Un nì per questo romanzo
bello l'inizio con inizio con un viaggio nel tempo che ci trasporta in un’epoca di incontaminata e rigogliosa vegetazione, dove la ricchezza del palazzo reale contrasta nettamente con la povertà estrema di capanne e fango. La società è rigidamente strutturata e dominata dalle superstizioni, con Merlino che, seppur ridicolizzato dal protagonista, mantiene il ruolo di figura di potere. Il protagonista, grazie a una serie di espedienti, riesce a sottrarre a Merlino il suo status di “mago”, sfruttando eventi come un’eclissi o la riattivazione di un pozzo per conquistare la fiducia del popolo e introdurre le innovazioni del suo secolo.
Poi, Tuttavia, la narrazione salta rapidamente da questi primi trionfi alla comparsa improvvisa di tecnologie avanzate come la corrente elettrica, il telefono, le mine e persino un sistema di scrittura, senza spiegare adeguatamente come tutto ciò sia stato realizzato in un’epoca tanto arretrata. Il romanzo dà quasi per scontato che un uomo solo, per quanto geniale, possa portare un intero Medioevo alla modernità senza difficoltà né opposizioni strutturali. Sorvolando su queste semplificazioni, il libro resta godibile e capace di restituire immagini vivide di un’epoca remota. Particolarmente interessante il capitolo sul vaiolo, che riesce a trasmettere tutta la drammaticità della malattia in un contesto privo di conoscenze mediche adeguate. Purtroppo, il finale risulta meno curato: gli ultimi capitoli sembrano scritti in fretta, la morte di re Artù è trattata con troppa leggerezza, e il ritorno del protagonista nel suo secolo avviene senza una vera spiegazione, rendendo il viaggio nel tempo quasi fine a se stesso. Forse Twain vuole suggerire che il progresso, anziché migliorare il passato, ha portato solo tragedia e morte? O che la Chiesa, con il suo dominio sulle masse, sia un’illusione invincibile? Mah non so