SINOSSI

Le parole sono centrali nelle nostre vite e dischiudono infinite opportunità. Per questo dovremmo instaurare con loro una vera e propria relazione amorosa, sana, libera, matura. Perché le parole ci permettono di vivere meglio e ci danno la possibilità di cambiare il mondo.
Chi può definirsi grammamante? Chi ama la lingua in modo non violento, la studia e così comprende di doverla lasciare libera di mutare a seconda delle evoluzioni della società, cioè degli usi che le persone ne fanno ogni giorno parlando. Essere grammarnazi significa difendere la lingua chiudendosi dentro a una fortezza di certezze tanto monolitiche quanto quasi sempre esili; chi decide di abbracciare la filosofia grammamante, invece, non ha paura di abbandonare il linguapiattismo, ossia la convinzione che le parole che usiamo siano sacre, immobili e immutabili. Perché per fortuna, malgrado la volontà violenta di chi le vorrebbe sempre uguali a loro stesse, le parole cambiano: alcune si modificano, altre muoiono, ma altre ancora, nel contempo, nascono. E tutto questo dipende da noi parlanti: non c’è nessuna Accademia che possa davvero prescrivere gli usi che possiamo farne; siamo noi a deciderlo e permettere il cambiamento. È tempo di smettere di essere grammarnazi e tornare ad amare la nostra lingua, apprezzandola per quello che davvero è: uno strumento potentissimo per conoscere sé stessi e costruire la società migliore che vorremmo.

RECENSIONE

Reputo fondamentale questo libro oggi. Mi ha fatto riflettere molto non solo sul suo contenuto, ma anche sul modo in cui la studiosa Vera Gheno ha scelto di raccontarlo. Mi è piaciuto molto il fatto che un'appassionata studiosa della lingua e del linguaggio, abbia voluto condividere in e con uno spirito comunitario un argomento così complesso. Mi è piaciuto, insomma, che la cultura fosse di nuovo portata, in senso figurato, su "piazza". Ho discusso di questo libro con un amico, esternando una forte simpatia, che non credevo neanche io di possedere così tanto, nei riguardi di una comunicazione che si basa fondamentalmente sulla semplicità. Semplicità non significa superficialità, semplicità significa, soprattutto oggi, la possibilità di comunicare in maniera chiara e sana, con l'obiettivo proprio di distinguere semplicità da superficialità, demistificandola. Oggi, noi persone, noi popolo, abbiamo bisogno di una cultura semplice e di studiosi, come Vera Gheno, che abbiano voglia di condividerla. Credo che il mondo, fin dalla sua nascita, abbia costruito attorno a sé una tale complessità di spazi, relazioni, comunicazioni, politiche, strutture, culture che oggi non è in grado né di sopportare, nel senso etimologico della parola, ossia sostenere, né, tantomeno, di accogliere. L'essere umano ha piantato dei semi, certo, ma sembra faccia molta fatica a coltivarli.
All'interno di Grammamanti c'è una grande riflessione sul potere della parola, in chiave ontogenetica e filogenetica, con l'intenzione di una finalità univoca a partire da queste due sezioni, tramite l'incitamento di far confluire l'uno e l'altro filo in un unico fiume nella speranza che riesca ad approdare all’interno di una stessa foce: quella dell'amore e della responsabilità a cui ognuno di noi, singolo individuo, è chiamato nei confronti di un dovere e di una responsabilità che va oltre la propria pelle e diventa così interesse collettivo e totalizzante, anche e attraverso l'uso della parola. Anzi, direi proprio iniziando dalla parola stessa. In una parte del libro viene analizzato l'apparato lessicale, discusso ormai da tempo, sulla questione di genere, in cui ogni essere umano trova il modo di identificarsi attraverso un linguaggio che sente proprio. Ho notato soprattutto come le parole, attraverso il fenomeno della ricorsività, abbiano la capacità di produrre tramite strumenti finiti, un numero infinito di lessemi e che questo tipo di riproduzione sia infinita, ma che finita, invece, sia la possibilità del parlante nel comprenderla. Questo è un grande limite, ma reputo anche che sia un importante elemento spia, che ci permette di cogliere quanto non siamo in grado di accogliere la complessità di quel seme che abbiamo piantato. Le parole continuano a prodursi e questo è un bene, ciò che manca, però, secondo me, è la poca attenzione alla profondità della parola, c'è uno straordinario disinteresse del valore identitario, simbolico, affettivo che quella parola voglia dire per qualcuno. Si qualifica solo il morfo della parola, la forma visibile in cui una persona preferisce essere riconosciuta, ma non si lavora, invece, sulla comprensione profonda del significato di quella parola, del perché nasca quel tipo di linguaggio che diventa l'unica garanzia per una persona, o un gruppo di persone, per vivere meglio, o addirittura per vivere. Se invece ci confrontassimo non sull'etichetta, ma sul contenuto, e quindi sulla struttura profonda di un linguaggio e sul perché un nuovo linguaggio viene ricercato, ascolteremmo il bisogno e la richiesta di comprensione di chi tramite le parole cerca aiuto. Il fatto è che oggi la parola non sembra voler essere fonte amorevole di comunicazione, piuttosto, un modo di supremazia, di imposizione e di potere. La nuova parola che nasce assume l'idea di dover essere un territorio immediatamente da colonizzare, fissando al più presto una bandiera in cui riconoscere quel solito codice linguistico che crediamo ci "protegga", ma che, al contrario, crea una stasi stagnante, un'immobilità pericolosa, sovvertendo la natura stessa del linguaggio che nasce per muoversi in infinite reti. Quella bandiera, in realtà, non fa altro che marcare il territorio di confine culturale, avviando così psicologicamente, ancora una volta, una divisione mentale tra "il normale" e il "diverso". Ogni territorio di linguaggio, così facendo, esclude la fonte preziosa dell'esplorazione di quel nuovo ambiente. Non possiamo negare di far parte di una cultura delle differenze, ma per quanto ancora dovranno esistere?
Il libro Grammamanti porta ad una riflessione interiore, intima e soprattutto sensibile sull'uso della parola, vista come un organismo vivente e innato in noi, come ben sostiene la teoria generativista, sul rapporto che riesce a creare e sui legami che è capace di annodare, il cui riconoscimento può portare a una nuova lettura, a un nuova visione, ad altre possibilità, ad aiutare a relativizzare le proprie convinzioni, calcificate e murate, al fine di un bene superiore, ossia l'ammissione pacifica dell'essere consapevoli di non sapere, fonte primaria da cui attingere una conoscenza inarrivabile, ma proprio per questo incommensurabilmente appagante per la sua immensità. Solo un profondo, umile e tenero non sapere ci permetterà una relazione amorosa con le parole, un desiderio ideologico e fisiologico di ricerca e continua esplorazione della parola da accogliere, da presentare, da levigare, da modulare, da abbracciare, da trasformare, da scegliere, da evitare, da sollecitare, da gridare, insomma da vivere, come dei veri e propri grammamanti, perché è con esse che vogliamo abitare e passare il resto della nostra vita.

[RECENSIONE A CURA DI MIRIAM DI MICELI]

Autore Vera Gheno
Editore Einaudi
Pagine 160
Anno edizione 2024
Collana Super ET. Opera viva
ISBN-10(13) 9788806260224
Prezzo di copertina 15,00 €
Prezzo e-book 8,99 €
Categoria Realistico - Cronaca - Saggi - Biografia