Domenica 7 settembre ci siamo incontrate per parlare del libro scelto per la letteratura sudamericana, Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez.Abbiamo subito notato che i nomi della famiglia Buendía erano complessi da seguire, problema risolto grazie a uno schema dell’albero genealogico. Anche la mancanza di capitoli ha rallentato la lettura rispetto a testi con episodi più circoscritti. Superate queste difficoltà, il libro ci è piaciuto molto.La discussione non ha seguito la sequenza cronologica della storia, forse perché ci siamo lasciate trasportare dal modo in cui Márquez ci sbalza di tanto in tanto verso eventi futuri o passati, per poi riprendere naturalmente la narrazione interrotta. Márquez ci ha avvolto nell’atmosfera onirica che caratterizza il romanzo, e abbiamo riconosciuto nei personaggi diversi simboli narrativi:
- Úrsula Iguarán: spirito guida, l’unica sensata della famiglia.
- Amaranta: personaggio negativo, personifica rancore e ossessione per la vendetta, a discapito della propria felicità e di quella altrui.
- José Arcadio Buendía (il fondatore): rappresenta la spinta vitale alla creazione e alla sperimentazione. Ci ha colpito la descrizione della sua morte, una delle più poetiche del libro: la pioggia di fiori gialli lascia un’immagine indelebile del funerale del “re”.
- Pilar: personaggio divisivo, ma pilastro della storia, con un ruolo cruciale nella svolta sessuale e nella discendenza dei primi Buendía.
Ci siamo soffermate sul significato della straordinaria proliferazione degli animali, collegandola ad Aureliano Secondo Buendía (uno dei gemelli, figlio di Sofía de la Piedad e José Arcadio Buendía, a sua volta figlio di Pilar Ternera e José Arcadio Buendía, primogenito di Úrsula Iguarán).Questa moltiplicazione rapida e incontrollata ricorda un sortilegio che attraversa la storia come un filo invisibile. Personalmente ho pensato che potesse simboleggiare la traslazione dell’energia sessuale e passionale tra Aureliano Secondo (castrato dalla rigidità della moglie legittima) e la sua amante senza freni, con scintille ed eccessi che ritroviamo nella fecondità delirante degli animali, della fortuna e dei soldi. La passione viene mitigata dalla grande alluvione, che spegne gli eccessi e lascia sentimenti più moderati.Melquíades è un’altra figura che attraversa tutto il libro e rafforza il realismo magico, dal libro misterioso che scrive in solitaria alla sua stanza che non accumula mai un granello di polvere.Márquez alterna personaggi con dettagliate descrizioni delle origini e altri di cui lascia nell’ignoranza il lettore, permettendo di colmare il vuoto con la propria fantasia: è il caso di Rebeca, che arriva dal nulla con le sue ossa nel sacco, o di Sofía, che lascia la casa senza che si sappia più nulla di lei.Abbiamo citato anche Don Fernando del Capio, almeno per la sua scelta “originale” come ultimo pacco da inviare a sua figlia, sé stesso.Abbiamo notato ciclicità nel rapporto zia/nipote quando Amaranta Úrsula partorisce il figlio di Aureliano Buendía (figlio di Mauricio Babilonia e Renata Remedios, figlia di Aureliano Secondo Buendía, uno dei gemelli e nipote di Úrsula Iguarán). Quest’ultimo bambino nasce con la temuta coda di maiale, maledizione predetta all’inizio del romanzo a causa di un precedente familiare: una zia di Úrsula che si era sposata con uno zio di José Arcadio Buendía e aveva avuto un figlio morto senza discendenza. La coda di maiale diventa simbolo della ripetizione ciclica degli errori della famiglia e della fine della stirpe.Macondo nasce come paradiso terrestre, ma inevitabilmente cresce e matura in purgatorio e inferno, fino a scomparire.Cent’anni di solitudine è un romanzo di magia, vita, morte, follia, amore, invidia, delusioni, illusioni, guerra, natura, giustizia, progresso e regressione: un cerchio dove tutto inizia e tutto finisce, dove tutto si ripete e nulla è mai veramente nuovo.