27 Luglio: luna crescente che si scorge appena nel cielo ancora azzurro del tardo pomeriggio d’estate che vede riuniti, a distanza, i fedelissimi membri del Club del Libro. Compaiono man mano i volti noti dei nostri compagni di lettura e si entra nel cuore pulsante della discussione sul libro del mese: “CARRIE” di Stephen King. Non miro a raggiungere la maestria dell’autore nel saper creare atmosfere di disarmante inquietudine e dramma misterioso, ma ho voluto tentare di restituire l’immagine dell’ultimo incontro del Club del Libro che, anche nella stagione della tintarella e delle granite, non rinuncia al masochistico gusto per il turbamento. Horror era il genere del mese e anche se King preferisce accostarvisi in modo poco convenzionale, tutti, o quasi, hanno apprezzato la scelta. Probabilmente è proprio in virtù dello stile accattivante, delle immagini intrise di cruenta vividezza senza essere eccessivamente invadenti, della storia lineare che non sfiora mai la banalità, che ne siamo rimasti conquistati. Non abbiamo raggiunto l’unanimità ma siamo piuttosto vicini alla votazione massima e, anche chi non ha apprezzato il libro in maniera significativa, ha comunque trovato spunti di riflessione interessanti.Dato che amo la numerologia e che, sfortunatamente, non ho potuto partecipare all’incontro sull’Aleph, ho deciso che TRE, come la Trinità che richiama la religione cristiana che rientra a pieno titolo tra i “personaggi” dell’opera, sono i punti principali emersi dalla discussione.UNO è il tema della crescita e dell’adolescenza. Ci rivediamo in Carrie, nel senso di inadeguatezza e di rabbia talora dimessa, talora violenta, che scuote l’animo di qualsiasi giovane ragazzo/a vittima di bullismo. I compagni di scuola sono amici, ma anche conviventi di un ambiente in cui ci si osserva vicendevolmente in una sorta di lotta per la sopravvivenza della reputazione, come in “Hunger Games” o, per i più nostalgici, in un moderno Western di liceali. Da qui nasce quindi l’empatia e il trasporto per una figura, quella di Carrie, che si trova ad affrontare la crudeltà dei suoi coetanei dopo aver dovuto subire la furia mistica della madre ossessionata da un pudore malato, decisamente distante dalla vera cristianità.DUE è la candida bellezza che, tra le tinte sanguinolente del romanzo, si cela nei personaggi di Sue e Tommy. Quando si parla del male, della spaventosa cupezza dell’animo umano, non si deve lasciare che il fascino della marcescenza cancelli la freschezza autentica di chi conserva la bontà che è propria dell’uomo tanto quanto la malvagità. C’è ancora speranza per le
Carrie del futuro di essere reintegrate e di poter vivere un lieto fine in un mondo in cui le
Sue e i
Tommy riusciranno a prendere il sopravvento.TRE la questione del genere. Ci siamo interrogate sul significato del termine “Horror”. La radice della parola deriva dal latino e fa riferimento all’orripilazione, all’atto di rabbrividire di fronte a qualcosa di sconcertante. Con il tempo questo è diventato sinonimo di vampiri e sangue, di scene cruente dominate da pugnali e interiora, di tutto ciò che genera uno shock. Tuttavia sono davvero solo gli stimoli visivi potenti a farci accapponare la pelle? Non è forse più orripilante il pensiero, insidioso e persistente, della malvagità che siamo in grado di perpetrare? Non siamo forse maggiormente scossi dall’idea dell'abitudine al male e alla grettezza, che rischia di renderci impermeabili alla compassione?Poche pagine di un libro che forse non è nemmeno il migliore di King ma che sicuramente fa riflettere: pensare e condividere idee è proprio lo scopo del nostro Club. In attesa di assaporare insieme anche un fresco aperitivo, diamo un 5/5 anche alla riunione a distanza. Vi lascio con una “editing fotografico” che spero evocherà la giusta dose di "
horror" e di "humor".