Ieri è iniziata la quinta edizione degli Stati Generali di Salerno Letteratura. A causa dell'emergenza sanitaria ancora in corso, la prima parte dell'edizione 2020 si è svolta, ieri pomeriggio alle 16 e 30, esclusivamente in forma digitale. L'evento è stato dedicato a Edoardo Sanguineti, a dieci anni dalla sua scomparsa e a novant'anni dalla sua nascita. A ricordare la figura di quello che Romano Luperini definì "l'ultimo intellettuale del Novecento", ed i molteplici aspetti della sua lunga e copiosa produzione poetica, narrativa, critica, drammaturgica, traduttrice ed accademica, troviamo: Cecilia Bello, italianista della Sapienza; Corrado Bologna, filologo romanzo della Normale, che sceneggiò il "Chisciotte" cinematografico di Mimmo Paladino, chiamando Sanguineti a interpretare se stesso; Gabriele Frasca, poeta, romanziere, saggista; Federico Sanguineti, figlio di Edoardo. Questo grande protagonista della vita culturale italiana della seconda metà del secolo scorso pubblicò la sua prima raccolta di poesie, "Laborintus", nel 1956, seguita nel 1961 da "Erotopaegnia", entrambe sperimentali, molto colte e talvolta indecifrabili. L'opera di Sanguineti, infatti, si presentò subito come un tentativo di infrangere radicalmente i tradizionali codici linguistici e letterari. Dalla rielaborazione della sua tesi di laurea nacque il saggio "Interpretazione di Malebolge" (1961), il primo di una lunga serie di importanti studi critici sulla letteratura italiana. Negli anni Sessanta Sanguineti fu uno dei maggiori sostenitori e animatori del Gruppo 63, attraverso articoli su riviste, saggi, opere in versi e in prosa, fra cui il romanzo sperimentale "Capriccio italiano" (1963) e la raccolta poetica "Triperuno" (1964), che comprende, oltre a "Laborintus" ed "Erotopaegnia", anche "Purgatorio de l'Inferno", raccolta poetica che segna una parziale svolta verso il recupero di una volontà comunicativa che si traduce nella scelta di un linguaggio più lineare; il titolo della raccolta, "Triperuno", fa riferimento al "Caos di Triperuno" di Teofilo Folengo, poeta del Cinquecento che scrisse i suoi testi in un giocoso latino maccheronico. In esso si delinea un percorso verso la possibilità di una partecipazione positiva alla storia, fuori dal caotico labirinto della vita e della "palus putredinis" ("palude del putridume") delineata in "Laborintus".