Dopo alcuni mesi di assenza da questi schermi, eccomi tornare alla tastiera per redigere gli accadimenti del nostro ultimo incontro.Al nostro arrivo, il circo letto ci ha accolto al mio tavolo preferito, quello interno, in un angoletto pieno d’atmosfera, dove divani e poltroncine in vari stili fanno da cornice alle nostre chiacchiere colte. Tra noi, altre due ragazze si sono aggiunte la gruppo e con stupore abbiamo appreso che entrambe si chiamano Sara: ci hanno raggiunti da Assisi, da cui ancora non avevamo partecipanti!Tra i presenti, le colonne portanti del nostro insieme, Alessandra e Francesca; e, ancora, Pamela e Simona, Tiziana Marco e Massimo ci hanno accompagnati nel nostro viaggio attraverso Marrakech. La categoria del mese, infatti, era proprio Letteratura di viaggio, semento amplissimo, che ci avrebbe potuto condurre sia in terre vere, che in ambienti immaginari… eppure, tra le tante proposte, ha vinto Le Voci di Marrakech, resoconto di un viaggio che Elias Canetti, nel 1954, ha condotto nel magico Marocco, al seguito di un truppe cinematografica. Tutti avevamo dedicato parte del nostro tempo a conoscere meglio questo scrittore, che ha come sempre diviso il nostro gruppo, tra chi ha apprezzato la sua narrativa e chi, invece, l’ha trovata troppo fredda e distaccata. Il testo si propone come una serie di racconti brevi, che di capitolo in capitolo ci conduce a conoscere una terra lontana, non solo per naturale geografia, ma ancor più come tradizioni, cultura e abitudini. Alessandra ha subito trovato un blocco difficile da superare, legato alle nefandezze riservate ai poveri cammelli: queste bestie così grandi e fiere, vengono descritte nei loro giorni peggiori, quelli in cui le carovane vengono condotte al macello e a sentire Canetti, sembra quasi che alcuni di loro possano capire L’ infausto destino che sta per coglierli. Abbiamo assistito, grazie alla sua penna, a scene di ribellioni di queste bestie, alcune forti e tenaci, altre indomabili e malate, con i loro lamenti, gli odori pungenti, la polvere nella calura prossima al deserto…siamo approdati al suk, tra venditori di tappeti, borse e valigie, dove nessuno appare interessato a vendere, il prezzo non è mai esposto, salvo poi lanciarsi in una ricca contrattazione tra acquirente e venditore, dialoghi che portano a conoscere più profondamente i protagonisti della trattativa, assaporando del tè alla menta caldo e,senza questa messinscena, non si arriverebbe all’affare per nessuno dei due. Le donne che vendono il pane, ognuno diverso, celato nelle ceste avvolte da panni, per ripararlo dal sole, dalla polvere, eppure esposto, maneggiato delicatamente, lanciato in aria e ripreso al volo, come fosse una loro stessa appendice; come se volessero lasciar conoscere qualcosa di sé, senza svelare ciò che deve rimanere celato! Ci siamo rinfrescati dalla calura secca e asciutta, nei soggiorni delle case del posto, case che non hanno mai finestre verso la strada, ma che mostrano poi un cortile interno, in cui potersi sciogliere in famiglia…Abbiamo passeggiato tra i quartieri di Marrakech, tra mendicanti sacri e purissimi, ciechi avvolti da un’ aura di divinità, che non mancano di mettere in bocca le monetine dell’elemosina per poi osannare e benedire il benefattore di turno.Tra i poveri mendicanti, c’erano tanti bambini, che il nostro autore vede come povere creature innocenti, concedendo loro la dimensione dell’infanzia che meritano, la purezza e l’innocenza che, a sentire i locali, non hanno più da tempo… e come il nostro autore, ci siamo indignati al solo immaginare che quelle brutte parole potessero essere vere! Tutti abbiamo colto la massima poetica nella descrizione delle passeggiate a la Mellah o al cimitero ebraico,che appare come un deserto di uomini morti,coperti di pietra, senza un fiore, ma on tanta pace. La divisione del nostro gruppo ci ha portati a dibattere se queste scene descritte come istantanee di viaggio potessero essere troppo fredde, scostanti, o se avessero un retrogusto di cliché da occidentali… eppure, Canetti per primo afferma “Quando si viaggia si prende tutto come viene, lo sdegno rimane a casa. Si osserva, si ascolta, ci si entusiasma per le cose più atroci solo perché sono nuove. I buoni viaggiatori sono gente senza cuore dal racconto.” E noi questo abbiamo fatto, ci siamo entusiasmati anche per le cose più atroci, le puzze e gli odori, i colori e le bave dei ciechi mendicanti, calandoci perfettamente in una terra per molti di noi sconosciuta, apprezzando la narrativa elegante e asciutta di Canetti, descrittiva e forse poco empatica, ma priva di pregiudizio e mai trasandata. Il mese prossimo, saremo alle prese con I diabolici di Boileau e Narcejac, per la categoria proposta da Daniele: “Thriller psicologico”. La data del futuro incontro e in corso di definizione, ma appena sarà stabilita, verrà pubblicata negli appositi canali. A presto amici!