Scusami Francis, ma io ho una critica.
(Premetto una cosa: non sono una classicista, la mia critica si basa sui ricordi del liceo classico, ricordi vaghi, che non mi permettono di dare riferimenti specifici, quindi le mie parole vanno prese con le pinze, corrette se necessario, integrate, ecc...).
Mi sembra che in questo articolo ci sia un problema di anacronismo: l'omosessualità, così come la intendiamo noi uomini del 2015, ha a che vedere solo in parte con l'omosessualità di Socrate o dei suoi "coetanei".
Per noi l'omosessualità è l'amore tra due persone dello stesso sesso, siano essi due uomini o due donne.
Per loro l'omosessualità era l'amore tra due
uomini, punto. Era l'unico amore possibile visto che la
donna non era considerata in grado di provare quel sentimento di
philia che è alla base del sentimento amoroso.
[Noi spesso al liceo traduciamo philia come amicizia, ma che è l'amicizia nel suo significato più alto e sublime. Provo a spiegarla con due esempi famosi: è capace di philia Teseo, che scende nell'Ade al fianco dell'amico/amante Piritoo per rapire Persefone; NON è capace di philia Andromaca, quando tenta di dissuadere Ettore dall'affrontare Achille (furente per la morte di Patroclo, dunque capace di philia anche lui). Andromaca non è una moglie innamorata che piange e teme per la morte del marito, no, Andromaca piange perché conosce l'epilogo amaro della vita di una donna che non ha un uomo a tutelare lei e il figlio in una società che è essenzialmente maschile.]
La donna non è capace di philia, dunque non sa amare (dicevano gli uomini).
Poi, non che l'omosessualità tra donne non esistesse, e neanche che non fosse conosciuta, ma ecco questa sì, era un tabù (pensate solo a Saffo, che viene riscoperta in seguito dai Romani), una cosa di cui non era bene parlare, e infatti Kenneth J. Dover lamenta la mancanza di fonti in questo senso.
Questa è l'unica critica che muovo all'articolo. Leggendolo si ha l'impressione che quando dico la parola "omosessualità" le do lo stesso valore/significato di quello che gli davano gli uomini della Grecia antica, ma questo non è esatto: ci sono più di duemila anni tra noi e loro, una concezione dell'uomo e del bambino che si è modificata e evoluta nel tempo, valori diversi, idee, rivalutazione della donna...
Faccio un solo esempio forte: per noi un adulto che inizia una relazione amorosa con un adolescente è un pedofilo, sia esso etero o omosessuale; per l'uomo dell'antica Grecia questo invece non era insolito, al contrario avere una relazione con un coetaneo era insolito: la reputazione dell’amato (l’elemento passivo dei due) ne veniva compromessa perché finiva con l’associarlo al genere femminile.
Spero di aver reso chiaro quello che volevo dire. Purtroppo, come scrivevo all'inizio, mi affido solo ai miei ricordi ma c'è un libro che ricordo:
le nozze di Cadmo e Armonia, di Calasso. Non è un saggio, è un vero e proprio libro di narrativa che, in un turbinio di miti, ci permette di sbirciare dietro le figure di dei ed eroi e dare uno sguardo alla cultura greca ed è... splendido. Vi spiegherà la questione della philia mooooooolto meglio di me
Finisco chiedendo scusa per il papiro.