Il passaggio che ho trovato più  incisivo è  quello in cui Sacks riporta la distinzione fra Zasetskij  e il dottor P. ...il primo lottava per riacquistare  le facoltà  perdute, mentre il dott.P. non lottava, perché non sapeva  neanche di aver subito una perdita... da cui l'interrogativo  inquietante:" Chi dei due era più  tragico, chi era maggiormente  anima perduta: l'uomo  che sapeva  o l'uomo  he non sapeva? Ci ho riflettuto e credo  che l'assenza di consapevolezza  sia più  terribile  della perdita consapevole,  per quanto apparentemente  quest'ultima possa innescare maggiori difficoltà  e senso d'impotenza,  poiché in questo caso il soggetto  ha ancora un controllo su sé stesso,  anche se è  un se stesso carente, deficitario, il fatto di esserne consapevole lo rende  la stessa persona di prima,  anche se con un grave problema... Nel caso di assenza di consapevolezza  invece trovo che ci sia un'angoscia di fondo,  e non solo nelle persone che sono accanto al malato, ma nello stesso soggetto  che in qualche modo diviene vittima  di sé stesso, della propria  inconsapevolezza, ed è  perduto per sempre, perché ha perso la facoltà  più importante: essere presente a sé stesso... Vive in un limbo, che ritengo più  inquietante dell' inferno in cui è  sprofondato l'altro... Immagino che ci saranno opinioni differenti in merito e sarebbe  interessante  conoscere  le argomentazioni che sorreggono  la maggiore o minore tragicità delle due situazioni...fermo restando  che entrambe a mio avviso  sono terribili...

meglio essere consapevoli o vivere nell'oblio? Entrambe sono terribili. La consapevolezza dell'impotenza , i ricordi di ciò che era e più non è, o lo smarrimento più totale e soprattutto la perdita della propria identità, con quella delle persone che amiamo che nei ricordi e nel presente si fanno sempre più offuscate? Personalmente temo più quest'ultima. Da quando la mia patologia comporta piccoli deficit di memoria vivo temendo che un domani, con l'età come dice Marialuisa, si presentino perdite maggiori o irreparabili. Una delle malattie, a me note, che temo più di tutte è l' Alzheimer infatti. Per cui mi sono soffermata sulla domanda che l'autore ci sottopone e ho trovato facilmente la mia risposta.
Penso che i ricordi e gli affetti nella vita siano le cose più preziose... perché sono tutta la nostra storia e la sua essenza. Senza di esse chi siamo?

Ho letto finora la storia del Signor P. e anch'io mi sono posta la domanda dello stesso autore "Ma chi era più tragico, chi era maggiormente anima perduta: l’uomo che sapeva o l’uomo che non sapeva? ". Avendo avuto un paio di familiari con problemi di salute molto gravi che hanno portato a perdite cognitive m verrebbe da dire che nel momento in cui "non realizzi" quello che non ricordi puoi vivere bene ma, se soltanto una minima parte di te (come è successo a mia mamma a causa di un tumore cerebrale) è ancora "viva" è terribile. Sapere d avere dei ricordi, cercare una parola specifica,.... ma non riuscire a formulare a pieno tale pensiero o esprimersi come si vorrebbe perché qualcosa di inesplicabile ti blocca. in fondo i Signor P. ha la musica che lo accompagna sempre, lui cantando riesco a svolgere le tue attività quotidiane e, sembra, comunque felice.