziare, la pratica suggerita è il respiro consapevole, cioè bisogna concentrarsi con tutti i sensi sul respiro quindi avvertire l'aria che inaliamo, i polmoni che si gonfiano, l'aria che esce dalle narici, ecc. Cose che si fanno molto bene con le meditazioni guidate e che consiglio a tutti. Ci saranno sempre dei pensieri che sfuggono, l'importante è rendersene conto con calma e serenità e ritornare a focalizzarsi sulla respirazione... ogni volta che accade.
Comunque, spesso questo ritorno al passato è dovuto non tanto alla cosa negativa che vediamo, ma è collegato a nostre paure pregresse. Sono paure del nostro bambino interiore, cioè quelle paure che abbiamo interiorizzato da piccoli quando eravamo psicologicamente fragili e vulnerabili (appunto perché bambini), paure quindi che abbiamo fatto nostre, che ci condizionano ancora da adulti e ci recano sofferenze perché non le abbiamo mai affrontate con consapevolezza.
A me è piaciuta molto la parte in cui, nel capitolo Un tempo precedente, Thich parla di "cordoni ombelicali" che lui ha visto durante una pratica di meditazione. Il senso del suo discorso è che quando si pratica la meditazione, si vedono cose che prima non si vedevano e nel suo esempio si parlava della paura di essere soli, paura che non dovrebbe esserci perché, a ben guardare, siamo tutti collegati tra di noi e con la natura. Senza il sole non esisteremmo, senza l'acqua pure, senza gli alberi non avremmo ossigeno, senza la terra non avremmo cibo, senza i contadini non avremmo sulle nostre tavole molti alimenti, senza il panettiere non mangeremmo il pane e via dicendo.
Un uomo dovrebbe essere ciò che sembra
e chi uomo non è, uomo non dovrebbe sembrare.
Otello - William Shakespeare