Per il mese di luglio il Club del Libro di Firenze ha scelto Flatlandia di Edwin A. Abbott.
La maggior parte di lettori e lettrici ha trovato un po' ostico l'inizio del libro poiché è necessario entrare nella mente e nell'ottica del racconto, tuttavia tutti hanno continuato la lettura e la maggior parte ha riscontrato una maggior scorrevolezza del racconto e del linguaggio una volta entrati nell'ottica. A Giulia è sembrato di essere tornata a lezione di geometria alle superiori.
A Paola è piaciuta la dedica che trova leggermente ironica e si è riflettuto sull'importanza dell'immaginazione e della modestia in particolare in riferimento al fatto che pensiamo che non esista altro al di fuori di noi e che il nostro mondo sia migliore.
La maggior parte di noi ha riso o sorriso in alcune sezione, in particolare, la parte dedicata alle donne in quanto si ritiene fosse ironica e non corrispondente alle idee dell'autore anche se questi è stato accusato di misoginia. L'autore è consapevole della paura che incute la donna e, in realtà, il linguaggio e le descrizioni presenti nel libro sono reiterati nei secoli.
Crediamo che il libro sia una critica parzialmente ironica alla società in cui vive l'autore di cui sembra esserne il riflesso. Isabella vede una satira feroce della società vittoriana e considera Flatlandia un mondo distopico, crudele e misogeno in cui le donne sono sacrificate e ritenute pericolose e gli irregolari eliminati senza pietà.
Sono numerosi i temi trattati che risultano attuali, a partire da quello già citato delle donne per proseguire con la negazione di ciò che non si vede, la suddivisione in caste sociali, il desiderio di modificare il proprio "corpo" per renderlo meno "irregolare" o più vicino alla perfezione e il rifiuto per ciò che è diverso, in questo caso, gli irregolari.
Particolarmente interessanti:
- il brano in cui si parla delle operazioni chirurgiche per aumentare il numero dei lati che spesso portano alla morte dei figli dell'élite e che mostra l'idea dello scrittore sull'educazione a cui erano sottoposti i figli dei nobili in epoca vittoriana;
- l'episodio del colore che scaturisce da una riflessione sulla povertà dell'arte. Paola pensa che possa essere una critica all'artista che ha l' estro, ma non è scientifico.
A Luca è piaciuta molto la postfazione per lo stile e il linguaggio di Manganelli.
Ruh trova molto interessante l'intersecazione del linguaggio della matematica con quello italiano (nel nostro caso) e i disegni di spiegazione, molto utili e interessanti. Per Isabella e Serena trovano l'uso della geometria è geniale e divertente, ma solo finalizzato alla satira. Serena ha proposto un parallelismo con Cezanne (il libro è del 1884) che diceva che per capire l'essenza dell'essere umano lo si può semplificare con le più semplici figure geometriche che raccolgono la sua anima, la sua collocazione fisica nel mondo, la relazione tra la sua presenza fisica e il mondo con cui si relaziona. Le è tornato in mente Kandinskji che applicava il movimento alla geometria e la stessa precedente avanguardia del Cubismo che applicava alla geometria il concetto di simultaneità.
SPOILER: Il protagonista è un quadrato curioso, un personaggio con un piede immerso nella sua piatta e crudele società e con un piede nei mondi altri che visita. È un personaggio che non si adegua alle regole e, chiaramente, pagherà il suo essere curioso.
A Giulia ha colpito, il chiedersi "perché fermarsi alla quarta dimensione?" e trova la prospettiva di universi con molte più dimensioni, difficile da immaginare.
Il libro risulta perfettamente inserito nella sua epoca con il tentativo di parlare della realtà (criticandola) rappresentandola con il linguaggio del progresso di fine XIX sec. Sicuramente la mente che ha concepito questo lavoro era particolare; in conclusione è un libro carino leggere in poco tempo, interessante e fuori dall'ordinario.
Grazie a coloro che ci leggono,
Adriana, Giulia, Isabella, Luca, Paola, Ruh e Serena